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19 Lug 2025  |  0 Commenti

Lo sportello (dello scandalo) per uomini maltrattati

 

Non poteva non destare scandalo l’apertura nel Municipio VI di Roma, uno dei più popolari e periferici della capitale, di uno sportello per uomini maltrattati. Il mondo femminista è naturalmente insorto e la cosa non ci sorprende neanche un pò.

Il dogma (perché di questo si tratta) femminista, infatti, si fonda sul presupposto che la violenza è solo e soltanto maschile per definizione, lo è sempre stata e sempre lo sarà. Quelle donne che nella storia hanno agito e tuttora agiscono in modo violento, fisico o psicologico, lo hanno fatto e lo fanno perché hanno interiorizzato la cultura maschile, maschilista e patriarcale.  In altre parole è come se fossero degli uomini, in tutto e per tutto. Se il mondo fosse stato dominato dalle donne invece che dagli uomini, l’umanità sarebbe vissuta in una condizione di pace, armonia ed eguaglianza perché la competizione, la violenza e la guerra sono prerogative solo e soltanto maschili.

Sembra una favola buona per far addormentare i bambini la sera – il Bene e il Male nettamente separati e distinti – e invece è il cuore dell’ideologia femminista. Non potrebbe esistere nulla di più deresponsabilizzante e rassicurante, e proprio questo risvolto è una delle ragioni principali del successo di questa ideologia diventata egemone e dominante nel mondo occidentale.

Per la serie “Io non c’ero e se c’ero dormivo”, o meglio, ero oppressa, in catene, e lo sono stata per millenni e millenni, fin da quando delle orde di barbari (uomini, ovviamente), venuti, guarda caso, da Oriente, per la precisione dalle steppe siberiane (come vediamo la paura viscerale e l’odio antirusso hanno radici antichissime..), hanno brutalmente e violentemente interrotto quella pace, quell’armonia e quell’eguaglianza che regnavano quando le comunità umane erano dominate, chiedo scusa, guidate dal matriarcato.

Un’altra favola per bambini, viene spontaneamente da dire a qualsiasi persona provvista di un minimo di senso della complessità della realtà e della storia, eppure anche questo è uno dei dogmi fondamentali del femminismo. A mio parere anche offensivo nei confronti delle stesse donne perché di fatto le considera come delle minus habens, alla stregua di oggetti pressoché (quasi) inerti che per millenni hanno subìto in ogni dove senza fiatare.  Naturalmente, e anche fortunatamente, le cose non stavano e non stanno affatto così, per come la vedo io, ma lo scopo di questo articolo non è quello di affrontare in questa sede la complessità della relazione fra i sessi nella storia, una questione che naturalmente non può essere separata da tutto il resto, cioè dalla complessità dei rapporti sociali, economici, culturali, politici, religiosi, ideologici, ambientali, geografici, climatici, psicologici, sessuali, famigliari, dello sviluppo industriale e tecnologico e della divisione (anche e soprattutto sessuale) del lavoro  e quant’altro che hanno caratterizzato la storia dell’umanità. Ce ne siamo già occupati e continueremo a farlo ma, per ora, restiamo al presente.

Se soltanto i media ne parlassero – cosa che si guardano bene dal fare se non marginalmente e con un occhio benevolo – emergerebbe che anche le donne (alcune donne) agiscono in modo violento, soprattutto nei confronti di minori e anziani ma anche nei confronti degli uomini. Tutti conoscono ad esempio Lucia Annibali, acidificata dall’ex compagno, nominata Cavaliere della Repubblica dall’allora Presidente Napolitano e successivamente eletta alla Camera dei Deputati nelle file del PD, ma nessuno sa chi è Rosario Almiento, ucciso a Brindisi pochi anni fa dalla moglie che gli aveva versato un intero fusto di acido in testa. La notizia uscì su alcuni piccoli quotidiani locali e soltanto un mese dopo, in seguito alla sua morte dopo atroci sofferenze, fu pubblicata sulle cronache locali di un paio di grandi quotidiani per essere ovviamente dimenticata. Da ricordare che l’acidificatore di Lucia Annibali sta scontando, giustamente, vent’anni in carcere, mentre la moglie di Rosario Almiento ha trascorso qualche tempo in una struttura psichiatrica e poco dopo è stata assolta perché giudicata incapace di intendere e volere al momento dei fatti (e va bè…).

Un altro caso emblematico e naturalmente sconosciuto di strabismo mediatico è quello del giovane, all’epoca dei fatti, William Pezzulo, acidificato (ha una invalidità del 100% oltre ad aver perso quasi del tutto la vista e l’udito) dalla ex compagna che forse ha scontato qualche mese di carcere e nulla più perché di lì a pochi mesi rimase incinta del nuovo compagno e il resto (poca roba) li ha scontati agli arresti domiciliari. William non è stato ovviamente insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica, nonostante sia stata promossa una raccolta di firme in tal senso da alcune volenterose e volenterosi, né tanto meno ha ricevuto proposte di candidatura da questo o quel partito. Semplicemente, è stato dimenticato e abbandonato al suo destino. Potrei naturalmente continuare con questo lungo elenco di atti criminali commessi da donne ai danni di uomini e al contempo di strabismi mediatici ma gli esempi riportati mi sembrano sufficienti.

Due pesi e due misure? Possiamo rispondere senz’altro di sì.

La violenza sui minori, cioè sui bambini e sulle bambine, e sugli anziani, è agita nella maggior parte dei casi da donne, non perché ontologicamente più malvagie degli uomini, ovviamente, ma perché più degli uomini – per via della collocazione lavorativa e professionale di molte in quanto maestre, operatrici di asilo, badanti, insegnanti, infermiere) e naturalmente in quanto madri – sono a contatto con minori e anziani più di quanto non lo sono gli uomini.

Ma questa forma di violenza, se vogliamo la più grave anche dal punto di vista etico perché agita sui soggetti più deboli, non viene lasciata emergere mediaticamente. La ragione di ciò è evidente. Se emergesse, il mantra femminista della violenza maschile a senso unico che sarebbe dovuta a ragioni in parte di natura ontologica (la superiore forza fisica maschile) e in parte culturale (la società sarebbe tuttora dominata dal patriarcato che oltre a porre tutti gli uomini in una condizione di privilegio e di dominio li autorizzerebbe moralmente e culturalmente ad agire in modo violento nei confronti delle donne, certi dell’impunità che sarebbe loro garantita dal sistema giudiziario patriarcale…) si squaglierebbe in un nano secondo. Il femminismo non può, dunque, ammettere, l’esistenza di una violenza agita dalle donne perché crollerebbe l’intera sua impalcatura ideologica.

In questa sua “omissione” trova un formidabile alleato nel “sistema” mediatico, politico, economico e sociale dominante che da tempo ha elevato il femminismo ad una sorta di Scienza Esatta, di Verità Assoluta e, in quanto tale, incriticabile e inconfutabile (è di fatto una sorta di religione, sia pur secolarizzata, con le sue Sacerdotesse e i suoi Guardiani del Tempio).  Quello che chiamiamo “sistema”, cioè il complesso di processi, classi, gruppi sociali, economici e politici dominanti, ha infatti interesse ad alimentare la più subdola ed astuta fra le guerre orizzontali, quella delle donne contro gli uomini. La più subdola ed astuta perchè va a toccare temi sensibilissimi che riguardano la sfera intima e privata delle persone quali la sessualità, l’affettività, la maternità e la paternità, quest’ultima ovviamente del tutto sovrapposta al patriarcato, peraltro ormai inesistente (semmai persiste ancora una sorta di neo matriarcato in versione postmoderna ma questo è un tema che merita una trattazione specifica che farò in altro momento) e del tutto inutile se non di ostacolo per l’attuale dominio sociale capitalistico (anche di questo mi sono occupato nel mio libro “Contromano, critica dell’ideologia politicamente corretta” e in tanti articoli pubblicati).

Le classi dominanti, come ben sappiamo, sono sempre provviste di coscienza di classe a differenza di quelle dominate, e l’unica guerra che temono e che devono sistematicamente fare di tutto per disinnescare è quella di classe, quella cioè delle classi subordinate contro, appunto, quelle dominanti. Per questo vengono scientemente alimentate tutte le altre: autoctoni contro immigrati, giovani contro anziani, lavoratori privati contro quelli pubblici, lavoratori precari contro pensionati, lavoratori autonomi contro lavoratori dipendenti e, appunto, la più astuta, efficace e soprattutto psicologicamente paralizzante, donne contro uomini.

Vergogna e senso di colpa, scientemente instillati e mediaticamente imposti sono le armi psicologiche di questa guerra. Tutto ciò ingenera un vero e proprio terrore, soprattutto negli uomini, quello di essere stigmatizzati pubblicamente come misogini o maschilisti, fascisti, oscurantisti, potenzialmente violenti, oppure come “sfigati”, falliti e “bolliti”, incapaci di avere una sia pur minima relazione con una donna. In fondo non è altro che la riproposizione della parte più sordidamente reazionaria del pensiero nietzschiano, quella dell’etica del risentimento, applicata alla relazione fra i sessi. La vergogna e la paura di essere emarginati, considerati come esseri spregevoli, di perdere la possibilità di avere relazioni affettive e sessuali, sono più forti della coercizione fisica. Gli uomini possono sopportare di essere bastonati o incarcerati ma non di perdere la possibilità di relazionarsi con l’altro sesso. Questo ci dice molto sulla condizione di dipendenza psicologica maschile dal femminile ma anche questo è un discorso assai complesso che non può essere affrontato ora. Mi limito per ora a dire che questa dipendenza psicologica e sessuale ha origini profonde nella stessa condizione ontologica maschile (ontologia naturale e sociale, sia chiaro, i due aspetti non possono essere separati perché gli esseri umani sono, per definizione, esseri naturali e culturali nello stesso tempo), e proprio la maggiore forza fisica – a proposito di condizione ontologica – porta gli uomini ad essere naturalmente protettivi nei confronti delle donne anche se questo non li sottrae dalla loro dipendenza sessuale e quindi psicologica (a meno di non separare corpo e psiche, sessualità ed emotività) nei confronti delle donne stesse. In ragione di ciò, gli uomini che agiscono in modo violento, soprattutto dal punto di vista fisico, nei confronti delle donne sono in realtà una esigua minoranza (anche in questo caso, spiegherò le cause di questa forma di violenza in un successivo e specifico articolo) mentre per il femminismo la violenza degli uomini sulle donne sarebbe tuttora sistematica, in virtù del paradigma ideologico a cui ho fatto brevemente cenno poc’anzi.

Ma c’è di più. In ragione di quella dipendenza emotiva e psicologica (che ha radici profonde e riguardano, oltre la sfera sessuale, anche quella del rapporto con il materno) moltissimi uomini si trovano in una condizione di subordinazione con le donne in generale e con la propria partner in particolare che li porta a subire molto spesso anche forme di violenza fisica. Il motivo è del tutto evidente. Se si è succubi di una persona, anche se si è fisicamente più forti si tenderà comunque a sopportare e a subire, anche la violenza fisica, appunto perché dominati psicologicamente ed emotivamente.

Anche quelle donne, poche per la verità, che osano criticare pubblicamente il femminismo subiscono la loro razione di insulti e di ostracismo, anche se in forme in parte diverse. Queste donne vengono accusate di essere delle “sottone”, come si usa dire oggi nello slang giovanile metropolitano, cioè delle subordinate agli uomini e alla cultura patriarcale, oppure delle “sfigate” che cercano in questo modo di avere un appeal presso gli uomini. Anche in questo caso è la vergogna e la paura di essere bollate nel modo sopra citato ad impedire molte donne dall’assumere una posizione critica nei confronti di una ideologia che alla fin fine risulta essere sessista anche contro le donne stesse o una gran parte di esse. Infatti, il principio di “sorellanza” che è uno dei pilastri del femminismo, è intrinsecamente sessista e inter-classista. Che cos’hanno infatti in comune la ricca donna borghese con la sua colf o la sua baby sitter, per lo più immigrate, che sono state costrette ad abbandonare il proprio paese e soprattutto i propri figli per venire ad accudire quelli della ricca donna borghese in carriera oppure occupata nelle sue attività ricreative? Nulla, ovviamente e, in caso di precipitazione dello scontro sociale, la ricca donna borghese, con buona pace del principio di “sorellanza”, si schiererà con le altre donne e gli uomini della sua stessa classe sociale in difesa dei suoi interessi di classe.

In conclusione, scusandomi per la lunghezza di questo articolo, queste sono le ragioni che impediscono al femminismo di deviare, anche minimamente, dal suo racconto ideologico. E’ sufficiente togliere un mattone per far crollare l’intero edificio; né le femministe né il sistema dominante (di cui il femminismo è parte integrante e organica) se lo possono permettere. Da qui lo scandalo per il primo sportello per uomini maltrattati: ci sono 385 centri antiviolenza per sole donne (gli uomini non sono ammessi, anche perché si parte dal presupposto, o meglio dal dogma, che gli uomini non possano subire violenza dalle donne) gestiti tutti da femministe. Questo sportello è stato aperto da una giunta locale di centrodestra, ma lo stesso centrodestra è a dir poco ambiguo su questi temi e si muove come i gamberi, come si suol dire. Del resto i provvedimenti più concretamente repressivi, securitari e sessisti (in senso antimaschile, in questo caso) sono stati presi proprio dalla destra (codice rosso, DDL sul femminicidio) la quale sta vivendo una contraddizione che ancora non ha sciolto se mai la scioglierà.  Da una parte sa che sta montando una insofferenza in molte persone, soprattutto nei ceti popolari, nei confronti di questa ideologia (con tutti i suoi cascami woke, LGBTQ ecc.) che rappresenta per lo più le donne e anche molti uomini di ceto medio e medio alto borghese e che bombarda H24 mediaticamente e ossessivamente senza soluzione di continuità da quarant’anni a questa parte. Dall’altra è anch’essa succube della narrazione femminista e teme, laddove decidesse di assumere una posizione critica, di  essere tacciata come la solita destra reazionaria, oscurantista e fascista di sempre.  Questa è la causa del corto circuito in cui si trova, per cui a livello locale manda dei messaggi in controtendenza ma a livello nazionale è allineata e coperta alla narrazione femminista.

Superfluo dire che la “sinistra”, tutta, sia quella liberale che radicale fino a quella sedicente “antagonista”, è del tutto simbiotica alla narrazione femminista e in generale a quella cosiddetta “politicamente corretta”. Questo la allontanerà sempre più dai ceti popolari più di quanto già non sia lontana, per essere quello che già è, una forza politica che rappresenta settori sociali medio borghesi “progressisti”, sostanzialmente garantiti e quindi, al di là delle chiacchiere e dell’estetica, interessati al mantenimento dell’attuale status quo.

Mi pare di aver individuato con chiarezza chi sono i nemici. Di amici, purtroppo, nell’attuale fas storica, non ce ne sono. Possiamo e dobbiamo solo contare, come diceva uno che se ne intendeva, solo sulle nostre forze.


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