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Anche sul tema della famiglia bisognerebbe avere l’intelligenza di andare oltre la falsa polarizzazione che da una parte vede la destra tradizionalista e dall’altra il capitalismo cosmopolita, sposato di tutto cuore dalla sinistra di sistema. La polarizzazione, infatti, si proietta sulla famiglia come su qualunque altro aspetto dell’esistenza individuale e dell’immaginario collettivo. Sulla famiglia, però, si gioca oggi una partita di primaria importanza. La “sinistra” che, mentre assume pose progressiste, ha smesso di difendere la famiglia, per concentrarsi esclusivamente sull’espansione delle libertà individuali, è la più ferrea alleata dell’ideologia mercantile e del suo radicale progetto di mercificazione dell’umano.
Nella prima fase della globalizzazione tardo-capitalistica la famiglia è stata centrale come unità produttiva e di consumo. Insomma in quella fase dovevamo essere sostanzialmente polli da batteria e consumatori di merendine. Ma da tempo il capitalismo globalista trova ormai anche nella stessa famiglia un intralcio, puntando a rivolgersi direttamente all’individuo.
Mentre questo processo di rimodulazione del Capitalismo è già in atto da almeno tre decenni, il nuovo ordine digitale ridisegna inedite e mai prima raggiunte frontiere dell’isolamento, dell’alienazione e del ripiegamento individualistico. L’individuo scomposto e frammentato, trasformato in “utente”, deprivato della sua coscienza sociale in cambio del ben più innocuo io digitale, incapace di pensare e persino di pronunciare un “Noi”, è il consumatore ideale, di un tipo nuovo mai apparso prima sulla scena della Storia. Un consumatore che non sa nemmeno di consumare, e che di fatto però consuma per il fatto stesso di mantener viva la sua “identità digitale” continuamente bisognosa tanto di conferme, quanto di azioni e reazioni che hanno la durata estemporanea di un post, di un commento o del brevissimo tempo trascorso indugiando su un’immagine. Nel nuovo ordine digitale l’individuo consuma anche non sapendo di consumare, basta che sia online. L’atto di consumare non è più accompagnato da uno specifico assenso della volontà e non è più seguito da una chiara transazione di denaro, che avviene, ma indirettamente e “dietro le quinte”.
Il capitalismo che si sostanzia nel nuovo ordine digitale avversa la famiglia in quanto cellula primaria non già della produzione e della riproduzione, ma della costruzione dei legami comunitari. Questi devono scomparire per lasciar posto esclusivamente alla proiezione dell’individuo, la cui continua attività desiderante viene trasformata in diritto. In questo senso, la visione distopica tracciata da Aldous Huxley in “Il mondo nuovo” (1932) è per molti versi ancor più anticipatrice di quella del sempre gettonatissimo Orwell:
“Gli studenti annuirono, approvando energicamente una dichiarazione che oltre sessantaduemila ripetizioni nell’oscurità avevano fatto loro accettare, non solamente per vera ma per assiomatica, intuitiva, assolutamente inconfutabile.”
(A. Huxley, Il mondo nuovo, ed. it. consultata: Mondadori, 2013, p. 38)
Così Huxley ha delineato i tratti di una distopia basata sull’uso dell’ingegneria genetica per programmare tipi umani che nascono in laboratorio, tagliando ogni connessione con il vecchio mondo basato sui legami. Gli abitanti del “Mondo nuovo” sono condizionati durante l’infanzia mediante la tecnologia (ma guarda…) e le droghe. Significativamente Huxley proseguiva, facendo evocare il mondo scomparso:
“Casa, casa, poche stanze, troppo abitate, soffocanti, da un uomo, da una donna periodicamente incinta, da un’orda di ragazzi e ragazze di tutte le età. Niente aria, niente spazio; una prigione insufficientemente sterilizzata; oscurità malattie e cattivi odori.”
(…) E la casa, oltre che squallida psichicamente, lo era anche fisicamente. Psichicamente, era una tana di conigli selvatici, un letamaio riscaldato per gli attriti della vita che vi si ammucchiava, esalante di emozioni. Quali soffocanti intimità, quali pericolose, insane, oscene relazioni fra i membri del gruppo familiare! Come una pazza la madre allevava i suoi bambini (i suoi bambini…) li allevava come una gatta i gattini; ma una gatta che parlava, una gatta che sa dire e ridire: “Bambino mio, bambino mio!”; e ancora, e ancora: “Bambino mio!” …. (op. cit., pp. 35-36)
Il capitalismo cosmopolita vuole ormai solo individui isolati, continuamente desideranti e che guardino al Mercato – inconsapevolmente, tanto drastica è la chiusura ottenuta degli spazi dell’agire soggettivo – come al luogo per soddisfare qualunque loro desiderio. Per questo il capitalismo cosmopolita avversa la famiglia. E perciò la difesa e la tutela della famiglia, in questo quadro, non ha affatto un carattere necessariamente conservatore. Proprio al contrario, il fatto che la “sinistra” abbia smesso di difenderla, diventando una sinistra di sistema, globalista e cosmopolita, dice tutto sull’organicità di questa sinistra al capitalismo neoliberale e al suo avamposto ideologico rappresentato dal transumanesimo.
Sul piano dell’ideologia, questa “sinistra”, mettendo al centro l’individuo come destinatario dei diritti neoliberali, considerati come linea del fronte della battaglia di civiltà in essere, ha abbracciato di fatto il catechismo dell’individualismo competitivo, ormai pienamente interiorizzato, del quale i diritti individuali neoliberali costituiscono l’apparato di occultamento e di giustificazione.
Gli stilemi discorsivi del politicamente corretto garantiscono più che efficacemente le huxleyane “oltre sessantaduemila ripetizioni nell’oscurità” che fanno accettare i dogmi dei diritti individuali neoliberali “non solamente per veri ma per assiomatici, intuitivi, assolutamente inconfutabili” (Huxley). È esattamente quanto accade, visto che il Verbo del politicamente corretto non è oggetto di alcuna discussione; mettere in dubbio uno qualsiasi dei suoi dogmi suscita riprovazione e, in realtà, schiere di subalterni desiderosi di guadagnarsi ed esporre in bella mostra la spilletta di persona civile ricorrono prontamente all’auto-censura, proprio mentre collaborano alla soppressione dei diritti sociali. Quante decine di migliaia di ripetizioni, di frasi ciclostilate produce l’ideologia dominante?
Se il potere non fosse efficacemente riuscito a spaccare il campo dei subalterni, proiettando al suo interno divisioni artificiali, si potrebbe benissimo capire che la tutela della famiglia costituisce il terreno sul quale si misura la tenuta stessa dei legami e della solidarietà sociale. Tutela della famiglia dovrebbe significare mettere la famiglia, i suoi bisogni, le sue condizioni di vita materiale, economica, salariale al centro della progettualità politica, prendendola a metro di riferimento.
La posizione della destra clericale è specularmente irricevibile, dal momento che rappresenta una pulsione e una risposta conservatrice rispetto alla fase attuale del capitalismo e all’attacco nei confronti della famiglia. Ma questa posizione, convenientemente esibita come retriva per alimentare il gioco della polarizzazione e della falsa alternatività, non è altro se non il complemento strutturale della posizione individualistica fatta propria dalla “sinistra” di sistema, cosmopolita e politicamente corretta. Questa sinistra liberal, che ha trasformato gli stessi diritti civili in diritti cosmetici, utilizza il paravento delle libertà individuali come mezzo per condurre in profondità l’attacco ai diritti sociali mentre si distribuiscono, dall’alto, i gadget del pensiero civilissimo omologato: pari opportunità, emancipazione, agenda digitale, ambientalismo senza questione sociale. Questo apparato discorsivo non è altro se non l’efficace instrumentum regni dell’ideologia mercantile. Una volta reciso ogni legame con l’ossatura socio-economica dalla quale scaturiscono i diritti, quelli che rimangono non sono nemmeno diritti civili. Questi, infatti, quando sono intesi seriamente, hanno sempre rilevanti e ineliminabili ricadute sociali, si pensi alla lotta per i diritti civili degli afro-americani negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Sono, invece, diritti cosmetici, cioè le protesi narcisistiche dell’attività desiderativa individuale, che in quanto tali sfociano direttamente nel Mercato, e non a caso difesi in prima linea dalle stesse multinazionali.

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