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14 Lug 2025  |  0 Commenti

Femminicidio-Maschicidio

Il linguaggio è la casa dell’essere, affermava Heidegger, non si può non cogliere oggi la verità di tale concetto. Pensiamo, viviamo e agiamo nel mondo mediante le parole, queste ultime non sono neutre, ma costruiscono gli infiniti mondi della storia  e ordinano le relazioni tra gli esseri umani. Le parole fondano gerarchie, ma sono anche il veicolo con cui si superano le barriere di fango delle divisioni sociali e ideologiche per riconoscersi nella comune umanità, nel linguaggio è riflessa la verità del proprio tempo storico e del modo di produzione.

Si sta facendo strada nel linguaggio giornalistico il termine maschicidio. A femminicidio si contrappone il termine maschicidio per palesare che anche gli uomini cadono vittime delle donne. Gli uomini maltrattati dalle donne sono ancora un arcipelago quasi  sconosciuto, mentre gli uomini assassinati dalle donne sono sicuramente in numero inferiore rispetto alle donne, ma le cronache non si soffermano su di essi, anzi sorvolano come fossero figli di un dio minore. Eguale destino hanno gli uomini che muoiono sul lavoro. Dinanzi ad una realtà che gerarchizza le vittime e predilige un genere rispetto ad un altro, al punto da “comunicare” che talune vittime siano più vittime di altre, per reazione a tale evidente umana ingiustizia nel linguaggio è stato introdotto il termine maschicidio. Si tratta di una trappola a cui bisogna sottrarsi. La contrapposizione femminicidio-maschicidio è parte del nichilismo etico e ontologico introdotto dal capitalismo. L’universale partecipazione di ogni essere umano alla natura umana è stata sostituita con la contrapposizione dei generi e degli orientamenti affettivi. Il capitalismo, in quanto nichilismo compiuto, non riconosce all’umanità la medesima sostanza, esso punta per sua struttura a separare gli individui e i gruppi umani per indurli ad una guerra spietata. Il regno animale dello spirito (Hegel) è compiutamente realizzato. Non vi è metafisica che dimostri la comune appartenenza di ogni creatura umana al medesimo genere, per cui la lotta spietata è giustificata. Il male prolifera nel vuoto metafisico-linguistico e l’indifferenza è divenuta la grammatica emotiva dell’Occidente. Le contrapposizioni sono ideologicamente orientate a dividere in modo che non vi sia progettualità alternativa al capitalismo. Ritrovare le parole è fondamentale per riportare gli esseri umani alla comune appartenenza. La parola omicidio è dunque da usare in sostituzione delle parole femminicidio-maschicidio. L’omicidio indica l’eguale gravità degli assassini a prescindere dai generi, dall’età e dalla nazionalità. Ogni omicidio è un’offesa a tutta l’umanità, giacché siamo tutti umani. L’umanità è un unico grande corpo vivente, pertanto ogni offesa ad una parte di esso non può che colpire dolorosamente la sua totalità. Non si può accettare la logica di coloro che affermano che gli omicidi di donne da parte di famigliari, mariti o compagni è in numero maggiore rispetto all’eguale destino degli uomini, pertanto il numero decide la gravità dell’atto, sarebbe come dire che le offese ricevute da persone con deficit fisici gravi sono meno gravi, in quanto sono in numero minore rispetto alle persone che non hanno deficit fisici gravi. Non è la categoria della quantità che bisogna utilizzare in questi casi ma la categoria della qualità (etica). Ogni offesa ad un essere umano è atto grave, se ci riconosciamo nella medesima natura. Il postmodernismo, filosofia del capitalismo, non riconosce la comune natura, pertanto ciò rafforza le contrapposizioni ideologiche e con esse il capitalismo. La parola omicidio non è maschilista, essa denota ed indica la gravità di ogni assassinio a prescindere dalle particolarità dell’assassinato. Omicidio è parola che deriva dal latino homo, ovvero uomo nel senso esteso di essere umano-umanità, per cui ogni assassinio è “omicidio”, in quanto a prescindere dalle differenze ogni essere umano è semplicemente umano. La legge ha poi la funzione di vagliare i casi nella specificità delle contingenze e dei processi che conducono all’omicidio. Continuare a frammentare il linguaggio in una contrapposizione che produce separazioni e disperde l’unità dell’umanità è errore metafisico, benché sia umanamente comprensibile il tentativo di dimostrare che rimuovere e ridimensionare gli assassini “non femminicidi”, sia una evidente offesa agli assassinati e all’umanità tutta. Ritrovarsi nella comune umanità è il primo passo per uscire dalle trappole linguistiche dietro le quali si celano gli  interessi ideologici della struttura economica. Senza la definizione di comune natura umana continueremo ad essere tiepidi dinanzi alle violenze quotidiane, in quanto solo se l’alterità è sentita come parte di sé si empatizza e si mettono in moto concetti e visioni capaci di progettare l’alternativa al sistema liberista. Per poter costruire una nuova casa dell’esserci con la prassi è necessario ricostruire il linguaggio dopo la frammentazione di cui è stato oggetto, in modo da ritrovare l’unità al di là delle differenze. Il rispetto delle differenze è possibile solo nell’unità. Alla divisione astratta  bisogna contrapporre l’universale concreto che rispetta le differenze nella comune umanità. L’egemonia culturale del nostro tempo dev’essere combattuta anche ricostruendo la genesi delle nuove parole usate spesso in modo inconsapevole e che sono diventate a loro volta fonte di oscuramento razionale del nostro tempo. La lotta politica è battaglia per riconquistare le parole dell’unità perse nel mercato della mercificazione assoluta.


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