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22 Set 2021  |  0 Commenti

Il nostro sostegno a Fabrizio Marchi

Quando abbiamo saputo che il nostro amico Fabrizio Marchi avrebbe presentato la propria candidatura come consigliere comunale per le elezioni che si terranno a Roma il 3 e il 4 ottobre, abbiamo provato un grande entusiasmo e ci siamo resi immediatamente disponibili ad appoggiarne la battaglia politica.

Se la storia (i libri che ha pubblicato, i movimenti e le testate giornalistiche che ha fondato) di Fabrizio Marchi costituisce una prospettiva irrinunciabile per comprendere la reale natura delle relazioni di potere e soprattutto di dominio nei moderni sistemi sociali, la sua candidatura irrompe come una breccia di speranza (e di coraggio) nel travagliato periodo che sta attraversando il mondo occidentale, in cui nessuno sembra avere il coraggio di denunciare i caratteri pervasivi, sia individualizzanti che totalizzanti, della società liberale.

La prima domanda che ci si potrebbe porre riguardo al nostro sostegno alla candidatura di Fabrizio Marchi è: perché?

La risposta risiede innanzitutto nelle stesse circostanze che ci hanno portato a conoscere Fabrizio, ovvero quelle dell’ingiustificata criminalizzazione che abbiamo subito – in quanto incel – da parte della totalità dei media che ci definiscono terroristi, misogini, stupratori, fascisti, razzisti, neonazisti e chi più ne ha più ne metta. In questo oceano di solitudine culturale e politica, di disprezzo e odio assolutamente irrazionale di cui siamo stati bersaglio, Fabrizio è stato l’unico a mostrare sin da subito una vicinanza umana e intellettuale nei nostri confronti, guidandoci verso la costruzione di un movimento che avesse solide basi teoretiche. Considerando la misura dello stigma di cui gli incel sono oggetto, la cui virulenza spinge gli uomini che versano in questa condizione a ricorrere a pseudonimi e a muoversi in blog o forum piuttosto che esporsi con i loro veri nomi nei social media più diffusi (media che peraltro sono imperniati tutti su una costruzione di significati per immagine o slogan, ma non per lo scambio di idee o l’approfondimento: Instagram, Facebook, TikTok, eccetera), la determinazione di Fabrizio nel voler capire e spesso condividere apertamente le nostre istanze dà la misura di quanto sia impegnato in questa battaglia contro le ingiustizie e le diseguaglianze sociali. Una lotta “reale” contro il sistema dominante, lotta che non ha nulla a che vedere con le retorica vittimistica del femminismo, retorica che al contrario è quella adoperata dalle élite economiche e politiche e che rappresenta il tentativo da parte di queste ultime di legittimare il proprio dominio (quindi di perpetrare ancora più assoggettamento e ancora più dominazione).

Questa circostanza “personale” è poi direttamente collegata agli strumenti attraverso cui Fabrizio legge la realtà sociale, quindi alla dimensione del suo pensiero politico e filosofico, ovvero il marxismo. Lasciamo perdere per un attimo le sterili retoriche, da un lato, dei tromboni liberali e antifascisti (in assenza di fascismo, ricordiamo) che ricercano spasmodicamente analogie tra la situazione dell’Italia del primo dopoguerra e quella delle odierne società occidentali con l’obiettivo di paventare un presunto, e alquanto improbabile, “ritorno del fascismo” (che tra l’altro essi vedono incarnato regolarmente in soggetti liberali e liberisti tanto quanto loro, che al massimo professano politiche leggermente più stringenti per quanto riguarda l’immigrazione irregolare), e dall’altro, di chi identifica il marxismo con gli attuali partiti della “sinistra” liberale. Focalizziamoci invece sulla situazione socio-politica italiana, al netto della crisi economico-finanziaria. In ambito politico, il contesto socio-economico è infatti quella di un Paese dove vige un sistema liberal-capitalista manovrato da holding industriali e finanziarie, e dove le classi dirigenti dei partiti, compresi quelli cosiddetti “radicali”, sono sclerotizzate dal punto di vista mentale ancor più che anagrafico e non sanno o non vogliono recepire le istanze espresse dalla base popolare dell’elettorato e da gran parte dei giovani.

Si pensi a coloro che “a destra”, oggi come ieri, danno in escandescenze appena sentono parlare di socialismo, e difendono a oltranza il sistema economico liberista che pure fa a cazzotti con le politiche “sociali” che dicono di volere attuare. Si pensi a coloro che “a sinistra”, oggi come ieri, disprezzano la Nazione e si affidano ciecamente a Paesi stranieri e ad enti sovranazionali i cui interessi sono del tutto contrastanti con quelli del popolo. Si pensi infine a tutti quei partitini e movimenti cosiddetti “radicali”, sia a “destra” che a “sinistra”, che anziché tentare di trovare un’intesa per creare un terzo polo alternativo a quelli già esistenti preferiscono continuare a esacerbare le loro differenze al seguito dei loro diecimila capetti, dividendosi tra “fascisti” e “antifascisti” e rifluendo inevitabilmente verso le loro rispettive “case madri” di centro-destra e centro-sinistra non appena ricevono ordini in tal senso. Chi tra questi soggetti avrebbe mostrato il coraggio di presentare una candidatura di un uomo che da venti anni presenta una sorta di controcanto radicale del sistema sociale imperante, evidenziandone, attraverso un’analisi critica dei suoi valori fondanti, una dimensione oscura e quindi strutturalmente ingiusta? La cricca di CasaPound, tra cui spicca quello stesso Adriano Scianca che ha scritto diversi “pezzi” contro gli incel sul Primato Nazionale? Maurizio Acerbo di Rifondazione Comunista, che ha più volte espresso il suo appoggio alle politiche femministe di matrice liberale? Di fronte a uno spettacolo politico di tale bassezza, ovvero la presenza nel dibattito politico e culturale di personaggi votati al più becero servilismo verso i potenti (come quelli summenzionati), solamente il partito di Marco Rizzo ha manifestato tale coraggio (che di questi tempi è merce rara).

Da questo punto di vista, qualsiasi uomo che si opponga all’ideologia liberal-capitalista, politicamente corretta e femminista, qualsiasi individuo che viva una condizione di sofferenza e di esclusione sociale, lavorativa o di qualsiasi altra natura, non può avere dubbi sulla necessità di sostenere questa candidatura.

(Claudio Accardi e Federico Russo)

 

Claudio Accardi e Federico Russo – che ringrazio per il loro sostegno alla mia candidatura – sono due esponenti dei tanto famigerati e criminalizzati (dal sistema mediatico-ideologico dominante) Incel. Tradotto: involontariamente celibi. Non si tratta di un movimento organizzato ma di un fenomeno sociale e di genere (maschile) che, per lo più, riguarda giovani e giovanissimi maschi (fenomeno in parte simile a quello degli hikikomori) che per le ragioni più disparate e a causa di un sistema che tende ad esaltare le aspettative femminili e a disconoscere quelle maschili non riescono a vivere una socialità, una affettività e una sessualità degne di questo nome. In realtà, gli incel sono soltanto la punta dell’iceberg di un disagio e di una sofferenza psicologica e sociale maschile molto più diffusa ma non manifesta (per la paura di essere stigmatizzati ed emarginati, senso di inadeguatezza, mancanza di autostima).

Ebbene, queste persone sono state demonizzate. Invece di capirne le ragioni, di cercare con esse un contatto, un dialogo, sono state criminalizzate.

Personalmente ho sempre pensato che essere di Sinistra significa stare dalla parte di chi soffre, di chi è oppresso, sfruttato e discriminato per le più disparate ragioni. E’ per questo che – visto che stiamo parlando di questioni sessuali – sostenni, fin da giovanissimo, le battaglie degli omosessuali che lottavano per superare quella che allora era una condizione di emarginazione e discriminazione dovuta proprio alla loro sessualità. E trovavo di una gravità inaudita che delle persone potessero essere discriminate in ragione della loro sessualità.

Di conseguenza trovo quindi altrettanto grave che oggi altre persone, a causa di dinamiche personali, psicologiche, sessuali e sociali – in larghissima parte causate dal contesto sociale e culturale in cui viviamo – vengano criminalizzate. Forse perché sono maschi eterosessuali? Non è concepibile né tanto meno accettabile che dei maschi eterosessuali possano vivere una condizione di disagio e di sofferenza? E’ forse una colpa essere maschi eterosessuali e vivere un disagio psicologico e sociale?

Ecco, dunque, come la retorica liberal, progressista, politicamente corretta e femminista si manifesta per quella che è la sua più intima e sordida natura reazionaria, razzista, classista e sessista.

L’altra faccia della medaglia di quella stessa destra palesemente e sordidamente reazionaria e razzista che per lo meno non fa mistero della sua reale natura.

Io non ho timore di “sporcarmi le mani”, accolgo e saluto con soddisfazione l’appoggio di questi due amici “incel”.

(Fabrizio Marchi)

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