preload
04 Feb 2012  |  201 Commenti

Il 52% Le certezze perdute del maschio moderno

http://www.facebook.com/notes/dott-giorgio-carnevale/il-52-le-certezze-perdute-del-maschio-moderno/10150569287984242

“IL 52%” Le certezze perdute del maschio moderno

Durante l’inverno del 2010, compare in tv una campagna di sensibilizzazione al problema dell’erezione negli uomini.

Così recita:  “ Il 52% degli uomini con più di 40 anni soffre di problemi di erezione: Stress, stanchezza, ansia da prestazione. E il maschio fa flop. Secondo una ricerca dell’ISPO le giustificazioni più ricorrenti per chi fa cilecca sono lo stress della vita quotidiana (52%) e la mancata intesa con la partner (27%). Qualcuno parla anche di alcol e cattiva alimentazione. Il problema è che spesso gli uomini tendono a minimizzare o negare il problema, come se non parlarne bastasse a risolverlo. Basta scuse!”

Questa è la campagna di informazione, che propone visite gratuite che aiuteranno gli uomini con problemi di erezione a sbarazzarsi di tabù e problemi sessuali.

Prendendo spunto da questa campagna, ho pensato di fare una piccola ricerca e dare un mio contributo che approfondisca un fenomeno certamente diffuso e preoccupante e che rappresenta il sintomo di un disagio ben più profondo.

Quello che segue è solo un estratto del lavoro che sto portando avanti, spogliato di tutta una struttura teorica su cui poggia, ma che non è possibile riportare per problemi di spazio e di leggibilità in questo contesto.

Premetto e vorrei che questa premessa sia condivisibile con chi intende leggere questo contributo, che il mio approccio alle problematiche di genere non è e non sarà mai oppositivo. Voglio dire che trovo piuttosto scadente e riduttivo, affrontare tali problematiche accusando l’altra parte di avere atteggiamenti e comportamenti che generano in quell’altra, questa o quell’altra cosa.

Sarò ancora più chiaro: non penso che una condizione di generica depressione dei maschietti, come in molti affermano, sia riconducibile ad atteggiamenti femminili che avrebbero il potere di indurla. Così come non ho mai pensato che i problemi al femminile, siano riconducibili ad atteggiamenti maschili.

Non entro ulteriormente nel merito di questo, sperando sia chiaro il mio modo di vedere e con una metafora aggiungerei che siamo tutti sulla stessa barca e le differenze di genere possiamo solo utilizzarle come un’enorme opportunità, più che un’arma per imbastire processi di colpevolizzazione ecc.

Fatta questa premessa sposterò la mia attenzione sul maschio e sui suoi riferimenti tradizionali che, inevitabilmente, hanno subito delle profonde modificazioni.

Fino alla metà del novecento, più o meno, il maschio viveva piuttosto distaccato dalla famiglia in quanto era totalmente impegnato nella professione. Poteva essere un pastore, un ragioniere o un professore, ma comunque sia, lui era solo quello. Al di fuori del suo ruolo professionale non aveva particolari interessi e non era coinvolto in nessuna particolare attività. La frequentazione di bar, osterie, dopolavoro ecc, erano i modi con cui consumava il rimanente tempo libero della giornata, quando c’era. Con l’arrivo di un figlio si festeggiava con gli amici al bar, si brindava e se era maschio si brindava con più decisione.

Festeggiare in società il nuovo arrivato è sempre stato un momento in cui il maschio poteva dimostrare la propria virilità attraverso una prova certa.

Ciò non avveniva soltanto in un ceto medio basso, ma se pure attraverso comportamenti più pacati, avveniva anche in ceti medio alti.

I maschi, nonostante siano stati storicamente la sola, o quasi, fonte di reddito per la famiglia non si sono mai preoccupati della numerosità della prole. Nonostante ogni figlio fosse una nuova bocca da sfamare, la loro numerosità non è stata mai contrastata in quanto era prevalente il bisogno di affermare la propria virilità.

Virilità e ruolo socio-professionale hanno rappresentato i due pilastri indiscussi del maschio, indipendentemente dal tipo di professione.

Il maschio che faceva il contadino era il Contadino, il ragioniere il Ragioniere, il professore, il Professore e così via[1].

Quindi, l’identità di un maschio si è sempre retta su due elementi. Da una parte il ruolo professionale e dall’altra la virilità.

Proseguendo il mio pensiero mi sono posto due domande che ritengo cruciali per comprendere la dinamica maschile e l’attuale crisi che si esprime, anche, attraverso il problema dell’erezione.

Perché il maschio si è identificato totalmente nella sua professione?

E perché per un maschio è così importante la sua virilità, tanto da avere bisogno di continue conferme?

Per quanto riguarda l’aspetto professionale, la risposta è piuttosto semplice e intuitiva. Nella famiglia tradizionale una donna si occupava della famiglia e in modo particolare della prole che, oltre ad essere più numerosa rispetto ad oggi, era fortemente minacciata da una mortalità infantile elevata. Ed è scontato il fatto che l’accudimento materno, in particolare nei confronti di un bambino, può essere espletato esclusivamente da una donna. Quindi in una coppia i ruoli erano rigidamente stereotipati. Le donne a casa e gli uomini a lavorare. Non c’erano altre possibilità.

Oggi le cose sono decisamente cambiate, pur tuttavia rimane una forte identificazione dell’uomo rispetto alla sua professione.

Nel momento in cui arriva alla, così detta, meritata pensione il suo ruolo socio-professionale lentamente si smonta e contestualmente compaiono malattie e in molti casi arriva precocemente la morte.

Ricordo con simpatia un amico Comandante di un’importante compagnia aerea di bandiera, appassionatissimo del suo lavoro, che quando è stato costretto ad andare in pensione perché aveva superato il limite di età per un pilota di linea e, nonostante fosse un uomo pieno di interessi, hobby, ecc. fu colpito da una fortissima labirintite che gli provocava forti e pericolose vertigini quasi da non poter più guidare l’automobile. Coraggiosamente avanzai una diagnosi un po’ istintiva, dicendogli che costretto a non volare più si è trovato con i piedi a terra e a questa nuova dimensione non riusciva ad adattarsi e come avviene in molte patologie così dette psicosomatiche, si presentano sintomi paradossali. Infatti le vertigini vengono normalmente di fronte ad una sensazione di altezza e di vuoto, esattamente quella che si percepisce quando si vola in aeroplano. Ma lui, avendo sempre volato fin da ragazzo, il vuoto lo sentiva quando stava a terra. Ovviamente si oppose fermamente alla mia diagnosi istintiva, accompagnando la sua contrarietà con una certa sufficienza al limite della scortesia. Fece dovuti accertamenti che io stesso gli consigliai, e nonostante venne rivoltato dalla testa ai piedi, non venne fuori nulla che potesse far pensare a qualche alterazione organica.

La mia diagnosi istintiva, diventò improvvisamente quella ufficiale e ancora oggi convive con la sua labirintite, attenuata dai farmaci e da una stabilizzazione generale.

Se far aderire la propria identità al ruolo professionale, era prima di tutto una necessità, il discorso è un po’ più complicato quando ci spostiamo sul discorso riferito alla virilità.

Spostiamoci quindi sulla seconda domanda per dire, prima di tutto, che il maschio ha sempre avuto la necessità di affermare, in vari modi, la propria virilità ma sicuramente, come accennavo in precedenza, il modo più appropriato e naturale viene rappresentato attraverso la procreazione.

Per questo possiamo estendere la domanda, e chiederci: perché i maschi hanno bisogno di rappresentare a se stessi e agli altri la propria virilità?

La domanda può sembrare banale, mentre invece la risposta, o le risposte non lo sono per niente.

Iniziamo col dire che il simbolo, la prova della virilità maschile si rappresenta con l’erezione del pene. Se si osservano i disegni degli adolescenti nei bagni delle scuole superiori e i relativi commenti, è estremamente chiaro che il tutto ruota intorno ad un’affermazione chiara e inequivocabile: “ce l’ho duro!”[2].

Tutti sappiamo che mentre una donna può rimanere incinta anche senza aver raggiunto l’apice del piacere durante un rapporto sessuale, per un uomo l’erezione è assolutamente indispensabile affinché possa eiaculare e quindi fecondare.

Questo fatto permette di affermare e considerare l’erezione maschile un elemento necessario alla sessualità e quindi alla procreazione.

Quindi potremmo arrivare ad una conclusione parziale di questo discorso, affermando che, sia una donna sia un uomo possono procreare, cioè possono dare continuità alle rispettive esistenze, solo e soltanto se l’uomo ha una erezione. Può sembrare riduttivo e anche un po’ squallido tutto ciò, ma le cose senza ombra di dubbio funzionano in questo modo, che piaccia o meno. E aggiungerei che funziona così per tutti gli animali, non solo per gli uomini.

Andiamo avanti. Un maschio sente da una parte la responsabilità della procreazione ma nello stesso tempo non ha la garanzia di esserne all’altezza. Infatti una défaillance sessuale è per un maschio una brutta esperienza che diventa tragedia se si ripete più volte. Se poi avviene con donne differenti l’impatto sulla psiche è a dir poco devastante.

Quindi, è ragionevole pensare che una certa ansia da prestazione, così viene chiamata comunemente, sia normalmente vissuta da un maschio, anche quando funziona tutto, in quanto non c’è mai nessuna garanzia in questo senso.

Ma il motivo per cui un maschio ha bisogno di affermare, a se stesso e agli altri, la propria virilità dipende dal suo rapporto con la morte, che come vedremo, rappresenta una minaccia decisamente maggiore rispetto alla sua compagna.

Gli esseri umani, tutti, sanno che dovranno morire e rispetto alla morte siamo tutti piuttosto impreparati, anzi direi che siamo totalmente impotenti. Il benessere delle società del primo mondo ha aumentato sensibilmente l’età media, ma nonostante questo miglioramento, la lotta contro la morte è alla fine persa. Purtroppo, tutti dobbiamo morire e l’unica evento che può alleviare il pensiero della propria morte è avere dei figli.

Il ciclo della vita, come sappiamo, è un ciclo di vita e di morte e la continuità è garantita dalle nuove nascite e quindi dalla procreazione.

Ma la cosa curiosa e per certi versi inspiegabile come vedremo, è che gli uomini muoiono prima delle donne e questa differenza è aumentata lentamente, sempre in favore di un’età media femminile maggiore di quella maschile.

Nel 1910 la sopravvivenza media femminile in Europa superava di 3 anni quella maschile. In tempi recenti, ben 7 sono gli anni che una donna vive mediamente più di un uomo, con punte massime che raggiungono i 9-10 anni in Polonia e nell’ex Unione Sovietica.

In questa tabella possiamo osservare l’evoluzione della speranza di vita alla nascita[3] in Europa, dal 1910 al 1990.

TAB. 1 (Fonte: Treccani Enciclopedia delle Scienze Sociali; Caselli 1910-1970; United Nations 1993)

Le spiegazioni che vengono date, a questo curioso fenomeno, sono prevalentemente legate a fattori ambientali. Per esempio in molti sostengono che gli uomini, diversamente dalle donne, hanno storicamente esercitato professioni particolarmente usuranti e che questa potrebbe essere la causa di una età media maschile minore di quella femminile. Ma questa spiegazione la trovo in primo luogo riduttiva, tenendo conto che fare figli è usurante tanto quanto un lavoro usurante e in tempi passati erano molte le donne che morivano per cause legate alla gravidanza e al parto e, in secondo luogo, è un’affermazione totalmente smentita dai dati sulla mortalità, come vedremo.

Ancora. Si dice che il fumo è appannaggio dei maschi e, come sappiamo, è una delle principali cause di decesso.

In molti hanno considerato, a fronte della crescente diffusione anche tra le donne di stili di vita più nocivi, che la naturale evoluzione del fenomeno avrebbe portato a un annullamento delle distanze tra i due sessi dell’età media. Un’ipotesi certamente ragionevole, ma che non ha mai trovato conferma nella realtà.

Al contrario, i dati riportati nella precedente tabella dimostrano esattamente l’opposto. Infatti, nonostante l’età media si sia alzata costantemente in Europa sia per gli uomini sia per le donne[4], è aumentato anche lo scarto tra l’età media maschile e femminile, come abbiamo visto nella Tab. 1.

Quindi, mi pare evidente che sia insostenibile qualsiasi ipotesi che si orienta nei confronti di variabili ambientali.

Mi sono convinto, lavorando in questa ricerca, che i fattori ambientali non possono spiegare una differenza di genere in termini di età media e quindi di mortalità.

Vedremo adesso un altro fenomeno demografico, a disconferma delle varie ipotesi ambientali e che ci aiuterà a capire ancora meglio sia aspetti generali sia come si articola la questione della virilità nel maschio.

Prenderò come riferimento altri dati, estratti dalle tavole dell’ISTAT, per approfondire un fenomeno demografico piuttosto curioso e per certi versi sconcertante. Nel grafico ho riportato la differenza di decessi medi tra i maschi e femmine, in funzione dell’età. Il periodo di riferimento va dal 1999 al 2008, dieci anni che sono rappresentativi della condizione attuale. Andando indietro con gli anni l’età media si abbassa, sia per i maschi sia per le femmine e paradossalmente c’è un maggiore equilibrio tra i decessi dei maschi e quelli delle femmine, anche se prevale sempre una sensibile longevità per le femmine (vedi la precedente tabella 1)

Quello che osserviamo nel grafico 1 è che i maschi muoiono di più e in molti casi molto di più delle femmine.

Nella fascia di età che va da 0 a 4 anni, per esempio, si registrano 522 decessi nei maschi e 448 nelle femmine. Ma se ci spostiamo in avanti con l’età, si raggiunge il picco nella fascia di età che va dai 70 ai 74: 11.012 decessi per i maschi contro 6.370,4 per le femmine, quasi il doppio!

In sintesi, questi dati ci mostrano con estrema evidenza che gli uomini muoiono molto più delle donne e, questa tendenza, è indipendente dall’età. (Ovviamente, come si osserva dal grafico, superati gli ottanta anni il rapporto si inverte. Ma mi pare scontato e anche un po’ tetro, affermare che tutti dobbiamo morire e anche se le donne campano di più, alla fine muoiono anche loro).

Graf.1

Per completare questi dati osserviamo il Grafico 2, che utilizza gli stessi dati del precedente ma evidenzia le differenze tra i decessi maschili e femminili per fasce di età.

Graf. 2

Da questo grafica notiamo che fin dalla nascita fino a ridosso alla fascia che va dagli 80 anni agli 84 anni compresa, i maschi muoiono molto di più delle donne.

Adesso proviamo a ragionare su questi numeri per trarre qualche conclusione.

1)    L’età media, sia per i maschi sia per le femmine, è costantemente aumentata;

2)    I maschi hanno sempre avuto un’età media inferiore a quella delle femmine e questa differenza è aumentata nel tempo;

3)    Fin dalla nascita i maschi muoiono più delle femmine, il che va inevitabilmente ad inficiare qualsiasi ipotesi che fa riferimento a variabili di carattere ambientale.

Ma se esiste una differenza così marcata, ma più che altro presente ad ogni età, dobbiamo necessariamente convincerci che questa dipende da fattori strettamente biologici e quindi innati.

Possiamo arrivare alla conclusione che i maschi sono più fragili delle femmine?

Affermare che il maschio è più fragile di una femmina stravolge tanti luoghi comuni, in primis quello del “sesso debole”. Non piace ne agli uomini ne alle donne un’affermazione di questo tipo, ma credo che questa sia l’unica conclusione possibile,  direi anche scontata, a cui dobbiamo arrivare, semplicemente osservando la freddezza dei numeri.

Il problema può essere visto anche invertendo i fattori, e cioè si può dire che una donna è decisamente più forte di un uomo.

Anche se può sembrare una cosa inutile rovesciare il punto di osservazione, ci aiuta a capire meglio questo concetto.

Una donna è attrezzata a generare vita e questa risorsa, probabilmente, la rende più coriacea, la rende sicuramente più coreacea nei confronti della morte, riuscendo a contrastarla con maggiore decisione. Questa forza non va vista solo ad un livello strettamente fisico, ma interessa inevitabilmente ogni parte del suo organismo, sia fisico sia mentale.

Torniamo ora alla domanda da cui siamo partiti: perché i maschi hanno bisogno di rappresentare a se stessi e agli altri la propria virilità?

A questo punto, dopo aver sviscerato un po’ di numeri che ci hanno dato una base di conoscenza, possiamo affermare che il maschio è maggiormente vulnerabile, ha strumenti più scarsi nei confronti della morte rispetto ad una femmina e per questo si sente “obbligato” a ostentare la propria virilità nelle forme più bizzarre e pittoresche.

Attraverso la sua virilità e l’ostentazione nel manifestarla è come se volesse affermare che può procreare e attraverso una nuova vita lottare contro la morte che su di lui esercita una pressione maggiore.

Ma oggi, per fortuna o purtroppo, viviamo in un tempo in cui la procreazione si è drasticamente ridimensionata. In primo luogo perché essendoci stato un crollo della mortalità infantile, l’equilibrio tra vita e morte può essere garantito senza dover fare molti figli. In secondo luogo, attraverso varie forme di fecondazione assistita il ruolo maschile è sempre più marginale.

I vari centri che si occupano del problemi di fecondazione riducono il problema ad aspetti strettamente medici, per cui una donna è un uovo da fecondare e l’uomo un seme da utilizzare. Ma certamente i riflettori, in termini di fecondazione assistita, sono accesi tutti sulla donna, semplicemente perché è lei che dovrà fare il figlio e tutti i mezzi che vengono utilizzati, dalle stimolazioni ormonali alle varie forme di inseminazione, sono indirizzati sulla donna. Il ruolo dell’uomo è estremamente marginale e se ci si rivolge alla banca del seme, diventa assolutamente nullo.

Tornando al problema da cui siamo partiti e sintetizzando tutto questo ragionamento, possiamo dire, con un certo imbarazzo, che il maschio oggi ha un’utilità sensibilmente minore di prima. Ciò è avvenuto e avviene, sia per un cambiamento nelle professioni, non più appannaggio maschile, sia per una profonda trasformazione del processo procreativo.

I due pilastri portanti dell’identità maschile, ruolo socio-professionale e virilità, sono stati, per i motivi sopra esposti, drasticamente ridimensionati e oggi un maschio, deve fare i conti con una ristrutturazione profonda della propria identità.

Se, come penso, l’erezione è la prova incontrastata della virilità maschile, risulterà normale che proprio questa viene depressa.

Ovviamente viene da chiedersi quali possono essere le soluzioni ad un problema che è certamente diffuso e preoccupante.

Diciamo prima di tutto, che la soluzione, ammesso che ve ne sia una specifica, non passa attraverso l’utilizzo del viagra. Purtroppo assistiamo ad una diffusione impressionante del farmaco, sia attraverso le normali e legali reti medico-farmaceutiche sia attraverso un commercio parallelo su internet.

Ma la “soluzione” del viagra è una non soluzione, nel senso che rappresenta una totale negazione del problema e di conseguenza comporta una dichiarazione di resa.

Concludo dicendo che la soluzione non è una soluzione pratica, ma passa attraverso un riassetto profondo dell’identità maschile cioè  attraverso l’assunzione di nuovi riferimenti che necessariamente dovranno fare i conti con una realtà in movimento.

[1] A tale proposito può essere utile e anche divertente ascoltare o leggere un brano di G. Gaber “Il comportamento”, che tratta proprio della differenza tra un comportamento ben definito appartenente a due generazioni fa e quello delle generazioni successive, in cui i comportamenti risultano essere più indefiniti .

[2] Non c’è da scandalizzarsi più di tanto, quindi, che il Presidente del terzo partito d’Italia, l’On Bossi, ha fatto del celodurismo il suo motto. Capisco che possa creare imbarazzo, ma evidentemente il motto leghista fa presa ad un livello primitivo, sia di un uomo sia di una donna.

[3] Questa rappresenta il numero medio di anni che un individuo vivrebbe qualora sperimentasse durante la sua vita i livelli di mortalità registrati nell’anno di osservazione.

[4]Per i maschi la differenza tra la speranza di vita tra il 1910 e il 1990 è pari a 24,3, mentre per le femmine è di  27,9


201 Commenti

Luigi Corvaglia 6:57 pm - 4th Febbraio:

Articolo molto interessante. Molto apprezzabile l’intento e lo sforzo dell’autore.
Ritengo però, ma non è una critica, più che altro una riflessione, che l’argomento sia molto più vasto del suo ambito disciplinare e vada integrato con apporti di altre discipline.
Un esempio. Quando dice:
I maschi, nonostante siano stati storicamente la sola, o quasi, fonte di reddito per la famiglia non si sono mai preoccupati della numerosità della prole. Nonostante ogni figlio fosse una nuova bocca da sfamare, la loro numerosità non è stata mai contrastata in quanto era prevalente il bisogno di affermare la propria virilità.
non sono convinto che la numerosità della prole sia legata al bisogno di affermazione della propria virilità. E se anche mi sbagliassi comunque non basterebbe a spiegare il fenomeno senza ricorrere ad altre variabili sociali ed economiche.
Ci ritornerò su.

  (Quota)  (Replica)

Rita 9:01 pm - 4th Febbraio:

Da quel che ho capito io (e potrei anche non aver capito il pensiero dell’autore dell’articolo ovviamente smile la sua riflessione si basa esclusivamente sul riferimento biologico: mi verrebbe da pensare che paragona l’ansia da erezione all’ansia dell’arrivo delle mestruazioni.
Da una parte c’è l’ansia di non eiaculare se si vuole un figlio, dall’altra c’è l’ansia dell’arrivo del ciclo se si vuole un figlio.
Da una parte c’è l’ansia di eiaculare troppo presto se non si vuole un figlio e dall’altra l’ansia della mancanza del figlio se non si vuole un figlio.
Da qui credo parta tutta l’analisi, specularmente alla paura della gravidanza o al desiderio della gravidanza femminile. E in questo senso è nuova come teoria, personalmente non l’ho mai sentita. Finora la parte paterna dell’uomo (con tutte le sue correlazioni dal desiderio di paternità alla paura della paternità, è sempre stata descritta come più culturale che naturale al contrario della parte materna femminile. Non so se mi sono capita.. smile

  (Quota)  (Replica)

Daniele 9:21 pm - 4th Febbraio:

Innanzitutto una domanda: di quale maschio moderno si parla? Solo di quello italiano-bianco-occidentale? Oppure anche dei bianchi dell’est e di tutti gli extracomunitari non bianchi che vivono in Italia e nell’Europa dell’ovest?
Non è questione da poco, perché generalmente certe critiche vengono rivolte solo agli uomini di questa parte del pianeta.
Andiamo pure avanti.

>>>>>>>>>>>>

Questa è la campagna di informazione, che propone visite gratuite che aiuteranno gli uomini con problemi di erezione a sbarazzarsi di tabù e problemi sessuali.
[…]
Sarò ancora più chiaro: non penso che una condizione di generica depressione dei maschietti, come in molti affermano, sia riconducibile ad atteggiamenti femminili che avrebbero il potere di indurla. Così come non ho mai pensato che i problemi al femminile, siano riconducibili ad atteggiamenti maschili.
>>>>>>>>>>>

1) I tabù li hanno soprattutto le femminucce.
2) La causa principale delle mancate erezioni di molti uomini, sono da ricercare in primis nella mancanza di reale attrazione fisica verso la tipa che si ha di fronte; e in secundis al fatto che un numero sterminato di femmine è pieno di paranoie, inibizioni e complessi di vario genere, che tutto possono scatenare nell’uomo, tranne che una portentosa eccitazione
Cominciamo a dirle queste cose, smettiamola di giustificare sempre e comunque le femmine, le quali, stanne pur sicuro, si guardano bene dal giustificare noi.
Anzi, ogni occasione è buona per attaccarci e deriderci.
@
>>>>>>>>>>>>>>>
2) I maschi hanno sempre avuto un’età media inferiore a quella delle femmine e questa differenza è aumentata nel tempo;
>>>>>>>>>>>>>>>

No, non è vero.
So per certo che ai tempi degli antichi romani, la vita media degli uomini era di 25 anni, quella delle donne di 23-24. E so che fino a pochi secoli fa – prima della rivoluzione industriale – era ancora così in numerose nazioni europee, come l’Irlanda.
Ancora oggi, in qualche paese come lo Zimbabwe, il Nepal e pochissimi altri, gli uomini vivono mediamente più a lungo o, comunque, le differenze sono minime
(in Afghanistan non è nemmeno di sei mesi in favore delle femmine; altrove è di uno, due o al massimo tre anni di scarto).
@
>>>>>>>>>>>>>
Nel 1910 la sopravvivenza media femminile in Europa superava di 3 anni quella maschile. In tempi recenti, ben 7 sono gli anni che una donna vive mediamente più di un uomo, con punte massime che raggiungono i 9-10 anni in Polonia e nell’ex Unione Sovietica.
>>>>>>>>>>>>>
A me risulta che nel 1910, in Italia, la sopravvivenza media femminile superava quella maschile di neanche un anno. Attualmente è di 5,1 anni. E’ vero invece quello che evidenzi per quanto riguarda i paesi dell’ex URSS.

@
>>>>>>>>>>>>>
l problema può essere visto anche invertendo i fattori, e cioè si può dire che una donna è decisamente più forte di un uomo.
>>>>>>>>>>>>>

Ecco, si può dire, ma non esiste alcuna prova di ciò, perché le femmine di oggi vivono in una società costruita anche e soprattutto per loro, dai “deboli” uomini, i quali sono perennemente intenti a parargli il deretano.
Dubito fortissimamente che in un mondo primordiale, senza gli uomini pronti a crepare per loro (il contrario non accade mai, a meno che non si tratti di un loro figlio), le femmine sarebbero altrettanto “forti”.

  (Quota)  (Replica)

Daniele 9:35 pm - 4th Febbraio:

PS: ma l’ipotesi che siano le femmine stesse ad indurre negli uomini certi atteggiamenti, la si prende in considerazione, oppure no?
Signori, ma voi fate mai caso al disprezzo che tantissime esponenti del gentil sesso mostrano nei confronti di tutti quegli uomini che “non dimostrano di essere forti e virili” ?
Non vi capita mai di sentire frasi del tipo “Non esistono più gli uomini di una volta”, “oggi sono tutti dei senza palle”, “gli uomini di un tempo non torneranno più”, “noi donne abbiamo più palle di voi ometti”, “noi donne siamo i veri uomini”, ecc ecc? La realtà è che le femmine odiano tutto ciò che è debole.
L’unica maniera per cui contestano certe caratteristiche maschili, è solo perché loro stesse vorrebbero possederle (esempio: la superiore forza fisica maschile)…

  (Quota)  (Replica)

Fabio C. 1:06 am - 5th Febbraio:

Con tutto il rispetto per l’autore dell’articolo, non mi sembra molto corretto parlare delle “certezze perdute del maschio moderno”.
Ad esempio, io sono nato nel Settantatré ed ho iniziato a relazionarmi con l’altro sesso verso la fine degli anni Ottanta; pertanto non posso avere un termine di paragone con ciò che sono stati i rapporti fra uomini e donne prima della mia nascita. Non posso aver perso “certezze” che non ho mai avuto (l’unica certezza è la morte).
Riguardo alla questione dei problemi sessuali maschili, vorrei far notare a Giorgio Carnevale che non esistono soluzioni definitive a tutto ciò, come non ne esistono per quelli femminili. Il viagra (o il cialis, che io stesso ho usato più volte in passato) agisce a livello puramente “meccanico”, non certamente sul desiderio, che se non c’è puoi pure prendere tutte le pasticche che vuoi, ma l’erezione non ci sarà mai. Al tempo stesso, in un uomo privo di problemi psicologici e disfunzioni di natura organica, il viagra ha un “effetto doping”, nel senso che potenzia l’erezione e parimenti ritarda l’eiaculazione. Questo perché tale farmaco fa perdere un po’ di sensibilità sul glande.
Tuttavia, alla fine del discorso, quello che vorrei capire è: ma gli uomini come dovrebbero essere per andar bene…?
Se siamo “vecchio stampo” non andiamo bene; se siamo “nuovo stampo” neppure. E le donne, invece? Vanno bene nella versione vecchio stampo o in quella nuovo stampo? Come dovrebbero essere?
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
p.s. ricordo bene che ai tempi delle mailing list (2003-2004), Rino Barnart (ma non solo lui) era solito affermare che gli uomini di oggi non hanno problemi di identità, ma di valore.

  (Quota)  (Replica)

Fabio C. 1:17 am - 5th Febbraio:

http://ius.regione.toscana.it/cif/pubblica/mor031604/zip_pdf/cap4.pdf
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Nell’anno 1900 in Italia la speranza di vita alla
nascita (o vita media) era pari a 43 anni per
entrambi i sessi; dopo circa un secolo,
nell’anno 2002, è salita fino a 76,8 anni
(maschi) e 82,9 anni (femmine)
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
http://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_d%27Italia#La_speranza_di_vita_alla_nascita
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
La speranza di vita alla nascita in Italia era nel 2010 di 79,1 anni per gli uomini e 84,3 per le donne, in leggera crescita rispetto ai dati del 2005, 78,1 e 83,7 rispettivamente[13]. Sempre nel 2010 la speranza di vita a 65 anni, ovvero il numero di anni che in media una persona che ha attualmente 65 anni ha ancora da vivere, è di 18,3 per gli uomini e 21,9 per le donne. Da notare che per entrambi gli indicatori non vi sono significative differenze tra Nord, Centro e Sud.

Il progresso è notevole se si considera che nel 1880 in Italia la speranza di vita alla nascita era di 35,4 anni, divenuti 42,8 nel 1900, 54,9 nel 1930 e 65,5 nel 1959[14].
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

  (Quota)  (Replica)

Fabio C. 1:46 am - 5th Febbraio:

http://www.ancientrome.it/it/curiosita/unistantanea-di-roma-allepoca-di-traiano
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Immaginiamo di essere improvvisamente proiettati da una macchina del tempo nel cuore di Roma all’inizio del II secolo d.C., all’epoca dell’imperatore Traiano, cioè nel momento di massimo splendore dell’impero romano. Questi alcuni interessanti dati statistici su quel periodo.

La durata media della vita era di 41 anni per gli uomini e 29 anni per le donne. Ovviamente ci sono alcune eccezioni, non solo illustri (l’imperatore Augusto morì all’età di 76 anni); un liberto di nome Lucio Sutorio Abascanto, la cui lapide è stata ritrovata nella necropoli di Santa Rosa in Vaticano, morì all’età di 90 anni. La mortalità infantile raggiungeva picchi del 38%, e la percentuale delle donne che morivano tra i 20 e i 30 anni (soprattutto di parto) era molto elevata, raggiungendo il 25%.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

  (Quota)  (Replica)

sergio 9:37 am - 5th Febbraio:

2) La causa principale delle mancate erezioni di molti uomini, sono da ricercare in primis nella mancanza di reale attrazione fisica verso la tipa che si ha di fronte; e in secundis al fatto che un numero sterminato di femmine è pieno di paranoie, inibizioni e complessi di vario genere, che tutto possono scatenare nell’uomo, tranne che una portentosa eccitazione
Cominciamo a dirle queste cose, smettiamola di giustificare sempre e comunque le femmine, le quali, stanne pur sicuro, si guardano bene dal giustificare noi.
Anzi, ogni occasione è buona per attaccarci e deriderci.
>>>>>>>

Concordo al 110 per cento con Daniele e in proposito colgo l’occasione per chiedermi e per chiedervi: ma come fa uno stupratore ad avere un’erezione con una donna che lo rifiuta? Come funziona la mente di questi uomini? Come fanno ad eccitarsi “a comando” ? Esistono spiegazioni scientifiche in merito?

  (Quota)  (Replica)

Andrea 5:29 pm - 5th Febbraio:

Purtroppo, tutti dobbiamo morire e l’unica evento che può alleviare il pensiero della propria morte è avere dei figli.
(Giorgio Carnevale)
>>>
E’ un discorso che non vale per tutti. Anzi, per me (ma credo anche per tanti altri uomini) il fatto di non avere figli è fonte di sollievo, perché so che il giorno in cui morirò, non lascerò nessuno su questo pianeta che possa maledirmi per averlo messo al mondo.
Personalmente non ritengo che la vita sia un “dono” da “consegnare” ad altri. Anzi, sono del parere che sia solo una maledizione. Vivere per sopravvivere, vivere per lavorare e avere una pensione (se la si avrà), vivere per fare ogni tanto qualche scopata: ma ha veramente senso tutto ciò? Dal mio punto di vista no, non lo ha affatto. Inoltre, sempre per quanto riguarda me, non è la morte a spaventarmi, ma eventuali sofferenze dovute a qualche male incurabile, come il cancro. Quello sì che mi mette paura. Altrimenti la morte può pure essere una liberazione da una vita che non si è scelto di vivere.
********
>>>
Ma il motivo per cui un maschio ha bisogno di affermare, a se stesso e agli altri, la propria virilità dipende dal suo rapporto con la morte, che come vedremo, rappresenta una minaccia decisamente maggiore rispetto alla sua compagna.
(Giorgio Carnevale)
>>>
http://metromaschile.it/altrosenso/2010/04/02/i-maschi-sono-mortali/
Se i maschi fossero mortali, si capirebbe.

Sarebbe chiaro il perché di questo creare, inventare, scoprire, realizzare, costruire. Sfidare il tempo tentando in ogni modo di lasciare qui qualcosa che, prima di loro, non c’era. Un’impresa, un’opera, un insegnamento, una scoperta, un’invenzione. Un aforisma o una barzelletta. Una trovata. Grande, piccola o minima. Infinitesimale ma non preesistente. Qualcosa che, almeno per un attimo, sfidi il Nulla da cui vengono e verso cui vanno, sollevandosi da lì con orgoglio prometeico.

Si capirebbe perché abbiano inventato i princìpi, la fedeltà alla parola data, i giuramenti, l’imparzialità, la lealtà. Idealità costose, create apposta per poter sacrificare qualcosa di sé – o la propria interezza – e gettarla in faccia al Nulla, quello che dai bassifondi grida: “Non pagare e non rischiare, non regalare e non sprecarti giacché da me sei uscito e a me tornerai! A che ti vale?”.

Si capirebbe perché abbiano inventato la rinuncia, l’ascesi, il sacrificio: supremo oltraggio alla Contingenza che ordina di godere il godibile e divorare il divorabile. “Siete lassù una volta sola: approfittatene, idioti!”.

Sdegnosi, rispediscono al mittente il vergognoso imperativo per disertare dal quale bruciano l’esistenza in microsecondi di follia. Meglio morire per niente che omaggiare la meschina immortalità del Nulla.

Braccati dall’effimero, anziché abbuffarsi, questi pazzi digiunano. Potevano transitare innocenti ed invece hanno inventato la Colpa. Gelosi della più pura tra le torture che si infliggono, se la tengono stretta.

Ammirevole insania di Dei in miniatura.

Pagare dei prezzi in questa vita come se ve ne fossero altre, come se si fosse eterni, significa fingere di esserlo. Divina insolenza, geniale trovata che esorcizza la fine immanente, la scomparsa che incombe.

Traditori dell’ordine cosmico, anelanti all’Olimpo, hanno inventato lo Spirito per sollevarsi per un istante dalla Materia imperitura – madre dell’eterno niente – che li deride, per salvarsi per sempre in un lampo d’immortalità. I Transeunti.

Se davvero fossero mortali sarebbe chiaro perché vogliano ad ogni costo essere eterni per un istante.

RDV

  (Quota)  (Replica)

maschile individuale 7:39 pm - 5th Febbraio:

non sono d’accordo che il celodurismo sia un combattere l’angoscia della morte.
a me risulta anche le aspettattive di vita aumentano più rapidamente negli uomini ultimamente (comunque penso che molto sia dovuto all’ambiente e all’interazione dei singoli con essi, come l’esempio del parto riportato nell’articolo).

comunque complimenti all’autore per l’elaborazione.

  (Quota)  (Replica)

armando 8:20 pm - 5th Febbraio:

Articolo ricco di spunti e su cui sarà necessario tornare. Per ora mi limito a dire solo che nel passato una prole numerosa non era, nè per la famiglia nè per il paese, un fattore di povertà. Al contrario era un fattore di ricchezza. E’ dunque sbagliato valutare quel fatto con i nostri parametri, ammesso sia del tutto vero che i figli oggi significano povertà.
Quanto al perchè il maschio sente costantemente il bisogno di dimostrare la sua virilità (in qualsiasi modo lo faccia), c’è un motivo che la psicanalisi ha molto indagato. E’ noto che il neonato non distingue subito se stesso dalla madre, naturalmente una femmina, nella quale ha vissuto nove mesi. Quando inizia a distinguere l’io dal tu, deve affermare se stesso nella sua diversità come maschio. Il pericolo inconscio che egli sente è che qualsiasi “difetto” di virilità lo riporti alla situazione di femmina, che ovviamente sente come una perdità della sua identità maschile. L’acquisizione dell’identità maschile è molto più difficoltosa di quella femminile che già data nel senso che corrisponde a quella materna. Il maschio deve superare un ostacolo molto più grande della femmina per acquisire una sua propria identità di genere. Non per caso è il padre che ha il compito di separare davvero sul piano psichico il figlio dalla madre. Se ciò non avviene è un danno, ma per il maschio incomparabilmente maggiore che per la femmina. Ed è per questo che, secondo me, questione paterna e questione maschile sono inseparabili, sono la stessa cosa. E su questo non c’è nulla da fare, nessuna ridefinizione di canoni identitari potrà modificare questo stato di fatto, a meno che non si voglia pensare che sia un bene che il maschio si femminilizzi. Il che, oltre ad avere drammatiche conseguenze sui maschi, le avrebbe anche sull’intera civiltà. Perchè quel bisogno di dimostrare la virilità non si è tradotto soltanto nella spinta a inseminare molte femmine o di avere erezioni potenti, ma ha avuto grande influenza sul piano culturale, è stata la condizione dello sviluppo delle civiltà, e non solo sul piano economico e materiale. Si è tradotto anche in tutte quelle azioni e opere maschili fatte di spirito d’iniziativa, rischio, sogni “folli” che poi si sono miracolosamente realizzati (cioè Spirito), tramite i quali sono state fondate le civiltà e di cui hanno goduto tutti, anche le donne. Nulla vieta, naturalmente, che possano esistere aggregazioni umane a prevalenza psicosociale femminile, ma sarebbero aggregazioni statiche, stagnanti, materialmente e spiritualmente, come ammisse anche Marie Louise Von Franz, grande allieva di Jung. Possibile, certo, ma chiaramente regressivo. Come sono regressive e intrinsecamente antimaschili tutte le tecniche di fecondazione assistita che tendono ad eliminare il principio maschile nella procreazione. Forse avverrà, ma le conseguenze sono quelle. Si tratta di scegliere.
armando

  (Quota)  (Replica)

fulvioterzapi 11:10 pm - 5th Febbraio:

a me non interessa affermare la mia identità virile, così come non mi interessa il calcio o il moto gp.
una persona deve essere libera di scegliere i valori che preferisce senza essere forzato a seguire riferimenti e modelli predefiniti.

  (Quota)  (Replica)

Rino 8:36 am - 6th Febbraio:

Spiace notarlo, ma questo articolo potrebbe essere stato scritto da qualsiasi femminista. Tra le molte osservazioni che si possono fare, sottolineo ciò che mi pare più importante: è infarcito di verità parziali.

Ma le verità parziali sono falsità principesche, come ben sappiamo, sono la struttura portante di ogni grande menzogna.

RDV

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 9:39 am - 6th Febbraio:

Rino:
“Spiace notarlo, ma questo articolo potrebbe essere stato scritto da qualsiasi femminista”
_________________

Assolutamente sì.
Tale articolo – e lo dico senza alcuna offesa nei confronti di Carnevale – è di una banalità mostruosa.
Avrò letto roba del genere almeno un… miliardo di volte.
Ergo, niente di nuovo sotto il sole.
Eccetto noi, tutti allineati e coperti.
Pensiero critico=zero.
Avanti così.

  (Quota)  (Replica)

Damien 10:56 am - 6th Febbraio:

seppur condividendo alcuni pensieri espressi, ne contesto la forma e le contradizioni..

in primis, vorrei porvi questa domanda: Quando notate un cane od un gatto, e ne volete chiedere il sesso, domandate normalmente di che sesso è? oppure.. come credo è un maschio o una femmina? se poi, l’animale in questione è un cucciolo, si usano i diminutivi maschietto o femminuccia? di solito tale domanda è usata anche per conoscere il sesso del/la neonato/a, nell’etimologia dei termini, quindi, viene racchiusa la natura della esternazione, nel caso animale per mero significato sessuale, per quello umano, per stabilirne l’identità, in maniera coccolosa oserei affermare.. parimenti potremmo trovaarvi incluso i termini inerme ed indifeso, da accostare con quanto segue.

Ora, che il Sig. Giorgio Carnevale, Psicologo, non comprenda l’uso di tali termini mi appare strano, ma ancora piu’ strano appare a mio modesto avviso, che non ravveda come tali termini siano, de facto, dei veri e propri epiteti (http://it.wikipedia.org/wiki/Epiteto) usati per diffamare l’uomo tout court, come spesso abbiamo avuto modo di vedere dalle acide femministe che si sono affacciate su questo sito.

in altre parole, per sposare la sua forma mentis, sarò piu’ chiaro, a mio avviso egli rappresenta un ennesimo caso di “ometto zerbino”, si esprime con evidente uso dei vocaboli femministi (maschietto/i) e non si preoccupa di evidenziare le cause che generano gli effetti, come sovente fanno le femministe, decolpevolizzando le donne sempre e comunque, ma procede invero spedito verso masturbazioni mentali che, in alcuni casi, egli stesso contraddice.

ma andiamo con ordine..

“Sarò ancora più chiaro: NON PENSO che una condizione di generica depressione dei MASCHIETTI, come in molti affermano, sia riconducibile ad atteggiamenti femminili che avrebbero il potere di indurla. Così come non ho mai pensato che i problemi al femminile, siano riconducibili ad atteggiamenti maschili.”

Chiunque in questo sito puo’ opporsi a questa affermazione, inutile linkare quindi i numerosi post a conferma di quanto affermo, ma è utile soffermarsi quel tanto che basta per focalizzare queste affermazioni, opinarle, e passare oltre..

“Non entro ulteriormente nel merito di questo, sperando sia chiaro il mio modo di vedere e con una metafora aggiungerei che siamo tutti sulla stessa barca e le differenze di genere possiamo solo utilizzarle come un’enorme opportunità, più che un’arma per imbastire processi di colpevolizzazione ecc”

La barca in questione, metaforicamente parlando, potrebbe essere sicuramente il titanic, dove Rino ha ampiamente espresso con quali termini si possa, anche in questo caso, opinare e rispedire al mittente tale affermazione, senza contare che qui, gli unici armati, di certo non sono gli uomini.. o dovrei dire maschietti, per far intendere meglio il tutto al Sig. Giorgio Carnevale?

“Fino alla metà del novecento, più o meno, il MASCHIO (maschio sarà il suo cane.. Sig. Giorgio Carnevale, io sono un UOMO) viveva piuttosto distaccato dalla famiglia in quanto era totalmente impegnato nella professione. Poteva essere un pastore, un ragioniere o un professore, ma comunque sia, lui era solo quello. Al di fuori del suo ruolo professionale non aveva particolari interessi e non era coinvolto in nessuna particolare attività. La frequentazione di bar, osterie, dopolavoro ecc, erano i modi con cui consumava il rimanente tempo libero della giornata, quando c’era. Con l’arrivo di un figlio si festeggiava con gli amici al bar, si brindava e se era maschio si brindava con più decisione.”

Notate bene come si pone il nostro ometto zerbino, prefigura la situazione dell’uomo medio del novecento sotto una luce privilegiata.. come dire che spaccarsi la schiena nei campi e nelle vigne, in molti ettari di poderi, dalle prime luci dell’alba a pomeriggio inoltrato, fosse una condizione che l’uomo amava ambire.. notate inoltre come egli rileghi la donna al solo compito casalingo, mentre cio’ non è del tutto vero, molte di loro lavoravano nei campi, quindi tale enfasi pone chi legge a pensare che l’uomo fosse, all’epoca, l’unico che potesse godere di una posizione “privilegiata” per poi passare gloriosamente il tempo restante nei bar popolari o nelle osterie a cantare ed a bere a squarciagola, beandosi dell’arrivo del nuovo nasciuro.. ma che ridere..

“Festeggiare in società il nuovo arrivato è sempre stato un momento in cui il maschio poteva dimostrare la propria virilità attraverso una prova certa.”

Tengo a precisare al Sig. Giorgio Carnevale, Psicologo, che spesso l’arrivo di un nuovo bambino (ecco come evitare gli epiteti, sig. Giorgio Carnevale, Psicologo) era fonte di ricchezza in quanto nuove braccia per l’agricoltura, nuova forza lavoro.. questo non le dice niente delle condizioni degli uomini? o solo diffide da bar ed osterie? o magari virilità? le dice niente la parola “bracciante agricolo”?

“I maschi, (aridajè) nonostante siano stati storicamente la sola, o quasi, fonte di reddito per la famiglia non si sono mai preoccupati della numerosità della prole. Nonostante ogni figlio fosse una nuova bocca da sfamare, la loro numerosità non è stata mai contrastata in quanto era prevalente il bisogno di affermare la propria virilità.

Ma che ridere! lei Sig. Giorgio Carnevale, Psicologo, dovrebbe scrivere sulla settimana enigmistica, sezione risate a denti stretti.

le famiglie numerose di allora avevano tale scopo semplicemente per fornire mano d’opera per i campi e per l’agricoltura in genere, dove spesso il capofamiglia lavorava dalla mattina fino a pomeriggio inoltrato, avere una nuova bambina, invece, era utile per accudire la casa, sicuramente, un enorme conforto per gli uomini che tornavano a casa dai campi, ma era pur vero che non forniva spesso forza lavoro per i campi, inoltre una “femmina” per usare il suo epiteto dispregiativo, dava l’incombenza di preparare la “dote”, il “corredo” che di fatto, oltre a essere esosi, specie nei paesi del sud italia tali concetti sono certo siano ben compresi, era fonte anche di contine preoccupazioni per colei che era ed è sempre stata la destinataria delle cure degli uomini (ops.. mi scusi.. ho omesso maschietti..) tutto cio’ non ci azzecca una benemerita cippalippa con l’ostentare la virilità! in quanto molti uomini, ieri come oggi, si beavano di avventure sessuali con gli amici, spesso puramente immaginarie, ecco.. questa anticamera comportamentale del “macho moderno” era la forma mentis per ostentare la propria virilità.. quella di fare figli, sperando che fossero maschi, era solo un augurio di maggior forza lavboro e quindi ricchezza, non a caso, anche oggi, sopravvive talvolta il detto:”auguri e figli maschi”.. ma lei, Sig. Giorgio Carnevale, Psicologo, questo dovrebbe saperlo, in quanto persona dotta..

“Virilità e ruolo socio-professionale hanno rappresentato i due pilastri indiscussi del maschio, indipendentemente dal tipo di professione.”

Falso. Lavorare era indispensabile e spesso, faticoso, ergo gli uomini (i maschi se non lo avesse capito..) dovevano lavorare in un Italia del dopoguerra piena di fabbriche, aziende agricole etc etc, dove spesso, ieri come oggi, incontravano la morte, e in ciò non vi è nulla di “virile”, non vi è nulla di bizzarro e pittoresco, sicuramente c’è molto di “Vile”.. viste le condizioni inumane di sfruttamento dei lavoratori, che oggi sopravvivono, e non credo che, dopo oltre 8 ore di lavoro in fabbrica o in una miniera, acciaieria.. un uomo si senta VIRILE! e senta gaudio nei suoi confronti da parte del sociale.

In conclusione, Sig. Giorgio Carnevale, Psicologo, alcuni assunti sono veritieri, ma la sua disamina è faziosa, di parte, incompleta e redatta in chiave femminista, la ritengo quindi insufficiente a condividere le motivazioni che ci spingono da tempo, a liberare gli uomini dalle catene delle nazifemdoministe, e ritengo le sue restanti considerazioni.. come dire.. ah ecco: BIZZARRE E PITTORESCHE.

Ritorni quando avrà le idee piu’ chiare e, cortesemente, se può cancellare la scritta “WELCOME” dalla schiena, mi farebbe un enorme piacere personale..senza offesa..

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 11:57 am - 6th Febbraio:

A proposito di articoli scritti dalle femministe, ne riporto uno di Shere Hite (che Rino conosce benissimo…) e pubblicato su La Repubblica delle Donne (n. 28), supplemento de la Repubblica, il 3 dicembre 1996.
Definirlo un campionario di vaginate è un eufemismo.
____________________________

>
Questioni erotiche – di Shere Hite
>
EDIPO KILLER DEL SESSO
E’ durante l’adolescenza che nascono certi sentimenti ambivalenti degli uomini verso le donne. Quel loro amore misto a ostilità.
Perché è allora che “tradiscono” la madre.
>

Le vittime della violenza sessuale urlano ogni giorno dai giornali e dagli schermi televisivi; le statistiche mostrano come le violenze sulle donne siano,
purtroppo, storie di ordinaria follia; in Ruanda e in Bosnia lo stupro è ormai strumento bellico; gli atti di sadismo sulle donne sono un classico della pornografia. Da dove nasce l’impulso che spinge un uomo a infliggere umiliazioni o violenze sessuali? Prima di scrivere il mio Rapporto sulla sessualità maschile (The Hite Report on Male Sexuality) ho raccolto numerose testimonianze di uomini che dichiaravano di essere fieri di non aver sposato la donna di cui erano innamorati: avendo “agito razionalmente” e avendo “mantenuto il controllo” sui propri sentimenti, infatti, sentivano di essere nel giusto. La scoperta è sconvolgente: tra gli uomini è radicata la convinzione che il “vero amore” non possa durare e sia destinato al fallimento. Pessimismo non condiviso dalle donne, convinte che i problemi di coppia, possano essere risolti se affrontati nel modo giusto. Dalle mie ricerche è emerso un quadro dell’identità psicosessuale maschile e del suo sviluppo radicalmente diverso da quanto si è creduto sino ad ora. Stando a ricerche precedenti il “risveglio” della sessualità maschile avrebbe inizio tra i 10 e i 12 anni, quando i cambiamenti fisici rendono possibile l’orgasmo insieme all’eiaculazione. Quello di cui le precedenti teorie non avevano tenuto conto è che l’intensificarsi delle pulsioni sessuali si accompagna a una crisi di valori che porta il giovane a mettere in dubbio la propria identità emotiva e il rapporto con la madre. Molti finiscono per nutrire nei confronti dell’altro sesso un misto di desiderio e disprezzo che non di rado si manifestano con la stessa forma: è quello che hanno vissuto nei confronti della madre, desiderata da un lato, respinta dall’altro. Il rapporto fisico ed emotivo degli uomini verso le donne, dunque, è indissolubilmente costituito da odio e amore, e oscilla tra desiderio e repulsione. Per questo può risultare normale, persino eccitante, per un uomo umiliare una donna nel momento in cui desidera baciarla. Il trauma derivante da una dissociazione tanto radicale può distorcere a tal punto l’identità sessuale di un uomo che questi, spinto dall’amore-odio verso la propria madre (e tutte le altre) arriva a sentirsi autorizzato, nei momenti di eccitazione, a reagire con violenza psicologica o fisica. E le donne non possono che stupirsi nel vedere il partner trasformarsi, da tenero in aggressivo. Si tratta di un trauma che non viene preso sul serio dalla società, che lo liquida come processo “naturale” (il “complesso di Edipo” di freudiana memoria), una serie di reazioni legate agli “ormoni” che, modificando il corpo maschile, spingono il giovane ad allontanarsi dalla madre. Concordo con Freud riguardo al desiderio sessuale che i figli maschi provano nei confronti della madre, ma non ritengo che questo “attaccamento edipico” si risolva con la crescita. E’ la derisione da parte di amici e padri che spinge a modificare atteggiamento. E il mutamento porta con sé implicazioni a livello sociale, per cui gli uomini si sentono in dovere di dominare le donne nel sociale, oltre che nella vita privata. L’ambivalenza nei rapporti con l’altro sesso non è parte integrante della “natura maschile” (non tutti gli uomini assumono simili atteggiamenti), ma è la società che inculca negli uomini determinati comportamenti, che da una parte spinge l’adolescente a rifiutare la figura materna e dall’altra lo incita a provare interesse sessuale verso le donne. Un “cortocircuito” nella mente dei ragazzi, dove le due opposte pulsioni finiscono per fondersi. Per moltissimi ragazzi le prime esperienze sessuali sono profondamente (anche se inconsciamente) legate alla figura della madre, la donna con la quale hanno il rapporto più intimo: l’hanno baciata, conoscono i suoi abbracci, l’hanno osservata, sanno che il sesso fa parte della sua vita. Ma l’adolescente impara presto che, se vuole entrare a far parte dei “maschi”, deve mettere da parte tutto ciò che è “femmineo”, anche se questo implica ripudiare la persona che ama di più. La rottura con la madre è fonte di stress; in molti fa nascere la convinzione che l’amore non possa durare. Sovente il nuovo atteggiamento provoca sensi di colpa, perché il ragazzo sente di comportarsi in modo sleale, ma non ha scelta. In alcuni casi, per un involontario rovesciamento della prospettiva, il ragazzo arriva a pensare che sia la madre ad essersi staccata da lui e conclude che “non ci si può fidare delle donne”. Oppure sviluppa la convinzione che i sentimenti siano fonte di distruzione. Un analogo caos regna nella sfera sessuale. Durante la pubertà gli uomini imparano a mescolare sesso e violenza. Staccandosi dalla figura materna proprio nel momento in cui prova le prime pulsioni sessuali il giovane riversa nel rapporto sessuale angosce e sensi di colpa. Molti uomini danno per scontato che l’attività erotica implichi una qualche forma di violenza sulla donna. E quanto più la madre insiste a offrire “amore” e “comprensione”, tanto più aumentano l’ostilità e il disagio del ragazzo, che subisce le attenzioni della madre come un’umiliazione. La frustrazione che ne deriva influenza, a sua volta, l’opinione che il ragazzo avrà dell’amore femminile e comprometterà le sue relazioni con l’altro sesso, perché non sarà in grado di scendere a patti con le “aspettative” delle donne. Che altro non sono, in realtà, che il suo latente senso di colpa per il dolore provocato alla madre.
________________________________

> >>>>>>
Per questo può risultare normale, persino eccitante, per un uomo umiliare una donna nel momento stesso in cui desidera baciarla.
>>>>>>>>

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 12:38 pm - 6th Febbraio:

Sono sostanzialmente e fondamentalmente d’accordo con Rino, tuttavia…
Tuttavia due considerazioni.
La prima. Ho avuto modo di conoscere personalmente, grazie ad un comune amico che ci ha messi in contatto, l’autore dell’articolo. Ci siamo incontrati tutti e tre, abbiamo parlato, ci siamo confrontati e naturalmente non abbiamo trovato un accordo perché i nostri stessi punti di partenza sono diversi. Giorgio ritiene che la nostra “parzialità” sia un limite (ciò che invece io ritengo essere il nostro punto di forza), che la QM non sia una questione politica e che, come lui stesso ha detto, parlando dell’attuale condizione dei maschi e delle femmine, “siamo tutti sulla stessa barca”.
La mia opinione, e su questo ci siamo naturalmente divisi, è che non sia affatto vero che oggi “uomini (beta) e donne siano sulla stessa barca” e che se si vuole rendere più umana e vivibile la relazione fra i sessi, è necessario innanzitutto lavorare per riequilibrarla in favore degli uomini. Per fare questo e per cercare di costruire le condizioni minime e necessarie per la ripresa di un dialogo con la “controparte”, è inevitabile assumere un punto di vista parziale. Un confronto reale, come abbiamo spiegato più volte, è possibile solo quando i due interlocutori sono sullo stesso piano. Oggi così non è, per lo meno per noi.
Ciò detto, avendolo conosciuto di persona, posso garantire che non siamo in presenza di un “ometto zerbino”, come dice Damien, ma di un uomo che comunque sta provando ad aprire un dialogo che mi sembrerebbe sbagliato lasciar cadere. Sarebbe anche un atteggiamento scarsamente politico, specie per chi, come noi, ritiene che la QM sia anche (e non solo) una questione politica.
Giorgio è uno psicologo. La stragrande maggioranza degli psicologi, maschi o femmine che siano, sono oggi schiacciati su posizioni rigidamente filo femministe. Mi raccontava una mia amica psicologa (esperta in terapia di coppia), Alessandra Crespina, che, come ricorderete, è già intervenuta sul sito con tanto di nome e cognome, che nelle psicoterapie di coppia si parte dall’assunto che il “peter pan”o l’”inadeguato” sia comunque l’uomo, a prescindere.
In qualche modo, sia pur timidamente, Giorgio, fuoriesce da questo schema. Molto debolmente, certo, e con i limiti strutturali (in termini di analisi, intendo) che sappiamo. E tuttavia la ragion politica ci dice che, data la situazione, ogni minimo spiraglio deve essere da noi colto, ogni minimo spazio che le circostanze determinano deve essere “occupato” al fine di promuovere e diffondere le nostre idee.
Teniamo anche presente che i nostri avversari non accettano e non vogliono un confronto dialettico con noi preferendo di gran lunga denigrarci, insultarci, metterci alla berlina, con il fine di ridicolizzare le nostre idee (perché temono il confronto, non è presuntuoso dirlo, è così). Giorgio non fa nulla di tutto questo e ci invita al dialogo, anche se con quegli elementi, diciamo così, di ambiguità, presenti inevitabilmente nella sua posizione. Non vedo però perché declinare il suo invito, tanto più che personalmente ho accettato di confrontarmi e scontrarmi in situazioni ben più estreme rispetto a quella che lui ci propone…
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 12:42 pm - 6th Febbraio:

Salve a tutti.
Mi fa piacere aver animato il discorso con questo mio contributo e ho letto, un po’ di fretta e mi scuso, le vostre risposte.
Mi ripropongo di leggerle attentamente e di chiarire i passaggi poco chiari del mio contributo.
Faccio comunque qualche sintetica considerazione per isolare le falle del mio scritto e chiarire alcuni presupposti da cui sono partito:
1) le fonti statistiche a cui ho fatto riferimento provengono prevalentemente da questo contributo http://www.treccani.it/enciclopedia/mortalita_(Enciclopedia_delle_Scienze_Sociali)/# , e dalle tavole pubblicate dall’ISTAT. Ma al di la dei numeri, che mi sono serviti solo per sostenere il mio pensiero, ritengo sia importante una riflessione sul fatto che è indubbio che il maschio stia vivendo una fase complicata. Non penso si possa dire se è più giusto il maschio moderno o il maschio passato. Il problema è una consapevolezza dei propri limiti, semplicemente per districarsi con una certa sicurezza da luoghi comuni e accuse gratuite;
2) Per quanto riguarda la procreazione, penso che al di la della volontà di ognuno di procreare o meno, esiste un ricambio tra vita e morte che necessariamente deve essere garantito. Le regole esistenti in natura, con le dovute differenze, valgono anche per gli esseri umani, che piaccia o meno. E’ vero che oggi nei paesi del primo mondo non c’è una necessità di fare tanti figli, ma questo dipende solo dal crollo della mortalità infantile e della mortalità in generale. Infatti se ci spostiamo nei paesi del terzo mondo osserviamo fenomeni opposti. Li c’è un’altissima mortalità infantile, in generale un’altissima mortalità e quindi si fanno un sacco di figli. Ciò non dipende dalle scelte del singolo individuo che insieme alla propria compagna/o si riunisce intorno ad un tavole per decidere, più o meno, quanti figli fare. Ma è la dinamica collettiva che spinge tutti a contrastare la morte che da quelle parti esercita una pressione enorme;
3) I dati che ho riportato, anche se qui non si vede la tabella e i due grafici, mostrano uno scarto significativo tra l’età media maschile e quella femminile. Questo fenomeno trovo che sia molto interessante, perchè ci aiuta a capire l’esistenza di differenze che significheranno pur qualcosa. E’ così che nasce il mio interesse per quest’argomento ed è per questo che avanzo le mie ipotesi per cercare di capire e combattere il problema del 52%. A tale proposito voglio ancora sottolineare che la ricerca ISPO da cui sono partito, fornisce un dato a mio avviso sottostimato. Loro si sono rivolti ad un campione di over quarantenni per due motivi. In primo luogo perchè quando accadde ad un uomo alle soglie dei cinquant’anni di avere un problema di erezione, viene travolto da un sentimento terribile, il primo pensiero terrificante è che la sua sessualità sia terminata. In secondo luogo perchè quella è una fascia di età dove ci sono i soldi, c’è un reddito certo. Questi due fattori, panico e portafoglio, comportano una mobilitazione certa e redditizia.
Ma il problema riguarda tutti e in modo particolare i ragazzi, che fanno normalmente uso di viagra o affini, per avere la certezza del “successo”.

Qualcosa avrò chiarito, spero.
Sarà molto interessante avere con tutti voi un confronto verbale, perchè questo potrebbe aiutarci a comprendere meglio come siamo fatti, da dove veniamo e dove stiamo andando.

Un caro saluto.
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

Marco 2:40 pm - 6th Febbraio:

Al pari di Daniele credo sia giusto cominciare a chiarire questo concetto di “maschio moderno”, perché quella odierna è una società sempre più multiculturale, dove vivono indiani, cinesi, romeni, albanesi, marocchini, tunisini, senegalesi, eccetera. Il che pone giustamente la domanda già rivolta da Daniele, ossia certe problematiche sessuali (sia vere che presunte) riguardano anche loro? E in che misura? Non solo: le donne dei loro Paesi come vivono la sessualità e il rapporto con l’uomo? E che problemi hanno? Sono uguali a quelli delle occidentali oppure no?
Riguardo alla questione della maggior longevità femminile (perlomeno da un secolo a questa parte), non ho una risposta precisa, perché non sono un esperto in materia, ma mi risulta che dipenda da un mix di fattori, sia naturali che culturali. Inoltre so che la donna tende ad ammalarsi di più dopo la menopausa, ed anche ad essere più a rischio dell’uomo rispetto a malattie come l’infarto. Questo perché cessa la protezione degli estrogeni,
Questa è una breve risposta che ho trovato sul web.
>
@@@@@
PERCHE’ LE DONNE VIVONO PIU’ A LUNGO DEGLI UOMINI?
Fattori biologici e sociali influenzano la longevità dell’uomo e della donna. Innanzitutto la biologia: nei primi 12 mesi di vita la mortalità maschile è superiore del 25/30% a quella femminile. Circa 105 maschi nascono per ogni 100 femmine, assicurando così che il numero si eguagli nell’età riproduttiva. Anche gli ormoni giocano un ruolo importante: gli ormoni femminili estrogeni aiutano ad eliminare il “cattivo” colesterolo (LDL) producendo così una certa protezione contro le malattie cardiache. In contrasto il testosterone maschile può tendere verso la violenza ed attività rischiose. L’abilità del corpo femminile ad adattarsi alla gestazione ed all’allattamento aiuta la donna a meglio controllare l’eccesso di calorie. Inoltre nella donna, grazie ai due cromosomi X, una eventuale mutazione genetica di un cromosoma può essere compensata dall’altro cromosoma. Non solo la biologia, ma anche fattori sociali contribuiscono alla longevità. Le donne tendono ad una attività più tranquilla all’interno della famiglia e con attività professionali meno deleterie per la loro salute.
Nei Paesi sottosviluppati la vita dell’uomo e della donna tende ad eguagliarsi a causa delle numerose gravidanze (in India e Bangladesh la donna vive 0,1-0,6 anni di più). Nei Paesi occidentali la vita della donna è più lunga mediamente di 5-6 anni.
@@@@@@@@

  (Quota)  (Replica)

Leonardo 2:59 pm - 6th Febbraio:

E’ vero che si vuole fare sesso prima di morire, per procreare ma anche per il piacere. Il sesso ludico, che viene messo da parte per favorire la donna che si sente fregata se un uomo gode di lei appieno senza avere dei doveri nei suoi confronti…
Bisogna guardare nell’abisso per scoprire le verità, Freud lo ha fatto e, mi sembra, senza statistiche, ma studiando persone da lui in analisi e se stesso…

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 3:28 pm - 6th Febbraio:

Risposta a Marco e a Daniele

Ho usato forse infelicemente “maschio moderno” per parlare delle problematiche del maschio oggi. Inoltre la mia riflessione riguarda, ovviamente, i paesi del primo mondo.
Nei paesi del terzo mondo, osserviamo tendenze opposte. Dove c’è una forte mortalità infantile c’è una forte natalità. Questo perchè è necessario, in natura, mantenere un equilibrio tra vita e morte.

Per quanto riguarda la differenza dell’età media tra uomini e donne che, negli ultimi cento anni, si è incrementata notevolmente, attestandosi oggi a sette anni nei paesi europei. Mi pare questo un dato significativo su riflettere. http://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150528227021906&set=a.10150528226451906.367053.208512021905&type=3&theater
Il mio pensiero è che se questo trend è aumentato e continua ad aumentare, ciò dipenda da una parte da fattori strettamente biologici ma dall’altra da cambiamenti profondi che hanno messo tra parentesi il maschio sia da un punto di vista biologico sia del suo ruolo. Questi cambiamenti, a mio modo di vedere, sono intimamente legati al cambiamenti del processo procreativo che, in vari modi, ha drasticamente ridimensionato il ruolo maschile.
Volendo datare questo cambiamento, direi che è avvenuto dagli anni cinquanta in poi, cioè quando per effetto della scoperta della penicillina e della sintetizzazione degli antibiotici, vi è stato un crollo della mortalità infantile e conseguentemente della natalità.
Spero di aver chiarito un po’ meglio.
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 5:49 pm - 6th Febbraio:

Carissimo dott. Carnevale
mentre sui numeri, quando come in questo caso non sono altro che mero riporto dei fatti, siamo d’accordo, non altrettanto può dirsi sulle cause.
Al sottoscritto, con formazione tecnica-scientifica, le cause sembrano persino banali. L’aumento dell’aspettativa di vita nei due sessi, con la contestuale divaricazione tra gli stessi ha per me una spiegazione molto più semplice. Ovviamente scoperte scientifiche e progresso tecnico hanno contribuito al miglioramento e quindi all’allungamento della vita di tutti, uomini e donne. Ma a me pare altrettanto ovvio che le stesse (progresso medico e progresso tout court) abbiano favorito in misura maggiore le donne, dal parto a quelli che erano fino a pochi anni fa gli ambiti di lavoro delle stesse (ma anche adesso, difficilmente occupano ambiti lavorativi ad alto rischio). Di contro, gli uomini, anche in una società tecnologicamente avanzata, difficilmente possono sottrarsi alle incombenze più rischiose (a breve, medio o lungo periodo).
Comunque, entrambi possiamo solo ipotizzare, una controprova scientifica richiederebbe una società simmetrica, cioè con uomini e donne impegnati in tutti gli ambiti, ora più tradizionalmente circoscritti all’uno o all’altro sesso, in proporzioni pressoché uguali.
Rimarco comunque la mia perplessità iniziale, cioè la parzialità di un’approccio mono-disciplinare a fenomeni difficilmente spiegabili in un’unica ottica, anche se ne apprezzo lo sforzo.

  (Quota)  (Replica)

Leonardo 6:02 pm - 6th Febbraio:

La donna campa di più, è vero, ma se guardiamo la sua utilità, e cioè fare figli: a 50 anni è in menopausa ed è finita. Credo invece che molti uomini a 50 anni possano ancora inseminare donne. Chiaramente sto parlando di untilità nella natura spietata e non di uomini che crepano per lavorare e avere una famiglia, tra l’altro non dico neanche che siano dei santi questi uomini.
Noi umani non siamo al mondo solo per perpetuare la vita, forse l’evoluzione ci ha portato ad avere interessi al di là della riproduzione e sopravvivenza. Voglio ricordare che l’uomo è riuscito ad andare nello spazio e a mettere piede sulla luna. E’ tutto inutile questo? Forse sono dei passatempi e possono diventare risorse per la sopravvivenza della specie umana…

  (Quota)  (Replica)

Rino 7:11 pm - 6th Febbraio:

Caro Giorgio, il solo fatto di aver dialogato con un esponente e leader del Momas quale Fabrizio e di essere poi venuto qui a parlare con noi, fa di te un temerario, …cura che non si sappia in giro smile
ne va del tuo prestigio professionale.
Infatti siamo in queste condizioni, che il solo prendere sul serio le parole dei Risvegliati rende sospetti.
.
Quello che dici ha bisogno di venir collocato in una dimensione radicalmente critica rispetto al quadro vigente, altrimenti diventa inevitabile la sua assimilazione all’interpretazione “politicamente corretta” = femdominista.
Mi spiego.
Se si dice che gli UU sono in crisi perché hanno subito un complesso di mutamenti che li ha ridislocati rispetto alla loro posizione tradizionale e che questo fatto costituisce un problema da affrontare seriamente, quello di un popolo che la storia ha in parte cacciato dalla sua terra e in parte represso colà, allora ci siamo.
.
Se invece diciamo che questi Vinti stanno soffrendo per la perdita del potere e del dominio di cui hanno fruito per millenni, o perché non vogliono “adeguarsi” alla nuova “identità” che si pretende da loro, allora non ci siamo.
.
Mutamenti strutturali (per dirla – quasi – con Marx) e fattori culturali hanno condotto la massa dei maschi in una condizione di svalorizzazione, di minorità civile etc. tale da costituire uno dei più grandi problemi della nostra epoca.
.
Ci sono molte intervenienti e non è escluso che vi compartecipino anche quelle da te citate.
.
Per ora mi fermo qui.
.
RDV

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 8:37 pm - 6th Febbraio:

Oggi le cose sono decisamente cambiate, pur tuttavia rimane una forte identificazione dell’uomo rispetto alla sua professione.” (Giorgio Carnevale)
L’uomo, ancora oggi, nelle nostre società pseudo-evolute, ha forse altre scelte?
Forse negli articoli dei giornali, nei saggi e negli studi di vario livello.
Nella realtà le cose sono ben diverse. La società, tutta, e quindi anche le donne, anzi soprattutto le donne, esercitano una pressione enorme su ogni essere umano di sesso maschile. L’uomo non viene valutato per quello che è, ma per quello che fa. E se non fa è posto ai margini. Dalle donne primariamente. Una donna ha il diritto di lavorare. Un uomo no. Deve.
Personalmente ritengo sbagliata un’identificazione cosi forte con il proprio lavoro, ma non mi meraviglia più di tanto, viste le condizioni, che succeda.

  (Quota)  (Replica)

Daniele 9:30 pm - 6th Febbraio:

Segnalo questa vecchia discussione a Giorgio Carnevale, nonché due post vecchi di sei anni, scritti da un ex utente del primo forum sulla QM.
>>>>>>>
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=8306506

>>>>>>>>>>>>>>>>>>>
Anche per quanto mi riguarda, infatti, la questione del rapporto tra sesso e sentimento è contrassegnata dalla più profonda contraddizione del mondo femminile, nella sua generalità salvo eccezioni, che è, inoltre, tra le meno denunciate e le più sopportate dal genere maschile.
Mi spiego, anche se credo che sappiamo tutti di cosa si parla.
Mi pongo, fantasiosamente, nell’ottica di un extraterrestre che sbarcasse oggi con la propria astronave sul nostro pianeta per studiare e capire i comportamenti umani.
Tra le prime cose che noterebbe, essendo della più chiara evidenza visiva, ci sarebbe la profonda differenza che caratterizza la figura esteriore femminile da quella maschile. Mentre, infatti, la prima mostra il proprio corpo in tutti i modi immaginabili, richiamando l’attenzione su ogni parte delle sue forme fisiche in modi talmente insistiti da risultare quasi maniacali, il secondo gli apparirebbe del tutto estraneo a questa forma di attenzione fisica, dal momento che copre il proprio corpo quasi completamente con il vestiario e non ne fa mostra in alcun modo.
Ipotizzando, sempre con un gioco di fantasia, che l’extraterrestre scoprisse in qualche modo che uomini e donne uniscono i loro “corpi” nel gioco sessuale traendone piacere, possiamo immaginare verosimilmente che il nostro marzianetto ripartirebbe verso il suo pianeta nella salda convinzione che le donne rivolgono verso il piacere fisico, verso l’aspetto corporeo della sessualità, un’attenzione infinitamente più grande di quanto facciano gli umani di sesso maschile, vista l’abissale differenza di attenzione che uomini e donne danno al “corpo”.
Non potrebbe sapere, il nostro fantasioso personaggio, che nella realtà la situazione è esattamente rovesciata, nel senso che l’attenzione verso il piacere fine a se stesso, quello legato alla corporeità dei rapporti sessuali ed al piacere fisico, è di gran lunga una caratteristica maschile, mentre quella femminile è contraddittoriamente orientata verso aspetti incorporei ed invisibili denominati sentimenti.

Cosa significa questa storiella?
Che l’attitudine maschile a rivolgere il proprio interesse verso il corpo femminile, piuttosto che verso la sua “anima” (per utilizzare un termine caro a Giulia), è sì il risultato di una diversa inclinazione biologica alla sessualità ma, soprattutto ai giorni nostri, è anche il risultato di una costante e sistematica sollecitazione del desiderio maschile, piuttosto che degli aspetti sentimentali ai quali così spesso, invece, le donne fanno riferimento anteponendoli a quelli “fisici”.
Esattamente come Strider anch’io rivolgo la mia prevalente attenzione al sesso svincolato dalle implicazioni sentimentali, perché il giorno che la maggior parte delle donne richiamerà l’attenzione maschile verso i propri sentimenti, piuttosto che verso il proprio corpo, comincerò a prenderli in considerazione.
Sino a quel giorno non potrò che guardare al corpo femminile con desiderio, ignorando o ponendo in secondo piano, senza alcun problema, i sentimenti che contiene ed ascoltando la mia semplice istintualità senza dovermene sentire sminuito.
>>>>>>>>>>>>>>>
______________________________
>>>>>>>>>>>>>>>
Allora, come si è già detto nell’altra discussione, non si capisce per quale motivo dovrebbe esistere e proliferare, in misura tanto crescente e diffusa proprio ai nostri giorni, il fenomeno della prostituzione al quale si rivolgono milioni di uomini e non uno sparuto drappello di “sfigati”.
Ma questo è esattamente il punto: se nell’altro topic abbiamo portato argomenti di carattere “socio – culturale”, nel senso che alcuni di noi hanno cercato di mettere in luce il carattere oggettivo di questa diversità ormonale attraverso l’analisi del fenomeno prostituzione, in questa discussione è il carattere soggettivo della questione che si vorrebbe illuminare con un confronto aperto tra le differenti esperienze personali.
In altre parole, si tratta di capire cosa si intende per “donna vogliosa” o “arrapata”, per “sesso soddisfacente”, se ci sia un’effettiva coerenza di comportamento nell’andare in giro smutandata ed esserlo effettivamente anche a letto e, insomma, se tanti uomini non si ritengano soddisfatti per il solo ed unico fatto che oggi tante donne la danno molto più facilmente che in passato; bisogna anche vedere come la danno, non solo se…
Intendiamoci, nella mia variegata esperienza personale, anch’io ho incontrato tante donne che non si sono fatte alcun problema, ad esempio, a prodigarsi in generosi rapporti orali o che si siano prestate ad altri giochi di piacere assecondando le mie richieste e le mie fantasie.
Ma il problema è che io ho spesso avvertito che quella loro partecipazione era, in un certo senso, “esterna” al fatto erotico, nel senso che ciò che facevano non corrispondeva ad una loro “voglia” effettiva, bensì ad un compiacimento della mia. Il minimo che ti puoi aspettare da una donna che si mette in mostra con minigonne, perizoma, tacchi alti, scollature profonde, trucco, trasparenze e tutti gli altri strumenti di seduzione erotica che sappiamo, richiamando in modo così pronunciato l’attenzione sul proprio corpo, è che quella sia la “troia” sperata che non aspetta altro che di farsi mettere le mani addosso e di prestarsi ai giochi di piacere più sfrenati e disinibiti.
Invece, quantomeno nella mia esperienza, la stragrande maggioranza di loro si rivela, oltre che piena di inibizioni di ogni genere (…non toccarmi lì, no così no, questo non mi va, quest’altro non l’ho mai fatto etc.), soprattutto desiderose di conferme affettive e sentimentali piuttosto che di piacere fisico.
Quelle fantasie erotiche alle quali pure partecipano svolgendo il compito con diligenza priva di fantasia, non sono le loro; sono le mie. La maggior parte delle donne alle quali ho chiesto, esplicitamente, quali fossero le loro fantasie sessuali, alle quali mi sarei prestato ben volentieri per realizzarle, non mi ha semplicemente saputo rispondere perché non ne avevano.
L’unica costante è, però, il sistematico richiamo all’aspetto sentimentale; il prevalente interesse femminile, che io ho riscontrato, è verso il romanticismo della situazione, i cuoricini rosa che sbocciano tra sospiri, caldi e stretti abbracci, tante coccole, magari tra un pupazzo di pelouche e parole d’amore da ascoltare con aria trasognata.
Che questi atteggiamenti fossero del tutto legittimi e coerenti sino ad epoche ottocentesche e pre – femministe lo posso capire ed accettare senza alcun problema; che questi atteggiamenti siano materia dell’oggi mi sembra sia solo una contraddizione stridente del mondo femminile e che, oltretutto, in queste condizioni ad essere colpevolizzata e condannata sia la sessualità maschile (il famoso maskioporco) la trovo una cosa, a dir poco, aberrante.
>>>>>>>>>>>>

  (Quota)  (Replica)

Leonardo 10:32 pm - 6th Febbraio:

Rino:
Infatti siamo in queste condizioni, che il solo prendere sul serio le parole dei Risvegliati rende sospetti.
————————————
RISVEGLIATI mi piace molto, gli zombi vengono chiamati anche i “camminanti”. Si fa sempre in tempo a risvegliarsi dal coma zerbinico, ma si mette in gioco la propria carriera…

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 10:44 pm - 6th Febbraio:

Se si dice che gli UU sono in crisi perché hanno subito un complesso di mutamenti che li ha ridislocati rispetto alla loro posizione tradizionale e che questo fatto costituisce un problema da affrontare seriamente, quello di un popolo che la storia ha in parte cacciato dalla sua terra e in parte represso colà, allora ci siamo.
Se invece diciamo che questi Vinti stanno soffrendo per la perdita del potere e del dominio di cui hanno fruito per millenni, o perché non vogliono “adeguarsi” alla nuova “identità” che si pretende da loro, allora non ci siamo.
” (Rino)
Esatto, Rino. Esatto.

  (Quota)  (Replica)

armando 12:17 am - 7th Febbraio:

Ci sono già molti post sul merito dell’articolo di Carnevale e cercherò di non ripetere cose già dette da altri e da me. Per cui, detto che la precisazione di Rino sul contesto nel quale le riflessioni dell’articolo si inseriscono è fondamentale per instaurare una discussione , partirei da questa frase di Luigi Corvaglia:
“L’uomo non viene valutato per quello che è, ma per quello che fa. E se non fa è posto ai margini. Dalle donne primariamente. Una donna ha il diritto di lavorare. Un uomo no. Deve.”
E’ un dato di fatto che sia così. E, a meno di pensare tutta la storia dell’umanità come una immensa mistificazione, che sarebbe un modo di pensare simmetrico a quello femminista, a poco serve discutere se quel fatto è giusto o ingiusto. Serve molto di più cercare di capire il perchè, cosa per niente banale e ricca di conseguenze.
Secondo me quella frase di Luigi è da leggere nel senso che “femmina=natura e maschio=cultura”, ovvero anche che “la donna è, il maschio fa”.
In quanto “natura”, la donna non sente il bisogno di “fare”, piuttosto di conservare. All’opposto l’uomo, in quanto “cultura” ha inscritto il fare nel suo dna. Fare significa ovviamente trasformare, cambiare, cercare senso e direzione, cioè cultura e civiltà in perenne movimento e trasformazioni cercate, indotte, volute, e non semplicemente accettate come fatalità cosmiche quali un tsunami o un terremoto.
E’ del tutto ovvio che fra conservazione/trasformazione deve esistere dialettica ed equilibrio. Quando la cultura finisce per violentare la natura l’equilibrio si rompe. Simmetricamente, quando si insiste sulla conservazione integralistica della natura come certi movimenti ecologisti e new age (che non a caso si richiamano all’archetipo della Grande Madre), siamo in presenza di movimenti praticamente e psichicamente regressivi.
C’è un paradosso. Le “conquiste” della tecnica, in specie dell’ingegneria genetica, che sono sicuramente ascrivibili al fare maschile, ci stanno ri-portando ad uno stato psichico pre-civiltà o pre-coscienziale, quando non si conosceva la relazione fra coito e procreazione, e quindi ciò che era visibile era solo la “potenza” generatrice femminile, da cui il matriarcato psichico primigenio e la minore importanza del maschio in quell’arcaico stadio di civiltà. La scoperta della funzione maschile nella procreazione è stato un atto eminentemente culturale, la procreazione artificiale che lo rende non più necessaria riproduce pscichicamente lo stato d’origine. Non è affatto un caso o una dimenticanza o una incoerenza che i suddetti movimenti ecologisti e new age inneggianti alla Grande Madre tacciano rigorosamente sull’ingegneria genetica o addirittura l’approvino.
Lo stesso fenomeno accade rispetto ad altri campi dell’agire umano. Prendiamo ad esempio i navigatori satellitari. Finiranno con l’atrofizzare il senso dell’orientamento in cui i maschi hanno sempre eccelso, diminuendone anche in tal caso il valore, ai propri occhi e a quello della società. Voglio dire insomma che la polarizzazione del sapere negli strumenti tecnici finisce per sottrarre sapere alla gran massa delle persone, e il sapere, ancora una volta, ha a che fare con la sedimentazione culturale piuttosto che con lo stato di natura. Credo che la dialettica natura/conservazione versus cultura/trasformazione abbia a che fare anche con il rapporto con la morte. Naturalmente ci possono essere molte cause pratiche e storiche che spiegano la minor durata della vita media maschile rispetto a quella femminile. Alcune sono già state acutamente indicate e concordo con chi ha scritto che una controprova indiscutibile ci potrebbe essere solo in condizioni di vita e lavorative perfettamente identiche. Ma se l’equazioni femmina=natura=conservazione e maschio=cultura=trasformazione sono vere, o semplicemente contengono un nucleo forte di verità, allora ciò non può non riflettersi anche sul rapporto con la vita e la morte oltre i motivi sociologici. Quelle equazioni, anzi, spiegano la sociologia che apparirebbe allora come un elemento derivato, un effetto e non una causa.
Se il “fare”, il trasformare (e in un post precedente ho cercato di spiegare quanto questa vocazione ha a che fare con l’affermazione dell’identità virile) è nel dna maschile, allora l’autoconservazione non è in cima al pensiero inconscio del maschio il quale, all’opposto, per realizzare il proprio “telos” è disposto a rischiare tutto, anche la propria vita. Lo fa da giovane, in imprese eroiche e rischiose al servizio di altri o solo di se stesso, lo fa ora anche in modo abnorme (le folli corse in auto o in moto, per esempio) perchè la modernità ha abolito come sciocchezze i riti di passaggio, le iniziazioni alla virilità adulta regolate socialmente. Ed è nella stessa logica anche la considerazione che l’uomo anziano che considera esaurito il suo compito trasformativo, il suo fare, inconsciamente possa lasciarsi andare verso la morte. Considerazioni diametralmente opposte valgono per le donne (o le femmine). Ergo, la diatriba sulla maggiore o minore fragilità non ha senso. E’ un confronto improprio e fuorviante, e comunque un volere stabilire una gerarchia priva di significato, anche pensando al fatto che sesso debole e sesso forte, gerarchia che oggi si vuole rovesciare, era basata non sul parametro della durata della vita, ma sulla forza fisica e su parametri quali il coraggio, l’inclinazione al rischio, la fermezza di carattere etc. Quindi possiamo divertirci a fare e rovesciare tutte le gerarchie che vogliamo. Basta mutare il senso che attribuiamo a un termine.
E dunque non è che il maschio “ha strumenti più scarsi nei confronti della morte rispetto ad una femmina e per questo si sente “obbligato” a ostentare la propria virilità nelle forme più bizzarre e pittoresche.”
E’ vero, invece, che il maschio ha minor ansia della femmina di conservarsi ad ogni costo, mentre non riesco a cogliere il nesso fra l’aver minori strumenti di fronte alla morte con l’ “ostentazione di virilità ” .
Fosse così logica vorrebbe che il maschio dovrebbe tendere, per vivere più a lungo, a femminilizzarsi piuttosto che a “virilizzarsi”.
E poi perchè usare il termine ostentare che è sostanzialmente dispregiativo e non il semplice “mostrare”, che abbiamo visto piuttosto legato alla propria identità che, a differenza di quella femminile, deve essere appresa?
In tutto questo c’è una cosa vera che dobbiamo tenere sempre ben presente. Contrariamente alla vulgata, agli stantii luoghi comuni ripetuti come un mantra dai media, il percorso della vita maschile è più irto di ostacoli, più duro e più faticoso di quello femminile. Il maschio necessita di staccarsi dalla simbiosi con la madre per identificarsi in quanto maschio, poi, destinato com’è al fare, sottopone se stesso a prove maggiori della femmina, è più di lei soggetto al giudizio della società, più esposto al rischio di fallimento e alla emarginazione, più esposto al rischio di perdere la vita verso la quale ha un atteggiamento inconscio più “eroico” di quello della femmina. Dopo di che dire che è più “fragile” è davvero un azzardo e una forma di svalutazione di sè, nonchè di irriconoscienza sociale del suo valore e delle cose che fa. Che poi, quella di essere riconosciuto nel proprio valore, è la sola cosa che gli uomini chiedono. Gli uomini, almeno finora, non si sono mai sottratti dal fare le cose loro richieste dalla società e che hanno sempre sentite anche come proprie. Ma di questo passo finiranno per stufarsi, com’è ovvio che avvenga, e allora, scusate il termine, saranno cazzi per tutti, in primo luogo per quelle donne che tanto disprezzo ostentano (in questo caso è il termine giusto) per i valori maschili. Non ci sarà più nessuno a salvarle, ed a poco serviranno le procedure, i protocolli, le regole, le norme, le istituzioni entro le quali si tende a ingabbiare la maschilità. Questo è quanto. E dunque che significa ridefinire la propria identità? Femminilizzarsi nel senso di diventare “accettabili” o rivendicare il proprio essere maschi e combattere affinchè la virilità torni ad essere un valore?

Non posso esimermi, infine, dal dire due parole sulle scemenze di Shere Hite. La quale, come al solito e come dice Rino, dicendo una verità parziale falsifica la verità intera.
La verità parziale è la pulsione di desiderio/repulsione verso la madre. L’edipo esiste, perchè negarlo?, ma proprio il suo superamento fa di un maschio matrizzato un uomo. E per il suo superamento è, ancora una volta, necessario il distacco doloroso e forzato da quel padre patriarca e virile tanto osteggiato dalle femministe, le quali finiscono così per diventare vittime di se stesse e del rancore che nutrono per il maschile. Verità parziale anche in altro senso. Perchè esiste anche il complesso di Elettra, quantunque meno noto, che lega la figlia al padre anche con pulsioni erotiche, quantunque ovviamente mitigate dal fatto che la figlia non è stata nove mesi nel corpo del padre. E’ verità parziale, quella della Hite, perchè se esiste la tendenza di alcuni uomini ad umiliare le donne, esiste anche la tendenza femminile ad umiliare gli uomini, e sfido qualsiasi uomo a dire di non averla mai subita e qualsiasi donna a dire di non averla mai inferta o almeno pensata. L’unica differenza è sul modi di infliggerla, l’umiliazione.
armando

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 12:51 am - 7th Febbraio:

Cari amici, in modo molto diretto, mi viene chiesto di chiarire se il mio discorso vuole evidenziare cambiamenti socio-culturali che hanno comportato nel maschio mutamenti che in qualche modo hanno stravolto precedenti equilibri o al contrario se si tratta di una perdita di potere.
Nel mio scritto non parlo di potere, tanto meno di vinti o vincitori ma cerco nel mio modo e con il mio linguaggio, di affrontare un problema serio che è sotto gli occhi di tutti.
Basta andare a vedere la quantità di viagra che si consuma, anche nei giovani, per capire che stiamo parlando di un fenomeno che interessa tutti.
Credo che lo sforzo più grande che possiamo fare è avvicinarci ai nostri problemi senza necessariamente cercare un colpevole. Anche perchè, amici miei, trovare il colpevole di un’omicidio non fa resuscitare il morto.
Detto ciò mi ha fatto piacere aver letto cose utili e interessanti, mentre mi ha fatto meno piacere la voglia di categorizzarmi in qualche modo. Leggo femminista, zerbino ecc.
Aggiungo, riprendendo l’intervento di Fabrizio sulla questione degli psicologi che nelle terapie di coppia assumerebbero posizioni filo-femministe.
Francamente non so quanto sia vera questa informazione riportata dalla collega, ma personalmente penso che in una terapia di coppia non ha alcun senso prendere una posizione filo-qualcosa. Chi lo fa, sia a beneficio maschile o femminile, dovrebbe fare semplicemente un’altro mestiere. In quanto sostenere una terapia, sia di coppia sia individuale, con un presupposto maschilista o femminista che sia, è semplicemente un’assurdità.
Per quanto riguarda tutto il resto sono ben lieto di avere un confronto, ma oltre ad essere visto e ospitato con diffidenza, sarebbe interessante riuscire a parlare del problema da un punto di vista strettamente maschile.
Qualcuno ha scritto, perdonatemi se non cito, che il problema dell’erezione del maschio dipende dalla tipa che non tira.
Capiterà anche questo, ma se il nostro apparato sessuale non si attiva con le tipe che incontriamo, ciò non può che dipendere da qualcosa che sta dentro di noi, non fuori.
Per questo, penso che al di la delle tipe, sia molto più utile riuscire a capire il fenomeno dentro ognuno di noi, semplicemente per vivere meglio.
Grazie
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

Daniele 9:47 am - 7th Febbraio:

Giorgio
>>>>>>>>>>
Qualcuno ha scritto, perdonatemi se non cito, che il problema dell’erezione del maschio dipende dalla tipa che non tira.
Capiterà anche questo,
>>>>>>>>>>
Assolutamente sì. Perdonami, ma questo è un fatto scontatissimo che NESSUN psicologo-sessuologo evidenzia mai. Per esempio, io non riuscirei mai ad eccitarmi con una Rosy Bindi, mentre non avrei alcun problema con Mihaela (o Michela), la rumena 23enne fica che abita a pochi chilometri da casa mia…
Lo stesso discorso vale per qualsiasi uomo che non menta a se stesso e non segua certe dottrine “moderne” e femministe, tipo quella fantasiosa dell’ “eiaculazione precoce” (precoce rispetto a chi…?).
Quello che io seguito a chiedermi, è perché da parte dei cosiddetti esperti, ci sia questa fortissima resistenza a non voler attribuire alle femmine alcuna responsabilità di certe problematiche.
C’è poco da fare: in Italia le femmine sono un autentico tabù mediatico, di cui è assolutamente vietato “dir male”.

>>>
Giorgio
>>>>>>>>>>>>
ma se il nostro apparato sessuale non si attiva con le tipe che incontriamo, ciò non può che dipendere da qualcosa che sta dentro di noi, non fuori.
>>>>>>>>>>>>
Certo, ma credo che questi problemi esistessero anche nel 1912, ben prima della “rivoluzione sessuale” (??). L’impotenza – organica o psicologica – esiste “da sempre” e nel caso di quella organica, cialis, levitra e viagra, servono proprio a questo. Anzi, tali farmaci – a volte – possono avere un effetto placebo anche in chi ha problemi di natura psicologica.

  (Quota)  (Replica)

cesare 12:30 pm - 7th Febbraio:

“Se si dice che gli UU sono in crisi perché hanno subito un complesso di mutamenti che li ha ridislocati rispetto alla loro posizione tradizionale e che questo fatto costituisce un problema da affrontare seriamente, quello di un popolo che la storia ha in parte cacciato dalla sua terra e in parte represso colà, allora ci siamo.
Se invece diciamo che questi Vinti stanno soffrendo per la perdita del potere e del dominio di cui hanno fruito per millenni, o perché non vogliono “adeguarsi” alla nuova “identità” che si pretende da loro, allora non ci siamo.” (Rino)

E prima di ricorrere alla biologia per spiegare attitudini maschili o femminili storicamente date (come il vivere meno anni dei maschi), è meglio trovare altri criteri di spiegazione, altrimenti si finisce a pesare il cervello ( e sarebbe finita lì) o a misurare le ossa del cranio il che per i cultori delle scienze umane, psicologia compresa, è un pò paradossale (e assai ideologico).

  (Quota)  (Replica)

Leonardo 2:39 pm - 7th Febbraio:

Giorgio Carnevale
Qualcuno ha scritto, perdonatemi se non cito, che il problema dell’erezione del maschio dipende dalla tipa che non tira.
Capiterà anche questo, ma se il nostro apparato sessuale non si attiva con le tipe che incontriamo, ciò non può che dipendere da qualcosa che sta dentro di noi, non fuori.
Per questo, penso che al di la delle tipe, sia molto più utile riuscire a capire il fenomeno dentro ognuno di noi, semplicemente per vivere meglio.
Grazie
—————————————
Il fenomeno interiore è provocato dall’esterno; certo bisogna guardarsi dentro ma in rapporto con lo squallore esterno, e liberarsi dalla sopravvalutazione del femminile e tutte le falsità della società in cui si vive.
Se un uomo viene colto da ansia ( con o senza impotenza) in presenza di una donna che sembra mostrare disponibilità, è evidente che è stato trattato in un certo modo sin da piccolo da temere le donne.

  (Quota)  (Replica)

Marco 5:03 pm - 7th Febbraio:

@ Leonardo –
Se un uomo viene colto da ansia ( con o senza impotenza) in presenza di una donna che sembra mostrare disponibilità, è evidente che è stato trattato in un certo modo sin da piccolo da temere le donne.
@@@@@@
Direi che l’ansia deriva soprattutto dal fatto che fin da piccoli si viene abituati a pensare che deve essere sempre l’uomo a “soddisfare” la donna. Mai il contrario.
Di conseguenza la donna viene totalmente deresponsabilizzata e l’uomo caricato di tutte le responsabilità possibili. In questo non c’è solo una responsabilità femminile (che comunque esiste ed è predominante), ma anche maschile, dato che l’uomo medio non riesce proprio a liberarsi da tale fardello.
E’ il vecchio “machismo” di cui si è parlato più volte in questo blog, una “forma mentale” che, come hanno fatto più volte notare (giustamente) i vecchi della QM, conferisce ancora più potere alle donne.

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 5:04 pm - 7th Febbraio:

Carissimo Daniele,
provo a dire due cose sul tuo contributo perchè mi pare che evidenzi alcune questioni importanti:
1) il fatto che un uomo provi attrazione per una donna e non per un’altra, mi pare assolutamente naturale. Aggiungerei che si tratta di una sessualità non fine a se stessa, ma orientata. Ma è altro discorso dire che il problema dell’erezione maschile, dipende in generale da questo. E sin qui siamo d’accordo;
2) Sulla questione dei così detti esperti, che secondo te non attribuirebbero responsabilità alle donne, posso dirti questo.
Credo prima di tutto che un’analisi di una problematica profonda che, secondo il mio modestissimo parere è estremamente importante, serva a poco individuare il colpevole, ammesso che ci sia 1 colpevole. Faccio un esempio: poniamo che la causa di un generico disagio maschile, sia determinato dalle donne. Loro sono le responsabili. E quindi? Possiamo pensare di cambiarle tutte, una per una? No, credo che facciamo prima a capire i propri problemi e cercare dentro di noi le soluzione, rafforzandoci, cercando nuove letture delle nostre esistenze. Al contrario passeremo il nostro prezioso tempo ad accusare le donne o certe donne, o gli atteggiamenti di protezionismo verso di loro. Il tutto diventa solo uno sfogo, un modo che avrà certamente un interesse mediatico ma nella sostanza non porta da nessuna parte. Trovato il colpevole di omicidio, il morto non resuscita.
3) Non saprei dirti se cento anni fa esistesse il problema dell’erezione e più che altro non saprei dirti che dimensione aveva. So che oggi esiste questo problema che ha una diffusione enorme. e la parte organica del problema, come tu accennavi, è estremamente piccola e di facile diagnosi.
E’ una brutta “malattia”, credimi. Quando un uomo tra i 40 e i 50 si presenta nel mio studio perchè non riesce o riesce molto male a vivere la propria sessualità a causa di una disfunzione erettile, posso assicurarti che sta passando uno dei più brutti periodi della sua vita. E siccome le soluzioni spicciole sono sempre verso il viagra o affini, quindi meccaniche, io vorrei dare risposte il cui ci sia una componente grigia della nostra materia e non solo blu. Voglio dire che è un problema che va affrontato in quell’uomo, prima di tutto.
Per questo mi sono interessato a questo argomento, semplicemente perchè è un problema grosso che non può essere affrontato con una cosa piccola. Credo nella persona e nelle sue capacità di “crescita” e per questo testardamente, voglio occuparmi di queste cose smile
Grazie
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 5:18 pm - 7th Febbraio:

Sono abbastanza d’accordo sulle riflessioni di Daniele, Leonardo e forse qualcun altro relativamente al fenomeno dell’impotenza maschile. Mi sembra che nel suo articolo e nei suoi successivi interventi, Giorgio, anche se forse involontariamente, tenda ad avere un approccio un po’ troppo endogeno, cioè ad individuare le cause dell’impotenza in una sorta di problema interno maschile, quando la realtà è a mio parere molto più complessa.
Sia chiaro, anche lui mette l’accento sulla crisi della maschilità, sulla perdita di identità e lo smarrimento generale dei maschi, per le diverse ragioni che lui stesso ha evidenziato e rispetto alle quali, da una posizione critica che nello specifico mi sento di condividere in toto, Armando si è prodotto forse nel miglior intervento da quando frequenta il nostro sito (penso di pubblicare il suo post come un vero e proprio articolo).
In tutta onestà, mi sembra che nell’analisi di Giorgio, che pure si sforza (ma a mio parere non ci riesce) di mantenere una posizione “neutra”, emerga di fatto (aveva ragione Rino nel suo primo commento nel merito), una sostanziale subalternità nei confronti dell’interpretazione femminista della relazione MM/FF, anche se non dichiarata, ovviamente (non so neanche quanto e in quale misura l’autore ne sia del tutto consapevole).
Per dirla in parole molto povere, ciò che emerge tra le righe del suo intervento (che pure individua indiscutibilmente alcuni aspetti importanti della crisi della maschilità) è una sorta di incapacità maschile a riposizionarsi e a ridefinirsi rispetto ad una realtà che si sarebbe evoluta, comunque oggettivamente trasformata (su questo non c’è dubbio), e all’interno della quale i maschi arrancherebbero (e in effetti arrancano). Si dà quasi per scontato, anche se non detto esplicitamente (ma è ciò che io leggo fra le pieghe del suo intervento), che questa trasformazione sia positiva (il che è naturalmente tutto da stabilire, e ovviamente avrei molto da dire nel merito…) e che rappresenti comunque un fattore progressivo. Nello stesso tempo, conseguentemente, si dà altrettanto implicitamente per scontato che siano i maschi a rappresentare il fattore frenante rispetto al processo in atto (magari così fosse, aggiungerei io, purtroppo la situazione è ben diversa…). Insomma i maschi non gliela fanno proprio, sono sostanzialmente inadeguati e impreparati (da un certo punto di vista, ci capiamo, non c’è dubbio che la loro condizione sia questa). Questa la causa e l’origine della loro profonda crisi con tutto ciò che ne consegue (e quindi il fenomeno dell’impotenza come manifestazione evidente della crisi e della perdita di identità da parte degli uomini).
Sotto un certo profilo non c’è dubbio che le cose siano messe in questo modo. Ma come, perché, in che modo, le cose siano andate in quel dato modo, Giorgio non lo spiega. Cosa che noi facciamo, a mio modestissimo parere, anche in maniera un po’ più approfondita di quanto non faccia lui (non sto facendo una sciocca competizione, sia chiaro, è solo una constatazione inevitabilmente parziale). Mi pare che ci sia nella sua analisi una carenza strutturale nell’individuazione delle cause, sociali, culturali, economiche, politiche, storiche e anche antropologiche e un pochino anche psicologiche (non un cenno all’asimmetria sessuale fra i generi e alla conseguente condizione di dipendenza sessuale e psicologica maschile) che hanno generato i processi di cui sopra e che hanno portato all’attuale condizione maschile, che per noi è quella della subordinazione della grande maggioranza dei maschi nei confronti del genere femminile, mentre per lui è una sorta di insoddisfazione complessiva che riguarderebbe indistintamente tutti e tutte più o meno in egual misura, ma di cui la responsabilità prima è di fatto da individuare nella incapacità maschile di relazionarsi in modo adeguato al femminile. Il non detto è: un “maschile” incapace di relazionarsi ad un “femminile” di fatto più adeguato, preparato ed evoluto, per lo meno nella situazione data. Lui questo non lo dice ma a mio parere è evidente dalle sue parole. E non lo fa in cattiva fede, sia chiaro, è proprio questo a mio avviso, se vogliamo, l’aspetto più preoccupante della vicenda, e cioè il prendere atto che anche un uomo avveduto ed avvertito, un professionista della materia, abbia interiorizzato di fatto quella che è diventata l’interpretazione dominante della relazione fra i generi.
Certo lui non criminalizza gli uomini, non gli sputa addosso, come viene fatto normalmente. E questo è già qualcosa (molto), rispetto a quanto avviene quotidianamente. Si pone nei loro confronti come una specie di traghettatore (un po’ compassionevole, se devo dirla tutta, anche se in buona fede). Come a dire:”Voi maschi siete inadeguati ma non è colpa vostra, non siete cattivi, per tutta una serie di ragioni avete smarrito voi stessi, non avete più riferimenti, non avete più una vostra identità, vi aiuto io a ritrovare un baricentro”. Tradotto (e non detto):”Il mondo è andato avanti, voi siete rimasti indietro, non si può tornare al passato (su questo concordo), dovete fare in modo di riconquistare un ruolo all’interno di questa realtà che è radicalmente mutata, e rispetto alla quale le donne sono in pole position rispetto a voi. Prima lo fate e meglio è per tutti”.
E’ a questo punto evidente perché, in base a quest’analisi, il fenomeno dell’impotenza venga ricondotto interamente al maschile. Non potrebbe essere altrimenti. Non ci si interroga su quali possano essere le cause esterne (in questo c’è anche una notevole dose di deformazione professionale che ho riscontrato in tutti gli psicologi) che contribuiscono ad accentuare un fenomeno che in parte può essere senz’altro ricondotto a problematiche maschili endogene (come ha detto qualcuno l’impotenza maschile, così come la frigidità femminile, aggiungo io,ci sono sempre state ben prima dell’avvento dell’era della “liberata”), ma che in larga parte è da individuare in un processo esogeno (per quanto sia possibile separare i fattori esterni da quelli interni, è ovvio) che ha oggettivamente messo i maschi nell’angolo. Ma se i maschi sono nell’angolo vuol dire che qualcuno e qualcosa ce li hanno messi, non ci si sono ficcati da soli. Ergo, se l’impotenza può anche essere, e secondo me in parte è (ma non del tutto perché a mio parere il fenomeno è estremamente più complesso) una risposta nevrotica ad un disagio, è altrettanto evidente che la responsabilità di ciò non può essere ricondotta interamente al singolo soggetto che la vive o la subisce, ma ad una insieme di cause e concause (non solo interne al soggetto) che l’hanno determinata. E qui sarebbe interessante approfondire il discorso ma non lo faccio perché altrimenti non la finisco più (ma ci tornerò).
Gli psicologi hanno il difetto (è una deformazione professionale, come dicevo) di guardare quasi sempre e solo all’interno dell’individuo (cosa saggia, sia chiaro, chi scrive ha alle spalle un lungo percorso psicoanalitico) ma mai all’esterno. E’ un loro limite strutturale di cui ben pochi, a mio parere, hanno scienza (d’altronde tutti ci difendiamo, ciascuno come sa, anche e spesso soprattutto chi dovrebbe aiutare gli altri ad uscire dal guscio…). Puntare i riflettori anche all’esterno non significa, naturalmente, sottrarsi all’indagine del proprio io più profondo, né tanto meno venire meno alle proprie responsabilità individuali, ma solo avere la capacità di fare un’analisi compiuta e complessiva delle cose e della realtà.
In conclusione, su queste basi e con questo approccio interpretativo (ha pienamente ragione Armando, e la cosa mi preoccupa…smile ) è assai difficile pensare di poter ricostruire una rinnovata e robusta consapevolezza maschile. Partendo da questi presupposti si può tutt’al più accelerare un percorso di adeguamento del maschile ai dettami del nuovo (ormai neanche più tanto) ordine di genere.
E qui il cane torna a mordersi la coda e soprattutto alle ragioni della nostra mancata intesa (con Giorgio, intendo).
Però non c’è dubbio che il suo contributo sia stato (e spero che continui ad essere) comunque importante e ci abbia dato il modo di approfondire determinati aspetti.
Tornerò senz’altro sul tema dell’impotenza maschile e della frigidità femminile (altrettanto e forse ancor più diffusa della prima).
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 5:44 pm - 7th Febbraio:

Caro Armando,
hai scritto cose molto interessanti e con una eleganza invidiabile.
Vorrei chiarire due punti del tuo contributo:
“… E’ vero, invece, che il maschio ha minor ansia della femmina di conservarsi ad ogni costo, mentre non riesco a cogliere il nesso fra l’aver minori strumenti di fronte alla morte con l’ “ostentazione di virilità ” .
Voglio provare a spiegare cosa penso della morte e perché, secondo il mio punto di vista, il potenziale maschile è minore di quello femminile.
Un individuo, sia esso maschio o femmina, non vuole morire a parte rare eccezioni. Ma purtroppo la morte sta lì e non se ne può fare a meno. Anzi, se ci poniamo in un’ottica naturalistica, la morte serve, crea un ricambio necessario alla specie. Ma gli esseri umani, diversamente dagli altri animali, sanno di dover morire e questo, più o meno dai cinque anni in poi, è un problema enorme da gestire.
La natura, Dio o qualcun altro, ha deciso che la donna è l’individuo che, dopo aver incontrato un uomo, farà nascere un individuo, lo accudirà ecc. mentre l’uomo dovrà principalmente occuparsi del sostentamento, nelle diverse sue forme. E questa diversificazione di ruoli l’hai rappresentata in modo elegante ed efficace.
Proprio per questa differenza, credo che la donna abbia un potenziale vitale maggiore di un uomo. Non perché è più intelligente, più brava o più furba. Niente di tutto questo, perché è allenata a generare vita e lottare contro la morte più di un uomo. Che piaccia o meno è così. Un esempio. Il ciclo mestruale delle donne, come accennava Rita, è un ciclo di vita e di morte che si ripete ogni mese per una quarantina d’anni circa. L’ovulo scende dalle tube e sarà, se fecondato, una nuova vita. Altrimenti verrà perso, sarà la sua morte e verrà meno una possibile vita.

“Fosse così logica vorrebbe che il maschio dovrebbe tendere, per vivere più a lungo, a femminilizzarsi piuttosto che a “virilizzarsi”.
E poi perchè usare il termine ostentare che è sostanzialmente dispregiativo e non il semplice “mostrare”, che abbiamo visto piuttosto legato alla propria identità che, a differenza di quella femminile, deve essere appresa?”
Non credo che il problema sia come allungare l’età media del maschio e tanto meno che il maschio debba femminilizzarsi, cioè spogliarsi della propria virilità.
Ho usato il termine ostentare, perché mi pare abbastanza evidente che spesso e volentieri, un maschio ha bisogno di imporre la propria virilità. Basta osservare i numerosi falli disegnati sui muri, ovunque. Quando una persona impone un proprio attributo, cerca in tutti i modi di dimostrare di avere quella o quell’altra cosa, è proprio perché su quella cosa si sente fragile. Questo ovviamente vale anche per le donne, vale per tutti.

Per cui non credo che la soluzione sia vivere di più. Magari si potesse decidere qui. Credo che dovremmo cercare di vivere meglio cercando di trovare, raschiando il barile, qualcosa di nuovo che valorizzi il maschio nella sua autenticità.

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 5:54 pm - 7th Febbraio:

Basta andare a vedere la quantità di viagra che si consuma, anche nei giovani, per capire che stiamo parlando di un fenomeno che interessa tutti.
Credo che lo sforzo più grande che possiamo fare è avvicinarci ai nostri problemi senza necessariamente cercare un colpevole. Anche perchè, amici miei, trovare il colpevole di un’omicidio non fa resuscitare il morto
.” (Giorgio)
Perché la quantità di viagra o di cialis consumata da tutte le fasce d’età di uomini deve necessariamente rappresentare un problema?
Lo è forse l’uso della pillola per le donne?
Va beh … posta così forse non si capisce cosa voglio dire. Provo, senza alcuna sicurezza sul risultato a spiegarmi meglio.
Innanzitutto togliamo da questo discorso quella % di uomini con problemi fisiologici cui la pillola blu da incontrovertibilmente un aiuto. Fatto questo, torno a chiedere, è veramente un problema l’uso di queste pillole da parte degli uomini?
Per quanto mi riguarda, in max parte no. Magnifichiamo sempre il progresso (in questo caso in campo medico), benedicendolo perché ci offre possibilità che le generazioni precedenti non arrivavano manco a sognare. Abbiamo salutato, come conquista di civiltà la pillola anticoncezionale femminile, che pone in mano alla donna la decisione di quando e con chi procreare (ad essere sinceri, in tempi di ridefinizione di ruoli, la stessa possibilità deve essere data agli uomini. Come? Facendo ritornare nelle loro mani la decisione non sulla maternità delle donne, ma sulla loro paternità), non sognandoci, nemmeno alla lontana, che l’uso di quella pillolina implicasse turbe irrimediabili sulla psiche femminile o altro.
Orbene, ecco che quando il processo medico ci mette a disposizione una pilloletta, che nella massima parte degli uomini sani probabilmente (non lo so personalmente, non l’ho mai usata) indurrà solo un effetto placebo, liberandoli da quell’ansia di prestazione che esiste da quando esiste l’umanità, orbene dicevo, tutto questo viene presentato come un problema. E’ un problema solo nella misura in cui l’uso indiscriminato provochi danni maggiori dei benefici che induce. Ma questo è il problema di qualsiasi farmaco.
Per quanto riguarda tutto il resto sono ben lieto di avere un confronto, ma oltre ad essere visto e ospitato con diffidenza, sarebbe interessante riuscire a parlare del problema da un punto di vista strettamente maschile..”
Caro Giorgio, nessuna diffidenza, tranquillo …. certo Fabrizio doveva spiegarti per bene in che fossa di leoni ti stava scaraventando!!! 🙄

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 6:09 pm - 7th Febbraio:

Caro Fabrizio ho letto il tuo scritto e voglio citare un passaggio del tuo post precedente:
“Teniamo anche presente che i nostri avversari non accettano e non vogliono un confronto dialettico con noi preferendo di gran lunga denigrarci, insultarci, metterci alla berlina, con il fine di ridicolizzare le nostre idee (perché temono il confronto, non è presuntuoso dirlo, è così).”

Leggendo il tuo ultimo post, poco sopra, devo confessarti che è pieno di denigrazioni, insinuazioni, cose che forse non ho detto ma che tu hai capito essere quella, o quell’altra cosa.
Mi dispiace, perchè sei proprio tu il promotore della dialettica che se però si fa a colpi di vanga, cercando di scovare tra le righe e le parole significati nascosti, non è dialettica, mi dispiace.

“Il non detto è: un “maschile” incapace di relazionarsi ad un “femminile” ”

Se il tuo pensiero è questo, se hai la capacità e la voglia di comprendere i miei pensieri più intimi e anche quelli a me inconsapevoli, parliamo delle prossime vacanze.

Io non mi permetterei mai di intrufolarmi a scopo denigratorio, nelle parole di nessuno.

Questione di stile … il tuo molto femminile, peraltro.

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 6:19 pm - 7th Febbraio:

Luigi Corvaglia:
“ecco che quando il processo medico ci mette a disposizione una pilloletta, che nella massima parte degli uomini sani probabilmente (non lo so personalmente, non l’ho mai usata) indurrà solo un effetto placebo, liberandoli da quell’ansia di prestazione che esiste da quando esiste l’umanità,”
____________

Caro Luigi, a prescindere dall’ansia di prestazione che un uomo può avere, il cialis, il viagra o il levitra, potenziano realmente l’erezione.
Come ha giustamente scritto Fabio, tali pillole, in un uomo sano, hanno veramente un “effetto doping”. (*)
Certo, va sempre precisato che non agiscono sul desiderio, né sul “periodo refrattario”, tantomeno sono un “afrodisiaco”; ma resta il fatto che questi farmaci
sono a tutti gli effetti l’unica grande invenzione degli ultimi anni a favore del sesso maschile, tanto è vero che i maggiori oppositori al suo uso sono le femmine…

>>>
(*) Fonti: amici, conoscenti e me stesso.

  (Quota)  (Replica)

Enrico Fiorini 6:26 pm - 7th Febbraio:

”Una donna è attrezzata a generare vita e questa risorsa, probabilmente, la rende più coriacea, la rende sicuramente più coreacea nei confronti della morte, riuscendo a contrastarla con maggiore decisione. Questa forza non va vista solo ad un livello strettamente fisico, ma interessa inevitabilmente ogni parte del suo organismo, sia fisico sia mentale.

Torniamo ora alla domanda da cui siamo partiti: perché i maschi hanno bisogno di rappresentare a se stessi e agli altri la propria virilità?

A questo punto, dopo aver sviscerato un po’ di numeri che ci hanno dato una base di conoscenza, possiamo affermare che il maschio è maggiormente vulnerabile, ha strumenti più scarsi nei confronti della morte rispetto ad una femmina e per questo si sente “obbligato” a ostentare la propria virilità nelle forme più bizzarre e pittoresche.

Attraverso la sua virilità e l’ostentazione nel manifestarla è come se volesse affermare che può procreare e attraverso una nuova vita lottare contro la morte che su di lui esercita una pressione maggiore”

Mi dispiace dover essere contrario,perchè comunque il fatto stesso di occuparsi degli uomini è meritorio,però qui mi sembra,che anche se in forma più pacata,la q.m. qui viene letta secondo il paradigma vigente attualmente,ovvero femdominista:
ovvero sintetizzando ”il maschio è il vero sesso debole”,le femmine sono più forti.
Fragile come un maschio,recita un libro moderno scritto da una finta ”donna sensibile” non per capire le ragioni di questa fragilità,ma semmai per affermare la connaturata superiorità,del ”vero sesso forte”.
Tuttavia mi sembra che questo studio,visibile nella home del sito di Rino,smonti questo assunto,che è ciò che nel paradigma vigente viene dato per scontato,”la donna deve partorire,deve dare la vita,e quindi vive di più e più forte”.
Ma laddove le condizioni di vita,dei 2 sessi sono ”parificate” per davvero,i maschi e le femmine vivono uguale e hanno la stessa età media e mortalità.
http://www.uomini3000.it/259.htm

”Donne longeve: il merito non è dei geni
da La Stampa, 15/2/2006 (abstract)

La risposta inconfutabile alla domanda: perché gli uomini vivono meno a lungo delle donne?

Marc Luy, un sociologo dell’Univesità di Rostock che si autodefinisce «ricercatore della mortalità», l’ha trovata nei conventi, l’unico luogo al mondo dove le condizioni di vita di uomini e donne sono identiche. E identica è pure – questa sì una sorpresa – la durata della vita.

Dunque, se gli uomini vivono in media 6-8 anni meno delle coetanee, non è per i loro geni né per i loro ormoni, ma per lo stress, la cattiva nutrizione, l’abuso di fumo e di alcol, gli strapazzi. Nessuno aveva mai pensato di risolvere il problema della longevità con la statistica, andando nei cimiteri e negli archivi dei conventi.Luy non ha solo avuto l’intuizione giusta, ma è riuscito a entrare in 12 monasteri – benedettini, francescani e domenicane -, installarsi nelle loro biblioteche per risalire indietro nei secoli e annotare su un quaderno l’età e la causa della morte di 11.500 persone. Risultato: una vita di preghiera e lavoro, frugale e sempre identica a se stessa, con persone del proprio sesso e nessun contatto con il mondo esterno, è più lunga della media. Almeno per i monaci, che vivono cinque anni più dei loro coetanei, raggiungendo grossomodo l’aspettativa di vita delle donne.

…la longevità è legata allo stile di vita: rituali severi, rinuncia agli eccessi, preghiera e lavoro fino a tarda età tengono in buona salute. Le monache, invece, muoiono mediamente alla stessa età delle coetanee fuori dal convento. E il cancro le colpisce nella stessa percentuale, anche se in organi diversi. Il più diffuso è quello al seno, ulteriore prova che l’allattamento è protettivo.

Quasi sconosciuto è il cancro al collo dell’utero: la castità elimina quei virus oggi considerati la sua causa principale. Monaci e monache condividono poi una sorta di immunità contro le tipiche malattie da invecchiamento. Tra di loro la demenza senile è rara.

…la lezione è chiara: volete vivere a lungo e sani? Entrate in convento. Ovviamente da giovani. ”

Questo in sostanza sgombra il campo da ipotesi biologiciste della serie,”il maschio è più fragile”.

E lo sgombra in maniera chiara,drastica,le ipotesi biologiche,NON REGGONO.

Dunque bisogna concedere più spazio alle ipotesi ambientali,e quelle psicologiche sono anche loro,una forma di ipotesi ambientale.

Qui ci si può sbizzarrire,si può sostenere tutto e il contrario di tutto,dal momento che se si sostiene che le donne sono biologicamente più forti,si fa un affermazione scientifica,che come tale può essere falsificata,e lo è,dallo studio poc’anzi citato,se invece si propone un’interpretazione psicologica ci si mette in un cul de sac,perchè sostenere che gli uomini muoiono prima perchè hanno perso il ruolo,equivale a sostenere che la cenere è più leggera del legno perchè ha perso il flogisto.
Con questo non voglio sostenere che le ipotesi citate dal nostro amico psicologo siano sbagliate,ma più semplicemente,che,nel momento in cui proponiamo una teoria qualsiasi ”psicologica” significa affermare che non potremo mai per davvero comprendere se sia un ipotesi vera o falsa.
Non mi si fraintenda,io non voglio che la discussione prenda una piega ”scientifica”,perchè non è possibile,ma cerchiamo di essere coscienti che qui tutto è teorizzabile.
Che cos’è il ruolo?
Come si misura?
Noi viviamo di meno perchè abbiamo perso il ruolo.
Possibile,possibilissimo.
Io però avanzo una tesi parallela,che è poi la tesi di RDV,e propongo un altro termine di paragone,che mi sembra più vicino alla sensibilità qemmista,e anche se vogliamo,un pò più misurabile.
Se al posto di ruolo,che è un termine usato come grimaldello dal femminismo,noi sostituiamo il termine valore,giungiamo,a una rappresentazione della realtà che forse ha lo stesso valore epistemologico,ma perlomeno esprime la realtà in termini più concreti,e senz’altro più vicini,alla sensibilità della q.m.
Diciamo che l’uomo vive di meno,perchè ha perso VALORE.
Valore e ruolo qui sembrano sinonimi e intercambiabili,ma non è così,perchè ruolo,contiene in sè un’interpretazione della realtà femminista,mentre valore è un terrmine maschile.
Nella locandina di presentazione del sito di uomini3000 c’è scritto ”persone che non si occupano nè del potere,ne del denaro,nè dei ruoli,nè dell’identità,ma solamente del valore degli uomini e dei loro figli.”
La q.m. non è nè una questione che ha per centro il ruolo,nè il denaro nè l’identità,ma il valore,e anche se questo dipende dai fattori precedenti,nel momento in cui si pone ognuno di questi fattori al centro,al posto del valore,si perde l’essenza della qm e si fa,invariabilmente,il gioco delle femministe,che hanno costituito,come ragni,un’intricata trama di parole,come ”ruolo”,identità”,e ”potere”,per gettare la mosca uomo in una trappola,nella quale più ci si dibatte,più ci si avviluppa.
In questo senso,parlare di valore è liberatorio,taglia la trama femminista e libera la mosca uomo dal ragno femminista.
E poi,è più scientifico.
Il potere come si misura?
Il ruolo?
L’identità?
E invece il valore?
Mi si dirà:è soggettivo,forse il più soggettivo dei termini proposti:tutti sanno che Berlusconi è potente,tuttavia per alcuni è un grande presidente e statista,per altri è solo uno stronzo.
Ma in realtà,e qui esprimo una mia teoria personale,e non un opinione di uomini3000,il valore pur essendo terribilmente soggettivo,è anche terribilmente misurabile.
Perchè il valore,sapete quale strumento di misura ha?
Il denaro.
Ovviamente non pretendo di dire che tutti i valori possano essere misurati in denaro,però è anche vero che è un’unità di misura del valore,molto interessante.
Il valore è soggettivo,ma questo non vuol dire che non possa essere misurato.
Se io vedo un quadro di arte moderna,e dico che non spenderei un euro per quella schifezza,e poi la schifezza in questione viene battuta all’asta per un milione di euro,il fatto che a me questa roba faccia schifo non significa che essa diminuisce il suo prezzo.
Il prezzo è l’unica misura tangibile del valore,l’unica misurabile,e ad essa mi riferirò.
Esso è un incontro matematico,fra la curva della domanda e quella dell’offerta,ovvero è funzione della ”domanda”, ”richiesta”,del ”bisogno”,giacchè l’offerta non è variata giacchè non è variato il rapporto numerico fra i due.
Il punto della q.m. può essere sintetizzato nell’affermazione di un mio amico quando gli chiesi perchè la fidanzata lo aveva lasciato.
Egli mi rispose:perchè il mercato della figa è diverso da quello del cazzo.
Affermazione lampante e autoevidente,suscettibile di essere tacciata di volgarità,come qualsiasi altra che descriva la realtà.
Se invece di parlare di ruolo,o di potere,parliamo di valore,o meglio ancora di prezzo,il quadro creato dalle femministe svanisce e al suo posto si delinea la visione amara di una realtà diversa.
Nel medioevo argomentano le femministe,alle donne veniva imposto un certo ruolo,domestico,esse non potevano lavorare.
Anche se esistono prove che dimostrano che le donne potevano benissimo lavorare anche nel medioevo,non mi concentrerò su questo.
Il punto è un’altro:
è che il lavoro di un’uomo aveva un peso diverso da quello della donna,aveva un diverso valore,o meglio ancora un diverso prezzo.
E come si misurava questo ”dis-prezzo”,ovvero valore inferiore,prezzo inferiore?
Con la dote.
Ovvero,anche se ai contemporanei tutto ciò sembra assurdo,bisognava PAGARE un uomo per convincere a prendere con sè una donna.
Le femministe sostengono che ciò aveva radici in una cultura maschilista,ma la cultura non può essere misurata,il prezzo sì.
Aldilà delle interpretazioni,rimangono i nudi fatti:NELL’ERA PRETECNOLOGICA SE UN UN’UOMO PRENDEVA MOGLIE,VENIVA PAGATO,OGGI SE UN’UOMO VUOLE UNA MOGLIE O UNA COMPAGNA DEVE PAGARE.
Questo è frutto,secondo,la mia teoria,non tanto di una ”cultura”,ma semmai di un rapporto naturale esistente fra le cose.
Anche ammettendo un valore di verità a ciò che dicono le femministe,essso,la cultura,non è l’origine,ma il prodotto,PER DIRLA CON MARX,VISTO CHE QUESTO SITO VI SI ISPIRA,SI TRATTA DI SOVRASTRUTTURA.

Ovvero,alle femministe piace parlare di ruolo,perchè così sembra una cosa imposta,ma se anziche parlare di ruolo,parliamo di valore e di prezzo,ciò ci appare in un’altra luce.
Perchè le donne valevano di meno degli uomini,e non potevano ambire a certi ruoli?
Perchè il prezzo del maschio era superiore a quello della femmina,perchè l’uomo poteva dare alla donna,molto più di quanto lei potesse dare a lui.
Oggi,con la tecnologia, il prezzo degli uomini si è ridotto,per il semplice motivo che le donne possono dare agli uomini molto di più di quanto gli uomini possono dare alle donne.
E quindi l’inutile istituto della dote è caduto,e nella pubblicità si giunge a dire ”speriamo che sia femmina”,che è poi indice della mutata situazione.
E’ molto più difficile ”sistemare” un maschio rispetto a una femmina.
E così gli uomini sono costretti a pagare il loro dis-prezzo,la loro dote,che al giorno d’oggi si chiama mantenimento.
L’uomo conserva il suo bisogno di sesso,ma la donna non ha più bisogno come nell’era pretecnologica dell’uomo.
Con la tecnologia può mantenersi e vivere da sola,senza,no.
Se noi analizziamo la realtà in questi termini,in termini di ”mercato”,emerge un quadro di realtà chiaro che da una parte smonta le teorie femministe sul passato,giacchè non è esistito nessun ”complotto maschile per costringere le donne in casa”,e dall’altro spiega la realtà di crisi del maschio attuale,senza bisogno di ricorrere a termini come ruolo,potere o identità.
Dobbiamo accettare il nostro disvalore,e agire di conseguenza.
In questo senso,quanto scritto da Giorgio Carnevale,non è sbagliato in sè,ma posto in un paradigma sbagliato,e dunque strumentalizzabile.
Il paradigma della q.m. non è opposto è parallelo.

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 6:49 pm - 7th Febbraio:

Ti assicuro, caro Giorgio, che non volevo affatto denigrarti, ci mancherebbe altro, né fare delle insinuazioni, può darsi anche che mi sia espresso male.
Ciò che volevo dire è che secondo me la tua analisi delle cose è, a mio parere, anche se involontariamente, condizionata dall’interpretazione corrente, diciamo così, della relazione fra i generi. A mio avviso, il tuo modo di interpretare la realtà e le risposte che offri, non sono sufficienti (e sono inadeguate, per lo meno per quel poco che abbiamo avuto modo di scambiare) alla ricostruzione di una nuova e rinnovata consapevolezza maschile (beta). Non dimentichiamoci mai del “beta”, che per noi è fondamentale, mentre è ovvio che forse (ci metto il forse perché non vorrei sbagliarmi e che tu scambiassi questo per presunzione, sia chiaro…) per te questo distinguo non ha senso di essere dal momento che (e in questo caso faccio soprattutto riferimento al nostro incontro dal vivo) tu non pensi che esista una condizione di subordinazione maschile (di una parte, a nostro parere maggioritaria, della popolazione maschile) . Ci siamo divisi proprio su questo, come ricorderai, nel momento in cui tu mi criticavi di voler fare una sorta di femminismo alla rovescia, di voler aprire un conflitto con il genere femminile (che per la verità è stato già aperto, e non dai noi, molti anni fa…) che non risolverebbe nulla perché alla fin fine -questo il concetto – “siamo tutti/e sulla stessa barca”.
A mio parere (e non credo che ci sia nulla di offensivo) questa è un’analisi strutturalmente sbagliata e molto debole. Ho provato anche a spiegarti la complessità della nostra analisi che non si ferma al mero (si fa per dire) aspetto psicologico della questione, ma ha implicazioni ENORMI dal punto di vista storico, economico, sociale, nel quale ci troviamo a vivere. Ma da questo punto di vista, probabilmente dovuto a differenti rispettive formazioni, parliamo due lingue diverse. Ricordo perfettamente che tu stesso trovavi singolare che io facessi entrare la dimensione politica in questa vicenda. Ora, perdona forse un pizzico di presunzione (in questo caso probabilmente c’è), ma trovo che sia assai debole da parte tua non cogliere questo aspetto dell’intera questione (che tu ti limiti ad analizzare solo dal TUO punto di vista, quello cioè del “tecnico”, dello psicologo). Naturalmente quando parlo di dimensione politica non parlo tanto da un punto di vista politico in senso stretto (che pure ha la sua importanza a tal punto che ci siamo fatti promotori delle quote azzurre nella scuola) ma anche e soprattutto in senso concettuale, più ampio, filosofico, se vuoi. Maschile e femminile sono due polarità che vivono una oggettiva dialettica conflittuale. Conflitto significa potere, dominio, decisione. E tu mi chiedi cosa possa avere a che fare la politica in tutto ciò? Perdonami ma se così fosse (e mi pare che sia), sarebbe molto ingenuo da parte tua ed estremamente riduttivo ai fini della comprensione delle cose…
Ciò detto, può darsi che abbia utilizzato le parole sbagliate, in tal caso me ne scuso. D’altronde questi sono i limiti della comunicazione non diretta. Non mi pare però di essere stato offensivo, né supponente. Ho anzi concluso il mio commento invitandoti a restare e a dare il tuo contributo (che è molto positivo, come vedi, perché ha suscitato un notevole dibattito). Non mi pare proprio di aver parlato male di te, anzi, tu hai pubblicato il tuo articolo su face book e sono stato io stesso a chiederti l’autorizzazione a pubblicarlo su Uomini Beta. Non mi pare proprio che fossi animato da un intento denigratorio né, francamente, che il mio intervento sia stato offensivo. Tutt’altro.
Resto convinto della “debolezza” della tua analisi ma questo non significa disistima nei tuoi confronti. Sapessi quante persone che stimo a livello personale sono portatrici di analisi e interpretazioni a mio parere debolissime.
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

susy 6:58 pm - 7th Febbraio:

All’attenzione di Fabrizio Marchi… oddio quante parole vuote!!! c’è un delirio di parole!!! una vomitata di concetti, di preconcetti, di idee conpulsive… mi viene il mal di stomaco a leggere questi interventi prolissi e pieni di banalità! ok sei intellettualmente preparato hai un ricco bagaglio di vocaboli ma un concetto semplice semplice lo sai tirare fuori? il rapporto uomo-donna non è un argomento semplice da affrontare e su questo siamo d’accordo. Ci sono tipi di uomini e tipi di donne ma mi chiedo perchè dovremmo fare una graduatoria o una distinzione tra Alpha e Beta? Se ti senti Beta cerca di migliorarti e non parlo dell’aspetto esteriore ma di quello interiore. Secondo me ti farebbe bene un percorso di ricerca su te stesso per riuscire a tirare fuori aspetti da uomo Alpha e superare invece aspetti da uomo Beta…e poi guarda le donne non solo con gli occhi ma anche con la sensibilità….ok ora ho innescato una bomba lo so ma è la mia reazione dopo aver letto qua e là su questo sito! W gli uomini intelligenti, sensibili, che sanno riconoscere i propri limiti per poi superarli ed essere migliori. W gli uomini che sanno come amare una donna e come crescere intellettualmente, umanamente e passionalmente con lei…

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 7:09 pm - 7th Febbraio:

Complimenti Enrico, bella analisi.
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 7:15 pm - 7th Febbraio:

Cara Susy, non hai innescato proprio nulla perchè, per quanto mi riguarda, il tuo commento è di una tale banalità che molto difficilmente potrebbe innescare qualcosa di serio.
Sicuramente però solleticherà la vena del nostro carissimo amico nonchè satirico ufficiale, Marco Pensante. La sua risposta non tarderà.a venire smile
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Leonardo 7:26 pm - 7th Febbraio:

Diciamo la verità: se un uomo non ha l’erezione è considerato una fantozziana merdaccia! Viene deriso, nei tempi addietro ancora peggio; oggi forse se ne parla di più. La donna ha il potere assoluto, la donna deride l’uomo che si ribella alla sua condizione di stallone, se un uomo non scatta al rimorchio è un gay.
In un mondo cosi, altro che impotenza, quest sono cose che accadono sopratutto nell’adolescenza e anche prima, con il bullismo vengono vissute in modo tragico dai maschi, già indeboliti dall’educazione e delusioni varie durante l’infanzia.
Timori e paure tenuti dentro e incoffessabili che poi esplodono…
Bisogna far uscire le proprie debolezze, basta con la vergogna; la vergogna è causa ed effetto di malattia mentale.

  (Quota)  (Replica)

Marco Pensante 7:28 pm - 7th Febbraio:

Susy, sai cucinare?

  (Quota)  (Replica)

susy 7:31 pm - 7th Febbraio:

cit…..”il tuo commento è di una tale banalità che molto difficilmente potrebbe innescare qualcosa di serio”…. provo tanta pena per te Fabrizio …e sinceramente non mi sento affatto banale anzi leggendo questo forum mi sento di essere fortunata per riuscire a vedere e sentire tante cose che qui non sono per niente di casa…

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 7:34 pm - 7th Febbraio:

@ susy
Concordo con Fabrizio. Non vedo proprio cosa potresti innescare. In 13 righe hai trovato il modo di contraddirti da sola!!!

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 7:45 pm - 7th Febbraio:

“provo tanta pena per te Fabrizio…”(Susy)
Me ne farò una ragione, Susy, certo non sarà facile ma tenterò con tutte le mie forze.
Magari tornerò in analisi, chissà…

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 8:05 pm - 7th Febbraio:

Questo di seguito è un post di Damien. Per ragioni tecniche (probabilmente perchè è troppo lungo), non è riuscito a pubblicarlo autonomamente.
Mi ha chiesto di farlo in sua vece e non ho ovviamente nessun problema nel farlo, anche se è decisamente polemico nei confronti di Giorgio (e a mio parere, in alcune espressioni, un pò eccessivo), come lui stesso ammette, ma fa parte del suo stile e del suo modo di essere e di esprimersi. Mi permetto quindi di invitare anche Giorgio a relativizzare i suoi (di Damien) toni e a non esasperare il confronto. Lo stesso invito lo faccio naturalmente a Damien per il prosieguo del dibattito (a mio parere molto interessante) e a tutti.

“Fabrizio, che ti devo dire..
la politica non è il mio forte, e forse perchè di questa politica faziosa,
da salotto e buonista verso il
femminile, francamente, ne abbiamo piene le scatole, infatti hanno fatto
benissimo a rispondere successivamente
tutti gli altri.
Quindi, lo ripeto, te lo scrivo qui e se lo trovi prolisso, o magari poco
“digeribile” per il tuo amico o conoscente che sia,
sentiti libero di moderarlo e/o di non postarlo affatto.. capirò.

Inizio post.

Esimio Prof. Giorgio Carnevale, .

ha notato per caso un certo livore nel leggere il termine “maschietto”?
ecco.. allora la invito a guardarsi allo specchio.. lei, come molti, non è
solo Giorgio Carnevale, non è solo uno Psicologo.. è un UOMO.

La invito, pertanto, ad abbandonare termini prettamente nazifemdoministici
del tipo su citato, le ricordo che verso la psiche agiscono innumerevoli
fattori, molti dei quali provengono dalle parole, e lei come me ben conosce
la potenza delle parole.

Detto questo, visto che ancora non ha avuto modo di rispondere a quanto
trovo opinabile nei suoi riguardi, le pongo ulteriori obiezioni a quanto ha
successivamente escusso per perorare la sua opinione.

1) lei afferma che il 52% dei “maschi” che le ricordo, si denominano con il
loro aggettivo specifico: UOMINI, avrebbero problemi di erezione, a supporto
di tale opinione, cita lo spot e la fonte de qua. Le chiedo, nuovamente,
essendo questo un effetto, si è posto, in quanto psicologo, la
domanda:”quale sia/no la/le cause?”

Nel ricordarle che l’uomo ha provveduto ad aumentare la prospettiva di vita
(anche per le donne), tramite le sue scoperte scientifiche, elettroniche,
mediche e quant’altro mi sia dimenticato di citare, e di certo non
perpetrate da donne, egli ha provveduto a tale benessere, sembrerà strano,
principalmente per la donna, ma non verso se stesso.

Cosi mentre le donne si riscoprono regine di un mondo creato dagli uomini
nel quale vi attingono a piene mani, invece di prodigarlo di ringraziamenti,
donandogli “una fetta di paradiso” (Fabrizio, cerco di non scadere nel
volgare), hanno pensato bene di denigrarlo sin dalla piu’ tenera età,
denigrare la sua entità di uomo, la sua entità sessuale e, in età adulta, di
vessarlo in continuazione con la perenne eccitazione mai esaudita e
ricondurlo ad un essere suino per il solo motivo di avere la naturale
eccitazione, in altre parole, la donna ha deciso non solo di sposare la
mentalità del sistema, ma di distruggerlo nella sua piu’ intima entità umana
maschile. Le statistiche, esimio, le lasciamo alle maestranze femministe ben
prodighe a mascherarle alla bisogna (morti sul lavoro, il 4% sono donne
tanto per citarne una..)

2) la paternità, a differenza della maternità, non è un istinto biologico,
ma un progetto culturale ed educativo e, in una società che non ha un
progetto (o addirittura che, come progetto, ha paradossalmente proprio
quello di sterminare la maschilità), la paternità non può esistere! se a
questo aggiungiamo la scarsità di lavoro, un salario miserabile, le
aumentate richieste femminili per il solo motivo di conoscienza, le illecite
nuove norme a favore della donna, il pericolo di un divorzio sempre piu’
probabile e, spesso, strumentale, sono certo comprenderà che molti uomini
non solo hanno smesso di cercarsi una compagna in quanto non possono
permettersela, ma hanno capito che tutto rema contro una qualsiasi volontà
di equilibrio tra le parti.

3) vedo che le piacciono i “dati” e le “statistiche”, mi permetta di farle
notare anche quanto segue che, sono certo, la aiuterà a capire meglio quali
siano le altre causee (se non le principali) per cui oggi l’uomo beta,
l’uomo medio italico per intenderci, ha problemi sia relazionali che
sessuali che addirittura per la sua stessa esistenza e prospettiva futura:

Ragioni sentimentali:

è molto più facile per le donne trovare il fidanzato, perchè sono gli uomini
a dover fare il primo passo e perchè, non si sa perchè, ovunque vai sono la
minoranza (tipo 1 donna per 10 maschi)
inoltre le ragazze timide sono ben viste, a differenza dei ragazzi timidi
che son visti come sfortunati ( aborro l’epiteto sfigati, anche se questo le
dovrebbe dare l’entità del valore merceologico della.. ci siamo capiti) e
quindi lasciati a marcire da soli

Nel mondo del lavoro:

Il D.lg. 196 del 18/7/2000, entrato in vigore alla fine del 2000, prevede
che che nell’amministrazione pubblica, qualora venga promosso un uomo, il
dirigente che ha assegnato la promozione deve produrre una memoria
giustificativa. Se viene promossa una donna, invece, è esentato dal farlo.

Un bando di assunzione non può discriminare le donne, ma lo può fare
tranquillamente con gli uomini. Infatti vediamo quotidianamente bandi in cui
si assumono maestre, educatrici, cameriere, hostess, ecc. rigorosamente
donne, ma se capitasse la stessa cosa per gli uomini sarebbe reato.

Le donne vanno in pensione cinque anni prima degli uomini, anche se la loro
vita media è di cinque annni più lunga: non esiste nessun motivo realmente
valido per questo trattamento, se non di creare un privilegio femminile.
Questo ingiusto e assurdo privilegio sessista è stato condannato pure dalla
Corte Europea. Tuttavia, come una recente sentenza sempre della corte di
giustizia europea conferma, un uomo che cambia di sesso ha diritto ad andare
in pensione alla stessa età delle donne.

Esistono ovunque le commissioni per le “pari opportunità” che operano
esclusivamente al femminile, escludendo completamente i maschi dalla
possibilità di essere soggetti di eguale diritto.

Per l’assunzione di donne esistono speciali benefici fiscali (Legge 215-
1992), nonché contributi economici per sportelli e associazioni femminili.
Questo significa che una parte del denaro pubblico, invece che per il bene
del paese, è impiegato affinché una parte dei cittadini possa avare più
diritti rispetto alla restante parte.

Nei contratti di lavoro le donne sono esentate dal lavoro notturno, come da
ogni lavoro pericoloso, rischioso o usurante, e questo spiega perché il 95%
dei morti sul lavoro sono maschi.

I lavori pericolosi, rischiosi o usuranti, invece, sono solo maschili. Nelle
miniere, negli altiforni, negli impianti chimici, nei cantieri con
impalcature e in tutte le altre professioni rischiose ci sono solo uomini. O
meglio: ci sono pure le donne, ma queste ultime solo in posizioni
dirigenziali, a comandare da una comoda poltrona e a coordinare le fatiche
dei maschi che rischiano la pelle e la salute.

Gli incidenti sul lavoro, guarda caso, sono pressoché solo maschili.

Sono sempre in aumento le denunce di molestie sessuali ricevute da donne sul
lavoro al solo scopo di ricatto per fare carriera.

Esistono dei settori lavorativi in cui l’accesso ad un maschio sarebbe
praticamente impossibile, come per esempio negli asili nido, ed altri
settori dove la presenza maschile è irrilevante, come in alcuni settori
dell’istruzione. Se in qualche rarissimo ambiente lavorativo le donne sono
appena in minoranza, assistiamo a una continuazione inchieste giudiziarie,
parlamentari e giornalistiche, con nevicate di proposte di legge atte a
riequilibrare la situazione.

Anche per quanto riguarda il congedo parentale la situazione è diversa tra
uomini e donne. Questo diritto, previsto dalla legge 53/2000, non vale per
per i poliziotti padri (ma vale perfettamente per le poliziotte madri).

Per giurisprudenza costante, suffragata da continue sentenze della
Cassazione, quando una donna è senza lavoro è perchè non lo trova. Questo
significa che deve essere mantenuta. Ma se un uomo è senza lavoro è perchè
non lo cerca. E’ quindi uno sciagurato che deve essere punito, anche con la
prigione, del suo parassitismo nei confronti della società.

Nell’Esercito Italiano le donne hanno diritto di arruolarsi e di svolgere la
carriera militare fino ai gradi supremi. Ma nella Croce Rossa militare gli
uomini non possono nemmeno entrare: è riservata alle sole donne.

Nel mondo della scuola:

La scuola italiana, è un monopolio femminile. Ed essendo tale è tutta basata
su di un’educazione a misura di donna, che avvantaggia le capacità naturali
della donna e svantaggia quelle del maschio. Non è un caso che le donne
abbiano rendimenti scolastici molto superiori ai maschi, pur se nel settore
lavorativo le cose si invertono. Riporto qui sotto le statistiche dei
rapporti uomini – donne nella Pubblica Istruzione – I dati sono del 2002 e
la fonte è il MIUR:
Scuola dell’infanzia Scuola Elementare Scuola Secondaria di I grado Scuola
Secondaria di II grado
Numero Insegnanti 83626 252266 176358 234905
Femmine > 99% >95% 75% 59%
Maschi < 1% <5% 25% 41% Cominciano a comparire sempre più spesso, presso numerosi atenei italiani, dei corsi riservati ad allieve di sesso femminile. Se ci fosse anche un solo corso per soli maschi non solo sarebbe un reato, ma il rettore dovrebbe dimettersi entro 24 ore. Molte borse di studio ed altri incentivi allo studio sono riservati all'utenza femminile. Vorrei sapere in che cosa le donne siano svantaggiate nel mondo dello studio, che oggi è quasi completamente femminile, tanto da doverle incentivare. Ma tant'è. Nei finanziamenti con fondi pubblici: Regolarmente vengono banditi centinaia di corsi di qualificazione professionale per sole donne. Che questo sia una discriminazione sessuale non viene in mente a nessuno. Bandire corsi analoghi per soli uomini, invece, sarebbe reato. Ogni giorno leggiamo che con fondi europei, o italiani o regionali o comunali vengono svolte attività per sole donne. Anche in tal caso la Costituzione va a farsi benedire, ma se si tratta di assecondare le donne, cioè la maggioranza dell'elettorato, è sempre giusto e corretto. In Italia esistono diverse leggi regionali per finanziamenti a fondo perduto (cioè i soldi vengono regalati dallo Stato) a sostegno dell'imprenditoria femminile. Questo, oltre che violare la costituzione, è anche una forma di protezionismo sessista: se venissero finanziati con fondi perduti imprenditori con particolari caratteristiche personali (razza, religione, colore degli occhi) rischieremmo la guerra civile, se la discriminazione avviene in base al sesso (ovviamente femminile) questo è perfettamente corretto. Tutto questo significa che una donna, nel mondo del lavoro, ha comunque più possibilità di un uomo, avendo a suo favore leggi protezionistiche a senso unico. Come si osserverà anche per la politica, il fatto che in certi ambiti professionali e geografici le donne lavoratrici siano meno degli uomini, non vuole affatto dire che ci sia discriminazione nei loro confronti, ma semplicemente che, nella loro assoluta libertà di decidere cosa fare della propria vita, queste hanno deciso di fare altre professioni più consone ai propri desideri. In tutta Italia esistono i cosiddetti sportelli rosa, ovvero degli sportelli che offrono informazioni, servizi e corsi di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale ma si rivolgono esclusivamente ai cittadini di sesso femminile. Anche nell'aiuto a trovare lavoro la donna ha più diritti. Nella politica: Le donne, avendo una vita media superiore agli uomini, sono molto più numerose. Pertanto privilegiare il pubblico femminile e favorire con iniziative politiche e leggi il sesso femminile, è la migliore delle politiche per far salire il consenso. Questa stessa cosa accade anche a livello televisivo, informativo e giornalistico: le donne sono più numerose e quindi anche tutta la programmazione e l'orientamento politico e sociale privilegia sempre e comunque le donne e il loro gusti. Si fa un gran dire che le donne, percentualmente numerosissime nella società, sono poco rappresentate in parlamento e nella politica in genere, e questa rappresenta una delle più viete nenie del repertorio femminista. Il problema è che poche donne vogliono fare politica, e sarebbe anche ora di rispettare tale libertà di scelta. Quando qualcuna accetta di buttarsi nell'agone si trova di fronte a porte spalancate, visto che è estremamente vantaggioso per qualsiasi partito politico mostrare di avere il maggior numero di donne possibili. Pertanto le possibilità che una donna ha entrando in politica sono, proporzionalmente alle proprie capacità, molto superiori a quelle di un uomo. Un esempio per tutti: Irene Pivetti che è stata presidente della Camera (la terza carica dello Stato) a soli 31 anni. Non aveva esperienza né politica né parlamentare, numerose persone di grande capacità, prestigio ed esperienza furono scavalcate dalla sua nomina, ma aveva il pregio di essere donna e questo pregio era propagandisticamente molto superiore a qualsiasi altra qualità. E a soli 31 anni per un uomo è impossibile diventare anche solo parlamentare. Sappiamo benissimo che la Pivetti non è mai stata una cima in nessun campo e che al momento della nomina aveva un curriculum politico e perfino professionale di gran lunga inferiore a quasi qualsiasi altro collega del parlamento. Se andiamo a guardare la situazione delle donne in politica, troviamo un sacco di giovanissime che assurgono ai massimi vertici, saltando per meriti sessuali la gavetta e l'esperienza. A partire dalla celeberrima pornostar Ilona Staller, per la quale vorrei proprio sapere quali qualità abbia mai avuto per potere sedere alla Camera. Se ci limitiamo a contare i seggi femminili in parlamento vediamo che non sono molti, ma se vediamo la carriera che fanno le donne vediamo una progressione assolutamente impensabile per i colleghi uomini, i quali si debbono fare il celebre mazzo per ottenere ciò che a una donna è offerto su un piatto d'argento. Il governo norvegese ha già dichiarato che le aziende private che non hanno una quota minima del 40% di donne nel consiglio di amministrazione verranno chiuse. Le aziende avranno tempo massimo due anni per conformarsi alle disposizioni. Alla faccia della liberà di amministrazione, del libero mercato. Immaginiamoci una piccola società costituita da tre fratelli maschi: dovranno assumere a tutti i costi due femmine (con una sola non si arriva al40%) solo e unicamente per farle sedere nel consiglio. Tre maschi che lavorano debbono mantenere due femmine che passano solo a incassare la rendita di ... appartenenza al genere femminile. Che differenza c'è tra questo tipo di trattamento ed il “pizzo” mafioso? A proposito: una legge del genere è già stata presentata al parlamento italiano. In caso di separazione o divorzio: Tutti i dati di fatto dimostrano inequivocabilmente che la separazione non è la scissione di una coppia, ma è l'espulsione del maschio dal contesto domestico. L'uomo ovviamente perde tutto. La donna non perde niente, né i soldi, né i figli, né la casa, anzi: si gode tutto quello che aveva prima in esclusiva, come vedremo meglio in seguito. L'uomo separato deve mantenere la donna in maniera che essa possa mantenere lo stesso tenore di vita che teneva prima della separazione. Quando questa andrà in pensione, l'assegno di mantenimento dovrà essere rivalutato per far fronte alle sue minori entrate. Anche i figli hanno il diritto al mantenimento dello stesso tenore di vita. L'unico che non ha alcun diritto è l'uomo che si accolla il 100% dei costi materiali della separazione. Sarà forse per questo che la quasi totalità delle separazioni sono chieste da donne? Quando due coniugi si separano, la casa coniugale viene assegnata alla donna e l'uomo deve cercarsi un altro alloggio a sue spese. Se per la casa coniugale paga un mutuo, dovrà continuare a pagare tale mutuo, in aggiunta ai costi per procurarsi un alloggio proprio, pur non godendo del bene. Con i costi delle case che ci sono oggi nelle grandi città, un maschio con redditi da impiegato che si separa è condannato a rimanere senza casa (o ospite eterno dei propri genitori, se li ha ancora), mentre la donna che si separa aumenta la propria disponibilità economica aggiungendo, all'assegno di mantenimento, perfino un alloggio in comodato gratuito. Le nostre città vedono ogni anno aumentare il numero di barboni, i cosiddetti clochard. Ebbene, la categoria sociale che confluisce sempre di più verso il diventare barbone è proprio quella dei padri separati. In caso di separazione i figli sono sempre e comunque assegnati alla madre. Se questa è, puta caso, una delinquente condannata e il padre una persona onesta, i figli verranno allevati comunque dalla madre, ma in reparti speciali nelle carceri. Oppure la madre avrà gli arresti domiciliari per maternità. L'affidamento al padre non è concepibile. L'unico caso di affido al padre avviene quando la madre rifiuta i figli. E basta! I diritti della madre hanno la completa sopraffazione anche sui figli: la psicologia mondiale insiste nell'importanza che ogni bambino abbia entrambi le figure genitoriali. Ma il diritto di ogni bambino ad avere anche un padre non è mai preso in considerazione. Ogni processo di separazione è, differentemente da ogni altro tipo di contenzioso giudiziario, una squallida commedia il cui copione è già scritto. La donna vince e l'uomo perde. Sempre così. Sarà forse questo un altro ottimo motivo per spiegare il fatto che la quasi totalità delle separazioni sono chieste da donne? La sete di vendetta della donna in caso di separazione è terrificante: moltissime cause di separazione cominciano con denunce di molestie sessuali nei confronti della moglie o, peggio, nei confronti dei figli, per potere annientare l'odiato nemico uomo. Ovviamente la donna viene presa dalla legge sempre come parte debole e quindi ha aprioristicamente maggiori diritti e maggiore credibilità giudiziale dell'uomo che è spesso impossibilitato a difendersi. Ricordate la barzelletta della Barbie divorziata? Un uomo entra in un negozio di giocattoli e trova tanti modelli di Barbie che hanno tutti lo stesso prezzo, tuttavia esiste un modello, la Barbie divorziata che costa dieci volte tanto. Gli viene spiegato il perché: Barbie divorziata ha la casa, la macchina, il camper ... di Ken. Questa barzelletta riflette benissimo la situazione e fa riflettere meglio di una statistica. Negli Stati Uniti il divorzio comincia a diventare una professione: una donna con tre divorzi alle spalle ha casa e tre assegni di mantenimento, che le permettono di vivere agiatamente senza lavorare. Possiamo definire il divorzio, nelle società cosiddette avanzate, un vero e proprio lucro per la donna. Un uomo con tre divorzi alle spalle ha tre assegni mensili da pagare che lo strangolano. La cinematografia, che rispecchia abbastanza fedelmente la società a cui si rivolge, è sempre più ricca di esempi di storie di divorzio da uomini ricchi visto come affare lucroso. La separazione giudiziale (e il suo relativo addebito di colpa) è un ennesimo trionfo dell'ipocrisia: è basata sul concetto che uno ha sempre tutte le colpe (il maschio) e l'altra è la purezza assoluta della santità. Qualsiasi persona anche di poco intelletto sa benissimo che per litigare bisogna essere in due, e che, pertanto, anche la responsabilità di un fallimento matrimoniale non potrà che essere condivisa, tuttavia, quando abbiamo a che fare con le separazioni in tribunale, le colpe debbono essere tutte di uno e i meriti tutto dell'altro. E i ruoli sono già prestabiliti prima di cominciare ad esaminare la situazione concreta. Negli Stati Uniti siamo arrivati all'assurdo che un padre separato che corra incontro ai suoi figli, incontrandoli casualmente per la strada, al di fuori degli orari concordati, può essere arrestato per mancata osservanza delle sentenze del giudice. Quel padre di Marina di Altidona (AP) che nel 2003 balzò agli onori della cronaca per aver salvato la figlioletta dalla madre assassina che cercava di ucciderla è stato privato della genitorialità e sua figlia è stata data in affido dal Tribunale dei Minori. C'è ancora qualcuno che possa ragionevolmente sostenere che un padre è un essere umano che ha dei diritti? L'ex moglie, in caso di separazione ha un numero enorme di diritti economici. Quando l'ex marito va in pensione, lei ha diritto al 40% del TFR (calcolato sull'indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è concorso con il matrimonio). Quando, invece, va in pensione lei, ha diritto ad un'integrazione dell'assegno di mantenimento che deve compensare le sue minori entrate. Davanti alla legge e ai diritti primari: Giunge dalla Svezia una notizia raccapricciante e perversa: si fa pagare ai maschi appena nati la tassa per essere nati maschi, ovvero la cauzione per i futuri danni arrecati alla comunità. Questo implica che un maschio è a priori un danno per la collettività. Questa è la porta aperta verso il nuovo nazismo femminista, o, come viene oggi chiamato, verso il nazifemminismo. Questa tassa non è una pura bizzarria della Svezia: l'introduzione di un balzello analogo è stata presentata anche al parlamento spagnolo. È stata presentata in tre paesi dell'Unione Europea (Germania, Austria e Italia) una proposta di legge per consentire ai figli minorenni di votare. Tuttavia, la proposta sancisce che debbono essere le madri a farlo per loro, in quanto, secondo gli estensori della proposta (in Italia sono le ACLI), i pargoli sono in grado sì di esprimere un'opinione politica, ma non sono in grado di segnare una crocetta sulla scheda. Se venisse approvata questa legge le madri godrebbero perfino della moltiplicazione dei voti, un potere assoluto al sesso femminile che permetterebbe di colpo la più totale e immediata prevaricazione di ogni residuo diritto maschile, qualora questa non fosse già stata completata. Mentre gli uomini hanno sempre avuto fino a poco tempo addietro l'obbligo della leva, perdendo anni preziosi per lo studio e per la ricerca del lavoro, e talvolta perdendo pure la pelle, per compiacere ai desideri di pochissime aspiranti soldatesse lo Stato ha dovuto attrezzarsi per il servizio militare femminile, con alti costi per la collettività, affinché le ragazze possano divertirsi. Dico divertirsi perché le donne sono esentate dalla prima linea, da missioni e da qualsiasi intervento rischioso, sono inquadrate in reparti speciali per evitare il nonnismo e, che strano, sono ipertutelate. Solo i maschi debbono rischiare la pelle, le ragazze, invece, vanno in vacanza a divertirsi con la divisa e il fucile. Senza contare che i maschi sono sempre stati costretti a fare il militare, le femmine lo possono fare per libera scelta. La nuova legge europea sulla violenza sessuale inverte i principi basilari del diritto: se finora i cittadini sono considerati innocenti fino alla prova della colpevolezza (presunzione di innocenza),qualora si tratti di maschi e il reato contestato sia la violenza sessuale, sono considerati colpevoli fino a prova contraria. Anche se è dimostrato che oltre 40% delle denunce sono false. Le pene previste dal Codice per l'infanticidio sono sproporzionatamente diverse se l'autore è la madre (dai 4 ai 12 anni di carcere) o il padre (a partire dai 21). Tuttavia, gli infanticidi e figlicidi da madre restano di fatto impuniti, infatti la totale incapacità di intendere e volere è data alle madri nell'83% dei casi e la parziale nel 17% circa. Ciò implica, come naturale conseguenza, che, nella relazione con la madre, il neonato o il bambino non sono di fatto esseri umani e soggetti di diritti. Il feto sappiamo che non lo è per legge. La madre è diventata colei che ha sempre il diritto di vita e di morte sui figli. Eppure nessuno inorridisce di fronte a questo potere assoluto di vita e di morte, che in uno stato di diritto non dovrebbe avere possibilità di cittadinanza. Per conseguenza su quanto detto in precedenza, se si va a rileggere la cronaca, praticamente tutte le madri che hanno ucciso i loro figli, nel mondo occidentale, sono state assolte anche se hanno commesso delitti raccapriccianti, perfino Deanna Laney, 39 anni, che nel Texas uccise i suoi figli mediante la lapidazione, o la donna di Varese che lanciò i suoi due bambini in un lago ghiacciato, o Loretta Zen, che mise la figlia di otto mesi in lavatrice, o quella che lanciò i suoi figli dalla finestra. Voglio ricordare un dato agghiacciante: in Italia ogni tre giorni una madre uccide un figlio, ma generalmente non se ne parla, perché non bisogna scalfire la fragile psiche di queste povere donne. Ma la mostruosità giuridica è che le madri assassine sono sempre assolte; «Ha ucciso il figlio per troppo amore mal direzionato» recitano le sentenze, che più che verdetti giudiziari, stanno assomigliando a trattati di psicanalisi. La violenza antimaschile anche quando è estrema, diventa immediatamente scusabile. Lorena Bobbit, la donna che a freddo recise a coltellate il pene del consorte mentre dormiva e poi scappò in macchina lanciando l'organo dal finestrino, fu assolta! La sentenza stabilì che l'eccessiva crudeltà del gesto, che finora era sempre stata un'aggravante, in tal caso era elemento di assoluzione in quanto una simile efferatezza doveva derivare da chissà mai quali sofferenze subite. In seguito la Bobbit è diventata un personaggio richiestissimo da televisioni e rotocalchi. Vogliamo scommettere che se fosse stato un uomo a mutilare i genitali della sua donna nessuno avrebbe mai detto: “poverino, chissà come deve avere sofferto per arrivare a tanto!”? Questa impunità, poi, ha creato un processo perverso di emulazione. Sono già numerosi in tutto il mondo i casi di recisione dei genitali maschili da parte di donne inneggianti a Lorena Bobbit. Esistono numerose campagne e fondi per la prevenzione della salute femminile, che sappiamo, da statistiche certe, essere molto più solida di quella maschile. Ma per la salute maschile cosa viene fatto? Eppure la salute maschile è molto più delicata di quella femminile, come ci dicono tutte le statistiche e i dati epidemiologici. 20 dicembre 2006 Nasce la Carta dei diritti delle vittime di violenza sessuale, ddl messo a punto dal ministro Pollastrini con i colleghi di Giustizia e Famiglia. Gli 'atti persecutori' (molestie e minacce che condizionano la vita della vittima) diventano un reato e sono sanzionate, è vietato presentare nella pubblicità l'immagine della donna in modo discriminatorio o vessatorio, saranno sanzionate le discriminazioni sessuali, religiose o razziali. E l'immagine dell'uomo? Può essere denigrata, offesa e infamata in ogni modo. Grazie per le pari opportunità Nel trattamento fiscale: Nella Finanziaria 2007 è presente un articolo che stabilisce che soltanto il genitore affidatario ha diritto alle detrazioni per i figli minori. L’altro genitore, ovviamente, non è affatto esentato da mantenimento, anzi, il solo ritardo dell’assegno è già reato penale, ma viene scippato pure di quella misera detrazione a fronte di soldi da lui effettivamente pagati. E, visto che la quasi totalità dei minori è affidata alle madri, sappiamo benissimo chi viene discriminato da questa disposizione. Nel settore commerciale dei beni e dei servizi: Perfino quando si tratta di acquistare beni e servizi le donne molto spesso sono avvantaggiate sugli uomini. Per esempio l'ingresso alle discoteche è gratuito o comunque ridotto, in molti locali esistono prezzi inferiori per le donne, lo stesso dicasi per alcuni corsi e alcune palestre, perfino all'Idroscalo di Milano l'ingresso per uomini e donne ha prezzo diverso. Pensate cosa succederebbe se fossero le donne a pagare di più ... Le donne, è risaputo, pagano di meno le assicurazioni auto perché commettono meno incidenti e la loro guida è più sicura. Il fatto che paghino meno è vero, ma la seconda parte è un falso clamoroso. Chiunque abbia osservato molte donne guidare sa benissimo che, mediamente, guidano molto peggio dei maschi. Solo che le donne guidano molto meno, anche perché lo fanno malvolentieri e se possono si fanno scarrozzare dagli uomini. E' chiaro che se un maschio guida per 1000 ore l'anno e una femmina guida per 30 ore chi ha maggiore probabilità di fare incidenti è chi guida di più. Ma la retorica femminista si è appropriata anche del senso comune per inventarsi una fantomantica guida più sicura delle donne. Interessante anche l'offerta energia rosa, ovvero energia elettrica a costi minori per le imprenditrici donne... Per concludere, esimio Giorgio Carnevale, le suggerisco di attenersi alle causee reali e di bandire dalla ragione la retorica femminista, solo allora, sono certo, potrà capire che siamo in guerra.. e gli unici in trincea sono gli uomini, con poche pallottole.. di certo non desideriamo pertanto franchi tiratori..ma UOMINI che si sveglino e diano un fattivo contributo per riequilibrare le sorti degli UOMINI nel sociale. cordiali saluti.

  (Quota)  (Replica)

Rita 8:07 pm - 7th Febbraio:

volevo fare una domanda “tecnica” a Giorgio Carnevale.
Anzi due va.. la prima è: come mai le donne si ammalano di più di malattie di tipo autoimmune? Cioè, tento di spiegarmi meglio, io ho avuto l’impressione che in certi passaggi fornisse una specie di spiegazione olistica: se gli uomini vivono di meno o hanno problemi fisici (anche di natura sessuale ma non solo) è una sorta di problema interno alla loro mente che influisce sul fisico e quindi anche sulla loro probabilità di aspettativa di vita. Sono più fragili e meno attrezzati, hanno perso il loro ruolo, sono inibiti dal punto di vista della procreazione etc. etc. ma allora perchè il fatto che il sistema immunitario femminile impazzisca statisticamente di più rispetto a quello maschile non puo’ essere interpretato come un sintomo di disagio interno femminile. A cosa non lo so… alla nuova immagine che si sono date, che viene imposta dal mainstream, boh, non lo so, ma una spiegazione ci sarà anche in questo caso?

  (Quota)  (Replica)

Rita 8:13 pm - 7th Febbraio:

e mi sono persa la seconda nella fretta, chiedo venia: la seconda riguarda la più alta mortalità infantile maschile rispetto a quella femminile, dato che avevo già sentito da qualche parte. Il dr. Carnevale mi pare dica che sempre gli uomini muoiono prima tranne quando superano gli ottant’anni. Allora sembrerebbero più coriacei gli uomini (pochi vabbè) rimasti rispetto alle donne. E’ così? E se è così non potrebbe essere una specie di selezione naturale? Ricordo un vecchio utente del forum della QM che una volta ipotizzò che in termini strettamente biologici il maschio rappresentava la qualità e la femmina la quantità. Insomma, la conferma biologica della maggior “alfità” maschile rispetto a quella femminile.
Oppure in subordine, confermerebbe la teoria della maggiore usura maschile a discapito della fragilità: come a dire, quelli che riescono a sopravvivere si dimostrano più forti altro che più fragili

  (Quota)  (Replica)

Rita 8:47 pm - 7th Febbraio:

@Susy.. mi ricordi qualcuna… :-s ho come un deja vu… o come caspita si dice.

ah .. ecco ci sono: una delle prime “presentazioni” sul forum tematico della QM che lessi moooolto tempo fa.. per me U-G-U-A-L-I. ! Stesso stile, stessi argomenti.

http://questionemaschile.forumfree.it/?t=19028043

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 8:48 pm - 7th Febbraio:

susy:

“W gli uomini intelligenti, sensibili, che sanno riconoscere i propri limiti per poi superarli ed essere migliori. W gli uomini che sanno come amare una donna e come crescere intellettualmente, umanamente e passionalmente con lei…”
>>>>
Peccato che, nei fatti, a tantissime femmine della specie umana freghi poco o niente “degli uomini intelligenti, sensibili, che sanno riconoscere i propri limiti per poi superarli ed essere migliori”.
Saluti.
>>>
P.S. Certi discorsi valgono anche a rovescio oppure sono unidirezionali? Così, tanto per sapere.

  (Quota)  (Replica)

Rino 9:01 pm - 7th Febbraio:

@ Enrico:
>>
l gioco delle femministe,che hanno costituito,come ragni,un’intricata trama di parole,come ”ruolo”,identità”,e ”potere”,per gettare la mosca uomo in una trappola,nella quale più ci si dibatte,più ci si avviluppa.* In questo senso, parlare di valore è liberatorio,taglia la trama femminista e libera la mosca uomo dal ragno femminista.
>>
Perfettamente perfetto.

@ Giorgio

Resta qui. Osserva quanti interventi di qualità il tuo ha suscitato. Inoltre quel che si apprende con la frequentazione delle bacheche del movimento maschile non lo si può imparare in nessuna Lectio Magistralis di alcun psicologo-filosofo. Dove trovi qualcosa di paragonabile?

@ Susy

Fantastica.
“W gli uomini intelligenti, sensibili, che sanno riconoscere i propri limiti per poi superarli ed essere migliori . W gli uomini che sanno come amare una donna e come crescere intellettualmente, umanamente e passionalmente con lei… ”

Sei capitata su uno spazio occupato da mentecatti, insensibili, gretti, meschini, presuntuosi. Più tutto il resto che, gentilmente, ci hai risparmiato. Un branco di bruti.
Per fortuna siamo pochi.

@ Luigi

…dunque sono semplici comandi html. E io che pensavo a roba da iniziati. Grazie.

@ tutti

Chapeau!

RDV

  (Quota)  (Replica)

Enrico Fiorini 9:31 pm - 7th Febbraio:

X Susy
Hai ragione,siamo degli insensibili,che non capiamo quella meravigliosa creatura che è la donna,e le nostre parole sono così vuote,quando dovrebbero intonare le note di un canto sublime dedicato a lei,ed essere piene di elogio.
Visto che sei una donna voglio omaggiarti con un’aforisma di Oscar Wilde.
Le donne non si capiscono,si amano.
Anche perchè se le capisci,difficilmente le ami.
Aggiungo io.
E lui infatti,che le capiva sicuramente meglio di noi,non ci andava assieme tanto volentieri.
Meglio essere gay.

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 11:10 pm - 7th Febbraio:

Carissimo Enrico,
hai scritto un sacco di cose interessanti e stimolanti.
Provo, nel mio piccolo, a raccogliere alcuni tuoi suggerimenti e rifletto.
La ricerca che hai citato è molto interessante, perché ci permette di dire che a boccie ferme, isolando in modo ossessivo le parti istintuali, gli atteggiamenti compulsivi ecc, uomini e donne sul piano dell’età media sono alla pari.
Ma la realtà della vita non è un convento, anzi la vita che si consuma in un convento è una non vita, semplicemente perché non c’è sessualità e siccome la sessualità serve in primis per procreare, è una realtà antibiotica, cioè contro la vita. Se tutti vivessimo in un convento rispettando diligentemente le sue regole, ci estingueremmo nel giro di un centinaio di anni.
Quindi penso che le variabili nella vita reale siano infinite, sia biologiche sia ambientali. Sto cercando di isolare alcune di queste variabili e affermo che nella nostra realtà di primo mondo, in considerazione dei cambiamenti avvenuti negli ultimi cento anni, il maschio si è indebolito. Ma la fragilità che tu contesti, o meglio attribuisci a stili di vita ecc, purtroppo non regge. Il problema non è tanto e solo che gli uomini muoiono prima, ma muoiono, fin dalla nascita sempre di più delle donne. Anche io avvicinandomi a queste problematiche inizialmente pensavo agli stili di vita ecc, ma purtroppo ho scoperto, con mia enorme sorpresa, che i maschi muoiono a qualsiasi età più delle donne. (Se hai 2 minuti dai un’occhiata a questa tavola, capirai meglio da dove sono partito: http://www.facebook.com/photo.php?fbid=10150528227021906&set=pu.208512021905&type=1&theater)

Ho usato e uso la parola ruolo, semplicemente perché si usa dire ruolo professionale, ruolo genitoriale, ecc. Il fatto che il movimento femminista abusi di questo termine, penso sia irrilevante, almeno per me. Se qualcuno trasforma una parola che è un concetto, in un concetto a suo piacimento, non vedo perché io o tu, dobbiamo cambiare linguaggio.

Sulla presunta scientificità del mio contributo sono d’accordo con te. In materie che riguardano le scienze sociali in genere, la scientificità delle ipotesi è un fatto relativo.
Ma essendo uno Psicologo e interessandomi di come uomini e donne funzionano, faccio le mie ricerche e riflessioni, che non hanno l’obbiettivo di essere onnicomprensive, ma semplicemente delle osservazioni seguite da riflessioni.
Per questo, vorrei fosse chiaro a tutti, che il mio contributo non vuole spiegare tutto, ma semplicemente aspetti psicologici e sociali di un determinato fenomeno.
Vi sono sicuramente altri fattori, come quelli economici, politici, ecc, ma io mi interesso di altre cose. Questo non significa che le mie siano meglio o peggio delle altre ipotesi, sono semplicemente il mio ambito e i miei interessi che possono tranquillamente convivere con altre tesi. Ognuna è un tassello che metterà a fuoco questo o quell’altro aspetto.
Ti ringrazio molto degli spunti che mi hai dato.
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

mauro recher 11:12 pm - 7th Febbraio:

diceva Zeman …
“c’è chi inizia ad allenare a San Siro chi invece sui campi in terra battuta del Licata (parlava di lui e Fabio Capello)”
capirai Susy ,anche se non sei calciofila (cosi i difetti di questo sito ,vengono fuori tutti smile ) ,che c’è una bella differenza ,di solito si cerca e si da spazio a chi allena a San Siro ,ma magari chi allena il Licata ha idee molto più valide di quello che allena a San Siro …
quello che voglio dire è che sarebbe facile saltare sul carro dei vincitori e andare a predicare il politically correct …e prendersi tutti i complimenti del caso ,ma ci sono delle cose che non ci convincono. Che il femminismo abbia una ideologia molto lontana dall’ essere “di sinistra” come spesso e sovente decanta. Scrivo cosi perchè vado spesso a fare visita a siti “femministi” e francamente ,e lo dico con tutta onestà. mi sembra un maschilismo “mascherato” e una cultura di destra ,per farla breve sembra di entrare in un covo di Leghisti ,solo che invece di avercela con il meridionale o con il “negher” c’è l’hanno con gli uomini.
Finisco con un esempio. Ho visto la foto di Stefano Ciccone ,che è il presidente di Maschile Plurale. Sotto mucchio di commenti del tipo “bel tenebroso ” e cose simili ,lungi da me fare confronti di bellezza, (non ne sarei in grado) ,però credo che i commenti sarebbero stati diversi se solo si fosse azzardato a dire qualcosa di critico verso il mondo femminile (sfigato ,cesso ecc ecc ,si sarebbero sprecati) cose che noi ,nel sito e io medesimo ,conosciamo molto bene. Eppure basterebbe allenare San Siro ma ,qualche volta, dà soddisfazione anche allenare il Licata ,anche se la terra battuta sporca …

  (Quota)  (Replica)

susy 11:19 pm - 7th Febbraio:

mha….sento astio, prevenzione, rabbiosità, falso vittimismo…odio per le donne…quelle che non vi degnano di considerazione…per fortuna siete una minoranza….le donne con la D maiuscola vi spaventano e fate come la volpe e l’uva….mettendoci un pò di vittimismo….un bell’esempio di emancipazione maschile…io sono una donna e sentire le vostre pulsioni di disprezzo non mi fa stare bene…

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 11:28 pm - 7th Febbraio:

Carissimo Damien,
ho letto con molta difficoltà il tuo post. Avevo letto anche il precedente ma ho qualche difficoltà a rispondere. Ti spiego perchè.
Io sono un uomo piuttosto normale, con le sue sofferenze, sia in materia personale sia relazionale.
Quindi non mi sento ne un gradino sopra, ne sotto a nessuno.
Sono pensante e mi piace approfondire le mie curiosità e le cose che riguardano il mio ambito lavorativo. Lo faccio con uno spirito avventuroso e senza appartenenze ideologiche.
Quindi sono piuttosto irritato quando un mio discutibile pensiero, che sottolineo nasce e si alimenta da incontri quotidiani con uomini e con donne che vivono varie forme di disagio, viene classificato come nazifemdoministico, così come mi irrita un tono sprezzante e svalutante rispetto al mio contributo, rispetto alla mia persona e alla mia professione..
Nel tuo scritto, tra un insulto, una critica, una polemica ecc, ci sono delle cose interessanti, ma affogate in altre che con la dialettica centrano poco.
Per questo, mi scuso, ma non entrerò nel merito al tuo contributo e nel groviglio di accuse e denigrazioni che provocatoriamente proponi.
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 11:48 pm - 7th Febbraio:

@ susy
Ecco, adesso ti sei persino superata ….
Mai viste in 4 righe 4 un insieme tale di castronerie, stereotipi e piagnistei.
Complimenti. Se ti applichi (condensando il tutto in 140 caratteri) sei pronta per Twitter.
Un consiglio: a meno che non te l’abbia ordinato il medico vola in quei meravigliosi siti o forum di cui parlavi. Lasciaci affondare nella nostra m…a.

p.s.: mi scuso con tutti/e gli altri/e, ma quando ci vuole, ci vuole.

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 11:50 pm - 7th Febbraio:

“mha….sento astio, prevenzione, rabbiosità, falso vittimismo…odio per le donne…quelle che non vi degnano di considerazione…per fortuna siete una minoranza….le donne con la D maiuscola vi spaventano e fate come la volpe e l’uva….mettendoci un pò di vittimismo….un bell’esempio di emancipazione maschile…io sono una donna e sentire le vostre pulsioni di disprezzo non mi fa stare bene…” (Susy)
Trovo che questo commento sia straordinario, addirittura perfetto nel suo genere.
Una volta, ormai diversi anni orsono, Carmelo Bene fu invitato da Alba Parietti come ospite nella sua trasmissione, di cui non ricordo il titolo, una delle tante boiate che propinano alla gente in prima serata (ricordo di aver già citato questo episodio proprio in seguito ad un intervento in tutto e per tutto simile a quello della nostra Susy).
Ad un certo punto la Parietti chiese a Bene cosa pensasse della sua trasmissione. Bene la guardò per qualche secondo, dopo di che abbozzò un sorriso e pronunciò le testuali parole:”Cara Alba, il tuo programma è talmente idiota da essere perfetto”.
So che te la prenderai (o al contrario farai finta di non prendertela), cara Susy, ma non riesco a dire altro. Da queste parti tutti sanno, come ho ripetuto più volte, che non vesto i panni del moderatore tradizionale e dico sempre ciò che penso.
D’altronde se questa libertà l’hai tu, è giusto che l’abbia anche io smile
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 11:56 pm - 7th Febbraio:

Che noia con questa storia della donna con D maiuscola…
Oh, dico, clonate come Alien…

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 12:01 am - 8th Febbraio:

Carissima Rita,
la tua prima domanda è molto interessante, ma purtroppo mi coglie impreparato. Non sapevo di una peculiarità del sistema immunitario femminile.
Quello che posso dirti, sempre percorrendo il solco della mia teoria, è che i cambiamenti che ci sono stati negli ultimi cento anni, più o meno, hanno portato la donna ad una esposizione sociale maggiore. Mi spiego meglio. Il fatto che ci sia stato un crollo della mortalità infantile, orientativamente intorno agli anni cinquanta, ha comportato per la donna una sorta di liberazione dagli “obblighi” procreativi. Prima in una famiglia per avere due figli, se ne dovevano fare più del doppio. Tieni conto che all’inizio del XIX secolo un quarto dei nati era destinato a soccombere nel primo anno di vita e non più della metà raggiungeva l’età della pubertà.
Così la donna ha conosciuto la “libertà”, non dal maschio oppressore e oppressivo come spesso si dice, ma semplicemente dall’obbligo procreativo che non dipende ne dai maschi ne dalle femmine, ma dalla specie tutta.
Conseguenza di ciò, la donna entra nella società economica, politica e professionale, ma lo fa con poche protezioni, con pochi anticorpi. Per questo, penso, ancora oggi, forse oggi più di prima, c’è questo atteggiamento protezionista dell’uomo e della società in genere, nei suoi confronti. Il problema è che questo protezionismo, ampiamente contestato nei vari post, inizia ad essere insostenibile.
Tanto per farti un esempio. Oggi una donna, se pur a fatica, può tranquillamente lavorare e crescere i figli, anche perché sono molti gli uomini che si occupano della prole rispetto a prima. Ma nonostante questo sono molte le donne che dichiarano: “Ho smesso di lavorare con il primo figlio, ma non ho più preso in considerazione riprenderlo perché mio marito ha un buon lavoro e un buono stipendio.”
Un’affermazione del genere che, credimi, è molto comune nel famoso ceto medio, urta contro tutto quello che il movimento femminista a proclamato fin dai suoi albori. Stesso discorso vale per le quote rosa e per tutte quelle forme di tutela, che oggi sono spesso insostenibili.
Ovviamente ci sono donne che si rimboccano le maniche e vanno per la loro strada, ma questo bisogno di protezionismo è una realtà, forse proprio perché il suo sistema immunitario sia biologico sia psicologico ha bisogno ancora di rafforzarsi.
Questa potrebbe essere una spiegazione un po’ sommaria perché nasce come riflessione al tuo intervento.
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

susy 12:02 am - 8th Febbraio:

si certo esprimiamoci pure in libertà! ognuno mette sul tavolo il proprio se e la propria presunzione di sapere…tu per esempio sai per certo quello che sono io e che penso e addirittura sai che faccio finta di non prendermela….wow non sai chi sono, e sai tutte queste cose di me! sei un vero genio! mi dispiace ma non sono l’Alba Parietti di turno ma se vuoi vedermi così, se ti fa piacere fai pure hai la libetà di farlo….mi fa pensare che tra tanti paragoni hai scelto proprio lei….e adesso dimmi che non c’è un disprezzo pulsionale verso l’immagine femminile. Non mi conosci ma fidati se ti che non sono come pensi tu…e non disprezzo gli uomini come esseri “diversi” da me (in quanto genere) ma uguali in quanto umani.

  (Quota)  (Replica)

Damien 12:15 am - 8th Febbraio:

piu’ leggo gli interventi di questi borg (suzy) e di questi ometti zerbino (lo Psicologo) e più mi convinco che la mia tesi è reale…

Suzy, come lo Psicologo, sono qui per quali motivazioni?

suzy viene qui, senza leggere il sito, gli articoli, gli editoriali, i numerosi post dove certamente avrebbe modo di soddisfare la sua falsa curiosità, per il semplice motivo di vedere “soddisfatti” tutti i modus operandi che gli uomini DEVONO alla regina Vulva X, senza ovviamente non descriverne le modalità, mi pare chiaro.. ora Fabrizio.. capisci meglio il concetto di borg vero? queste le fanno in serie!

Lo Psicologo? entra qui e propone un gioco raffinato, dall’alto della sua sapienza professionale, si aroga il diritto di imporre le regole del gioco:
1) pongo il tema di trattazione
2) le regole le decido io e sono:
-a restare attinenti alla domanda
-b chi cerca di deviare dalla domanda, anche se a ragione, dirottando il discorso su altri temi, deve essere ignorato (anche se in altri temi potrebbe esserci la risposta richiesta)
-c le metodiche delle risposte devono soddisfare determinati criteri, pena: ignorarle del tutto.

..Ora.. ma se invece di chiamarsi Giorgio, fosse Laura.. non sarebbe visto il tutto come un ulteriore presenza femminista che abbiamo avuto modo di ospitare in precedenza su questo sito? le metodiche sono le stesse.. le richieste pure..

Avrebbe senso, per esempio, dirottare l’attenzione ulteriormente di Giorgio sul fatto che da molto tempo ormai gli uomini sono vittime del bisfenolo A (http://it.wikipedia.org/wiki/Bisfenolo_A ) un composto estrogenico artificiale ampiamente usato nella plastica per i contenitori alimentari, per i biberon, per i giocattoli dei bambini ed addirittura, presente nel rossetto, colpevole sia della mortalità che dell’impotenza maschile? e che La Commissione europea ha deciso di vietarlo SOLO dal marzo 2011?(http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2010/11/26/news/biberon_l_ue_bandisce_il_bisfenolo_a-9541428/)

Lo sa questo lo Psicologo che non accetta obiezioni e un dibattito serio?

La sua sterile domanda è tesa, a mio parere, a vertere esclusivamente verso il suo sentiero logico, anzichè aprirsi alle verità che non vuole non solo confutare, ma neanche pensare che siano concretamente possibili, esattamente come descrissi tempo fa; quando un “ometto zerbino” fa sua la fede femdominista, la riconversione risulta ardua, se non addirittura inefficace.

E’ il mio terzo intervento, ed il Sig. Giorgio, Psicologo, ha pensato bene di ignorarmi.. ebbene.. userò il suo stesso metro di misura terminando qui ogni mia ulteriore volontà di contribuire a questo articolo fazioso, deviante, sterile e femdominista.

  (Quota)  (Replica)

armando 12:20 am - 8th Febbraio:

Sul concetto che non è tanto importante vivere per chissà quanto tempo ma vivere bene il tempo che ci è dato vivere, sono del tutto d’accordo. A me tutto questo entusiasmo per la prospettiva di vivere 120 anni non convince per nulla. Uno dei più entusiasti in tal senso è quel prof. Veronesi che tanto elogia le donne e disprezza gli uomini. La cosa, come sempre, non è casuale ed anche in questo caso va riportata alla dialettica natura/cultura. A nessuno che sia normalmente sano (in senso psichico), piace morire, benissimo. Ma la differenza è che il femminile/natura risolve il problema sognando l’immortalità del corpo, il maschile/cultura aspira all’immortalità dello spirito. Il maschile, ancora una volta, diventa immortale con le proprie opere (letterarie, scientifiche, pratiche, sportive, militari, politiche), mentre il femminile/natura/terra non può farlo che attraverso il tentativo di allungamento della vita del corpo.
Normale, direi.
E’ interessante la ricerca secondo cui fra monaci e monache non ci sono sostanziali differenze di durata della vita. Anche in questo caso ci sono due letture. Una, già detta, è quella della parità di condizioni. Ma, aggiungo come ulteriore lettura, una parità di condizioni che privilegia l’aspetto spirituale. Quindi, quando le donne accedono allo spirito, vivono lo stesso tempo degli uomini. Significativo!
Poichè sappiamo però che la condizione monacense è per pochi, allora chissenefrega se campiamo qualche anno di meno. Non nella durata della vita sono da misurare forza e debolezza. Rovesciamo il paradigma e riappropriamoci di uno slogan troppo colpevolizzato e considerato destrorso: “meglio un giorno da leoni e che cent’anni da pecore”. Un po’ d’orgoglio maschile, ragazzi, che diamine!
Quanto alla predisposizione a lottare contro la morte, la tesi di Giorgio continua a non convincermi . Scrive: ” Il ciclo mestruale delle donne, come accennava Rita, è un ciclo di vita e di morte che si ripete ogni mese per una quarantina d’anni circa. L’ovulo scende dalle tube e sarà, se fecondato, una nuova vita. Altrimenti verrà perso, sarà la sua morte e verrà meno una possibile vita.”
Vero, ma c’è anche il lato maschile della vicenda. Quando un uomo eiacula in vagina, circa un milione di spermatozoi (mi sembra quella la cifra ma se sbaglio mi si corregga) si mettono in movimento e in lotta per arrivare a fecondare l’ovulo. Di questo milione uno solo sarà vincitore e feconderà. Gli altri muoiono, e sfido chiunque a dire che lo spermatozoo maschile non è attrezzato a lottare contro la morte. Lotta eccome, e con la tremenda quasi certezza di essere sconfitto. Impensabile che tale condizione non abbia riflessi sull’inconscio maschile. D’altronde ciò che accade nell’amplesso è una metafora quasi perfetta di ciò che accade nella vita quotidiana. La femmina attende, è passiva. Il maschio agisce, è attivo. Ed essere attivi espone al rischio della perdita, della sconfitta. Più che al rischio alla quasi certezza, come gli spermatozoi di cui sopra. E’ evidentissimo che il percorso maschile è molto più difficile e doloroso di quello femminile, altro che privilegiato. I maschi, quando erano allevati e educati come uomini da altri uomini, lo sapevano e sapevano “elaborare il lutto” della sconfitta per ricominciare da capo, testardi più di prima. E’ solo da quando i maschi sono educati da donne e come quasi donne che manifestano quella fragilità psichica di cui si straparla tanto. E sia chiaro che non c’entra nulla il machismo o l’ostentazione, che semmai sono proprio un deficit di virilità, una sua manifestazione distorta alla quale non è stata data “forma”. Forma che, non mi stancherò mai di ripetere, solo altri uomini adulti possono dare (e qui si riaprirebbe il discorso sulla scuola e le quote azzurre, ma non mi dilungo).
Sull’impotenza. Premetto subito che concordo con Luigi. Viagra e simili non vanno demonizzati. Come nel percorso analitico certi farmaci possono essere utili come coadiuvanti temporanei del lavoro sulla psiche con lo scopo di trovare un equilibrio possibile, condizione affinchè la psicoterapia possa dare i suoi effetti duraturi nel tempo, così può servire il viagra. E se poi va a risolvere problemi organici permanenti, perchè privarsene? Si rinuncerebbe agli antibiotici? Pensino le donne quello che vogliono. Chissenefrega! Tanto la loro contraddittorietà ci è nota e lampante. Straparlano di sesso dolce, di piacere clitorideo superiore al piacere vaginale, di un maschio che ha da tener conto delle loro modalità del piacere (giusto, purchè sia reciproco), disprezzano il virilismo, il mito della potenza sessuale maschile………ma poi sono molte di loro per prime che deridono il maschio a cui capita di fare cilecca (ed a tutti, prima o poi accade). Noi dobbiamo aver riguardo non a cosa pensano le donne di noi, ma a come ci sentiamo noi stessi. In questo senso, se il viagra serve ben venga. E se non serve, nel senso che non è utile per stare meglio, se ne faccia a meno.
Ma il problema impotenza credo vada visto in un contesto più ampio. Perchè “l’impotenza couendi” è un aspetto particolare dell’ “Impotenza generandi”, ossia dell’infertilità maschile che sembra sia in crescita esponenziale.
Esistono studi (per la verità non so quanto attendibili) che attribuiscono il fenomeno a cause organiche (estrogeni nei cibi, sostanze chimiche nell’aria etc). Penso che ci sia sicuramente del vero, ma penso anche che l’infertilità sia più che altro la manifestazione sul piano fisico di una perdita di vitalità complessiva, di una diminuita spinta e pulsione vitale che colpisce tutto l’occidente ricco e sviluppato. Il che ovviamente pone un problema di riflessione agli uomini ma anche a tutta la società. La superba civiltà occidentale è in flessione, in crisi e in caduta. Il baricentro del mondo si sta orientando altrove. Ci vorrà del tempo ma nonostante la potenza militare ed economica ancora grandi, la direzione è quella e non sarà fermata. In che relazione sta questa crisi con quella del maschile? Che rapporto esiste col declino del principio maschile in occidente e con la femminilizzazione del pensiero, dei paradigmi concettuali, degli stili di vita, e con l’ascesa femminile al potere?
Secondo me esiste un rapporto strettissimo di causa/effetto. Lascio ad altri la descrizione delle implicazioni di tutto ciò.
armando

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 12:30 am - 8th Febbraio:

@ Rita
Ho letto il forum. Penso proprio che tu abbia ragione.
Cosa dire?
Giorgiooooo …… aiutooooooo!!!

  (Quota)  (Replica)

Rino 8:01 am - 8th Febbraio:

Armando: ok!
.
Susy: sei arrivata qui chissà come, hai scorso qualche pagina e ti è venuto lo s’ciopùn. E’ comprensibile.
Non è necessario che tu concordi su nulla. Gira il sito e leggi tutto quello che puoi, ti servirà per conoscere molte cose che non sai degli uomini, belle o brutte non importa. Con gli UU dovrai sempre interagire. Conoscerli di più non ti danneggerà.
.
Giorgio: resisti.
.
RDV

  (Quota)  (Replica)

Rita 10:07 am - 8th Febbraio:

Quando si dice il caso.. anche in un insulso topic di presentazione che degenera si puo’ trovare qualcosa di sensato e secondo me nemmeno troppo fuori tema:

Lo riporto qui, il post di Warlordmaniac:

Se avete fatto caso, io scrivo volutamente dei post squallidi spiegando il rapporto uomo-donna, come una sfida sportiva, un duello a punti e chi vince la sfida, porterà a casa il suo trofeo, consistente in fama e onore.
Ovviamente io esplicito con l’eloquenza l’insana rivalità che c’è dietro alcune affermazioni, come ad esempio il pezzo appena quotato. Quindi io non sono assolutamente favorevole all’agonismo sessuale sia intra- che inter-genere, ma la mia visione pansessistica delle cose mi offre l’opportunità di spiegarmi la maggior parte delle dinamiche sociali e i comportamenti dei personaggi in questione.
Qui parliamo di rivalità intergenere, che considero più stupida di quella intra e il perché già ve lo immaginerete.
Molti dicono “le donne hanno acquistato quel punto in più”, oppure “le donne hanno scavalcato gli uomini”, “ormai le donne sono più forti degli uomini”, “le donne hanno preso il sopravvento”, ma manca un concetto fondamentale: di quale sport stiamo parlando?
Secondo la mia visione, lo sport più prestigioso è il sesso praticato, ma per ovvi motivi matematici la specialità Frequenza vede i due sessi in perfetto equilibri, se rimaniamo nel campo dell’eterosessualità.
Probabilmente si guardano altre specialità, diverse dalla Frequenza, come la Qualità (le donne lo fanno meglio) o il Coraggio (le donne ci provano di più) o il Potenziale (le donne farebbero molto di più se avessero avversari più competitivi).
Quello che molti e soprattutto molte non hanno capito, è che la sfida, come nella Frequenza, non ci può essere, è insensata anche nelle altre specialità, perché quando Dio ha creato il mondo, ha voluto fare in modo che, per divertirsi, l’uomo e la donna corressero verso la stessa direzione.
Il rapporto tra uomo e donna in ambiti sessuali è simile ad un’Americana (detta anche Madison), sia inteso come guerra fra coppie (stupida secondo me) che inteso come sfida per andare il più velocemente possibile contro il cronometro, ma non contro avversari. Infatti gli Esseri Umani, pur avendo molte libertà di scelta, non hanno la libertà di scegliere le regole dello sport sessuale, che natura vuole, è simile ad un’Americana del ciclismo. Detto in termini decodificati, se io sono schifato da alcuni comportamenti, avrò problemi erettivi, come la donna avrà problemi ad avere un orgasmo, o in ambito parasessuale, se vedo spesso il male nelle persone, tendo a cadere in depressione e a non fidarmi del prossimo.
La Crisi Sessuale, la Questione Maschile, fanno sì che quest’Americana sia interpretata in modo singolare dai componenti della stessa squadra, per cui essi sono più interessati a fare i tempi migliori individualmente che a contribuire alle classifica di squadra. Nel mondo succede che tra un uomo e una donna che si danno il cambio non ci si spinge, bensì ci si ostacola. Se si spingesse con forza chi ci dà il cambio, si getterebbe le basi per un sua buona prestazione, ma non è quello che si vuole: quello che si vuole è che l’altro vada male e per questo lo si tira invece si spingerlo.
Alla fine quello che ne risentirà sarà la prestazione globale della squadra, chi fuori di metafora, è un livello di Divertimento (o Piacere) generale inferiore alle nostre potenzialità.
Quando sento dire che la donna ha raggiunto quel punto in più, capisco che la donna sarebbe andata più veloce dell’uomo, perché l’uomo, non avrebbe ricevuto il lancio adeguato dall’individualista donna. E chi me l’ha detto?
Risposta: vi sembra credibile, che da un giorno all’altro, l’uomo si sia svegliato, più fiacco della donna, impotente, pauroso, stupido, asessuale, mammone, inferiore, così senza motivo??

Questa è l’Americana, per chi non lo sapesse:

http://www.bettiniphoto.net/image/2_0049688_1_thumb2.jpg

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 10:40 am - 8th Febbraio:

Caro Giorgio , voglio provare a fare una breve riflessione che forse potrà aiutarci, anche nel comprendere i nostri (completamente) differenti approcci.
Si legge nei tuoi interventi uno sforzo di tipo “neutralista”, diciamo così. Ti sforzi cioè di affrontare la situazione dal di fuori e dall’”alto “ e di produrre un’analisi “neutra”, di leggere le cose da un punto di vista “tecnico” e di osservare i punti di debolezza dell’uno o dell’altro, anzi dell’altra, per poterli in qualche modo sanare o superare.
Questo approccio è strutturalmente errato (dal mio punto di osservazione, che è diverso dal tuo) per una semplice (si fa per dire…) ragione. E cioè perché, piaccia o meno, siamo in guerra.
Capisco che per te questa è un’affermazione fortissima, abnorme rispetto all’evento (si dice così in gergo psicologico…smile ), del tutto sopra le righe, addirittura un delirio. Eppure è così. Siamo in guerra, caro Giorgio, anche se è estremamente difficile da accettare, e non solo da parte tua ma da parte di tutti gli uomini. Tutti gli amici che interloquiscono in questo blog con te, compreso naturalmente il sottoscritto, hanno impiegato anni per capirlo, ed è stato un percorso doloroso, credimi, molto più di quanto tu forse possa immaginare. Perché che la guerra te la faccia il “padrone”, privato o pubblico che sia, è dura da digerire, ma lo si accetta, fa parte del “gioco”. Ma che la guerra la scateni (senza esclusione di colpi, anzi, con i mezzi più subdoli), l’”altra da te” (e anche per conto di quel “padrone” o in “accordo” con esso), colei da cui vorresti essere accolto, compreso, amato, “coccolato”, l’”altra da te” con cui vorresti condividere e affrontare assieme le asperità della vita (e anche le gioie, poche o tante), è veramente dura da accettare. Scoprire poi che l’”altra da te” (è ovvio che non voglio generalizzare, ci capiamo, parlo del “femminile” nel suo complesso e del “trend” nel quale ha scelto più o meno consapevolmente di collocarsi…) ha scelto di venire a patti con quel sistema (di cui oggi è complice e parte attiva, organica e determinante) è ancora più doloroso.
E qui mi fermo perché non posso ripetere ogni volta ciò che ho scritto in centinaia di articoli e in una dozzina di video (mi limito ad invitarti alla lettura del nostro Manifesto, il Movimento Beta, a mia firma, e degli articoli “L’emergere storico della QM” e “Perché la QM non può essere di destra”, entrambi a firma di Rino Della Vecchia. Naturalmente ce ne sono molti, molti di più, ma questi sono fondamentali).
Dicevamo della guerra. Chiariamo un punto fondamentale. Non stiamo parlando di una guerra convenzionale, con i fucili, l’artiglieria e gli assalti alle baionette. Se così fosse, tutto sommato, il problema non sussisterebbe neanche. E’ un terreno, quello, che gli uomini conoscono molto bene, non avrebbero alcuna difficoltà ad affrontarlo. E non è neanche una guerra dialettica, politica, condotta, come si suol dire, con le armi della critica. Se così fosse saremmo sul terreno della logica, del logos, del principio di identità e non contraddizione. E anche questo, soprattutto questo, è un terreno dove gli uomini difficilmente uscirebbero sconfitti.
Ci troviamo invece in una guerra mai vista prima d’ora, scatenata in quella che noi abbiamo definito come “psico-eto-sfera”. Naturalmente questo conflitto, sia chiaro, non riguarda solo la nostra psiche ma comporta degli effetti molto concreti, tangibili e devastanti sulla vita reale degli uomini che oggi, solo per fare un esempio fra i tantissimi, rischiano di trovarsi in manette e di essere rovinati per tutta la vita solo sulla base di una denuncia (falsa, come avviene nel 95% dei casi di presunte violenze familiari o domestiche) per molestie o per violenza sessuale.
E’ una guerra dove le armi della logica non funzionano, per la semplice ragione che il principio di identità e non contraddizione è stato mandato a farsi benedire. E’ una guerra psicologica (ripeto, con risvolti e conseguenze assolutamente concreti), su un terreno dove gli uomini sono del tutto impreparati. Al punto che la stragrande maggioranza di essi non riescono ancora a rendersi conto di ciò che sta accadendo, ormai da decenni. E qui mi fermo nuovamente perché dovrei e potrei continuare per ore (e ti rimando sempre alla lettura dei tanti articoli nel sito).
Ora, in una guerra, volente o nolente, non è possibile rimanere neutrali, perché in qualche modo gli effetti della guerra ricadono su tutti noi. E’ oggettivamente impossibile non schierarsi. Anche e soprattutto chi sceglie di rimanere neutrale, opera una scelta. Perché qualcuno, al di là delle chiacchiere “buoniste” (cioè la storiella che “in guerra nessuno vince e tutti perdono…), vincerà e qualcun altro perderà (al momento la controparte ha vinto. Stiamo organizzando la resistenza, come vedi…). Restare neutrali significa accettare la legge del vincitore. Essere neutrali oggi, dal mio (ma credo nostro, degli uomini che condividono questa battaglia) punto di vista, significa oggettivamente (anche se magari involontariamente) fare il gioco dell’avversario. Chi è l’avversario? Un Sistema di classe (non nel senso paleo marxiano del termine, è ovvio)-e di genere che denominiamo “Capitalismo Assoluto” di cui il “femminile” è secondo noi oggettivamente complice e alleato e di cui il post-femminismo (che noi denominiamo Fem-dominismo, cioè dominio del femminile) è il coperchio ideologico.
Mi fermo di nuovo, per ovvie ragioni. Concorderai con me che per approfondire questi argomenti ci si deve incontrare dal vivo, non si può digitare su una tastiera. In tal senso sono a tua disposizione per tutto il tempo che vorrai e per quelle che sono le mie capacità…
Ciò detto, mi sembra scontato che non ti considero un traditore del popolo da fucilare sulla Piazza Rossa…smile nonostante la tua “neutralità”…smile Credo sia ovvio, altrimenti non ti avrei neanche invitato a venire qui, ne convieni?. Non perdo neanche un minuto di tempo con i miei nemici, se non per studiare le loro mosse e ciò che sostengono, per poterli meglio combattere. E’ proprio perché ti avverto come un potenziale futuro (forse) amico che ti critico e senza sconti. Se non lo facessi, oltre ad essere ipocrita e in malafede, non otterrei nessun risultato.
Fabrizio
p.s. tu mi dirai:” Cosa c’entra tutto questo con l’impotenza (di cui probabilmente ti occupi tu a livello professionale) e la crisi di identità maschile?” C’entra, eccome se c’entra…Ma anche qui scontiamo approcci diversi alle cose. Non è affatto detto, però, che debbano necessariamente essere in contraddizione né tanto meno in conflitto. Si tratta però di trovare degli elementi di convergenza, laddove fosse possibile, su alcuni punti fondamentali.

  (Quota)  (Replica)

Daniele 12:15 pm - 8th Febbraio:

Personalmente ero e sono del parere che alle femmine vengano attribuite capacità, voglie, pulsioni, desideri, fantasie, che le suddette non possiedono neanche nell’anticamera del cervello.
Di norma sono preda di paranoie e complessi di vario genere; trovarne una realmente disinibita, senza complessi di sorta, è come cercare un ago in un pagliaio. Anziché fartelo rizzare, soventemente te lo fanno ammosciare.
Non parliamo poi della ridicolaggine diffusa fra gli stessi uomini (giovani e non), secondo la quale oggi le femmine prenderebbero l’iniziativa… ahahahah!! Mi viene da scompisciarmi dalle risate!
Oppure che “lo farebbero di più se gli uomini fossero alla loro altezza”. Innanzitutto torno a chiedere:
di quali uomini stiamo parlando? Solo di quelli italiani/bianchi/occidentali?
Oppure anche di quelli non bianchi o dell’Europa dell’Est? Per esempio, questi discorsi valgono per i giamaicani o i senegalesi? Tasto dolente, perché qui NESSUNO/A si esprime mai (“esperti/e” compresi/e…), anche per paura di essere bollato/a come razzista… Della serie:”Evviva la vigliaccheria mista ad ipocrisia!”.
Sapete invece che vi dico? Che è l’esatto contrario.
Se c’è qualcuno che il contesto sociale limita fortemente, non è certamente la femmina, bensì il maschio umano. Altro che cazzi.

  (Quota)  (Replica)

Daniele 1:08 pm - 8th Febbraio:

Armando
>>>>>>>>>>>>
Sul concetto che non è tanto importante vivere per chissà quanto tempo ma vivere bene il tempo che ci è dato vivere, sono del tutto d’accordo.
>>>>>>>>>>>>
Infatti anche a me di campare 90-100 anni, non me ne può fregar di meno. Ma per far cosa? Per crepare in qualche ospizio? Ma cosa fai a quell’età? Vai al pub? Vai a ballare? Vai “a fica” ? Vai a fare qualche viaggio? Ma per carità… come è solito dire un mio amico:
“La vita è quando sei giovane, non quando sei vecchio e decrepito”.

  (Quota)  (Replica)

lahire 1:24 pm - 8th Febbraio:

questo dibattito interessante mette in evidenza un dato apparentemente sorpredente :
la sostanziale equivalenza tra le tesi di una tipica femminista di oggi e quelle di uno psicologo.
Il che la dice lunga.
SE la donna fosse più attrezzata di fronte alla morte , visto che ha il ciclo mestruale (??? ), allora è anche meno attrezzata rispetto alla vita visto che ha più malattie autoimmuni e più malattie psichiatriche.
MI aspetterei, non dalla indottrinatissima Suzy, ma dallo psicologo, una maggiore attinenza ai fatti .
Le speculazioni, pur eleganti, sono un’ altra cosa

  (Quota)  (Replica)

Leonardo 4:16 pm - 8th Febbraio:

@ al prof. Giorgio Carnevale
Vorrei da lei un quadro sulla personalità femminile
visto che si parla sempre dei difetti maschili e di come dovrebbero adeguarsi alle richieste femminili, come se l’impotente debba trovare la soluzione per non scocciare ed essere servile alle le donne e al sistema.
Ecco un bel passo avanti: le donne cerchino di superare tutte le loro frustrazioni e siano utili agli uomini.

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 6:40 pm - 8th Febbraio:

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/03_Marzo/01/donne.shtml
Come gli uomini
Le nuove donne si ammalano di più
Stress, cuore e polmoni: «Il femminismo ha peggiorato la salute, non rinunciamo ai diritti ma impariamo a curarci»

>
La quarantacinquenne in piena scalata manageriale già alle prese con l’osteoporosi: «Ma non era una malattia che viene dopo la menopausa?». La trentacinquenne che non riesce ad avere un figlio: «Eppure è tutto a posto, perché succede proprio a me?». La diciannovenne sottopeso che non ha più le mestruazioni: «Meglio, così non rischio una gravidanza». Malattie del femminismo: ecco il nuova tesi-provocazione. Femminismo che ha cambiato radicalmente e in meglio la vita delle donne, presentando però, ora, un conto che non si limita solo alla fatica del «doppio ruolo», ma investe in modo diretto, come un ciclone, la sfera della salute femminile. Pressione alta, infarto, tumore da fumo al polmone, gastriti da stress. Fino all’altro giorno tipicamente maschili, ora debbono farci i conti anche le nuove donne proiettate fuori casa. Malattie che diventano parte integrante del «pacchetto delle conquiste» accanto al lavoro retribuito, alla carriera, alla presunta parità. «Non si può pensare di stravolgere i ritmi biologici senza acquisire anche dei punti deboli, delle vulnerabilità in più. Oggi la donna è diventata bersaglio di nuove malattie o di disturbi psicosomatici», riassume Elena Contrino, endocrinologa ecografista al San Raffaele di Milano, autrice di «Le nuove donne. Come gli stili di vita influenzano la salute: capire il nostro corpo per stare meglio» (Sperling, 8,80 euro), da oggi in libreria.
Non si può pensare, ma in tante invece ci abbiamo creduto. Gli elenchi di prevalenza di una lunga serie di malattie sono cambiati negli ultimi 30, 50 anni. «Una volta era raro diagnosticare a donne ipertensione o infarto. Adesso non è infrequente trovare una fumatrice che, a 45 anni, ha già attacchi di angina», spiega la Contrino. L’elenco è lungo: stress, squilibri dei grassi nel sangue, malattie cardiovascolari, attacchi di panico, depressione, neoplasie polmonari, disturbi alimentari. «La salute delle donne è scaduta negli ultimi decenni: una ragazza che non ha le mestruazioni, avrà problemi di fertilità quando vorrà cercare un bambino; a 50 anni se fuma avrà già l’osteoporosi; tenderà all’ipertensione perché ha perso l’azione protettiva degli estrogeni; sarà, insomma, più simile alla vulnerabilità degli uomini», riassume impietosa la dottoressa. Conclusione? «Vorrei che qualche donna riflettesse sui rischi in più che un determinato stile di vita ci porta. Basterebbe essere più consapevoli e si potrebbe fare qualche errore in meno».

Non è solo colpa dello stress da ufficio. Quello che sta modificando il corpo femminile, privandolo di quella «forza biologica» legata al doppio cromosoma X, è anche il rapporto diverso con la maternità. «Basti pensare alla potenza ringiovanente delle ondate ormonali che si susseguono dall’adolescenza alla menopausa, con picchi elevati durante gravidanza, parto, allattamento. Eventi biochimici che in giovane età sono tali da trasformarsi persino in scudo anticancro», prosegue il medico. Già, ma chi ha figli in giovane età? Poche. Risultato: un assetto metabolico molto più vicino a quello maschile. «Invece noi, per natura, saremmo biologicamente molto più forti dei maschi. Abbiamo un metabolismo epatico e un sistema immunitario più efficiente e, tornando alla gravidanza: quanta forza ci vuole per poter sostenere una doppia circolazione e per crescere dei figli?».
Un vantaggio di partenza che, però, si è già ridotto, immolato sull’altare della fretta, del poco tempo per sé (anche per pensare alla propria salute), dei nuovi obiettivi che cozzano troppo violentemente con i ritmi e i bisogni del corpo. E c’è anche il capitolo tumori: quello al seno, innanzitutto. «La mammella è sensibile e se è stata messa in funzione con allattamenti ripetuti ha più possibilità di rimanere sana. E’ come se l’organo avesse bisogno di lavorare per mantenersi efficiente», dice il medico. La mancanza di gravidanze, dunque, perché lo studio e la carriera vengono prima, si ritorce contro, diventano un ingombrante fattore di rischio. La via d’uscita? Fare un nuovo passo avanti, sommare ai vantaggi collettivi acquisiti nuove conquiste più intime, più personali. Conquiste in termini di salute. La Contrino ci prova a riassumerlo in un termine: femminilismo. «Ecco, il mio è un approccio femminilista. La donna deve riappropriarsi della propria salute e di quella competenza emotiva che per secoli l’ha aiutata a sopravvivere, e deve riuscire a distinguere fra i privilegi e i mali del sesso maschile, conquistando appieno i primi, ma rifiutando i secondi. Cento anni fa si moriva di più, certo: però le donne avevano una sorta di consapevolezza che nelle ragazze di oggi non c’è.

Non sanno niente sull’ovulazione, sanno pochissimo di contraccezione. Gli ultimi studi dimostrano che l’anello contraccettivo è il più adatto: libera gli ormoni in loco, aumenta il piacere della coppia, ha minori effetti psicologicamente frenanti. Quante ragazze lo sanno?». Un passo avanti nella conoscenza di sé e, forse, un passo indietro della medicina? «C’è una tendenza molto forte a medicalizzare eventi fisiologici e naturali, come il part, l’allattamento, la menopausa. Forse è il momento che le donne diventino davvero protagoniste, non oggetti di attenzione da parte degli uomini.
Daniela Monti
04 marzo 2005


>
Per esempio, le femmine si ammalano dieci volte più dei maschi, di lupus-eritematoso.

>
http://www.tantasalute.it/articolo/lupus-eritematoso-perche-le-donne-si-ammalano-di-piu-degli-uomini/5073/

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 6:51 pm - 8th Febbraio:

Rino:
“Se si dice che gli UU sono in crisi perché hanno subito un complesso di mutamenti che li ha ridislocati rispetto alla loro posizione tradizionale e che questo fatto costituisce un problema da affrontare seriamente, quello di un popolo che la storia ha in parte cacciato dalla sua terra e in parte represso colà, allora ci siamo.
>
Se invece diciamo che questi Vinti stanno soffrendo per la perdita del potere e del dominio di cui hanno fruito per millenni, o perché non vogliono “adeguarsi” alla nuova “identità” che si pretende da loro, allora non ci siamo.”

____________________
Rino, leggi (leggete) qua…

>

L’Espresso, 13 gennaio 1995, di Ida Magli.

>
IL GUAIO E’ QUEL COSO CHE SI ECCITA
>
Il dibattito sulle molestie sessuali di cui sarebbero vittime i maschi nasce soltanto oggi e, naturalmente, nasce in Occidente, perché soltanto oggi e soltanto in Occidente sta cambiando il rapporto di potere fra femmine e maschi. Non è più in assoluto e in tutti i casi il maschio, il soggetto del potere. Di questo rapporto non si è mai parlato, malgrado gli interminabili discorsi sulla sessualità che accompagnano la nostra storia, semplicemente perché era ovvio che il possesso del pene e il possesso del potere fossero la stessa cosa. E su questa base, implicita e inamovibile, era costruita tutta l’organizzazione della società. Per questo i maschi non soltanto non si sono mai lamentati di essere oggetto di molestie sessuali, ma anzi consideravano giusto, piacevole, necessario che le donne cercassero di attirarli, di sedurli, di tentarli: semplicemente perché, comunque, sedotti oppure no, eccitati oppure no, erano loro a detenere il potere. Anzi, era un dovere delle donne fare in modo di sollecitare il loro desiderio, di metterli nell’unica condizione prevista, l’unica utile, nel rapporto maschio-femmina: l’eccitazione del “coso”, del membro, dell’organo per eccellenza, non nominabile per la sua “numinosità” se non attraverso una lunga serie di nomignoli allusivi, ma che era il vero interlocutore dato che (lo afferma Lévi-Strauss, e non io) “il dialogo fra uomo e donna non c’è mai stato”. Dunque, fra maschi e femmine era l’eccitazione del pene a stabilire la comunicazione, ma sul binario dell’assoluta autorità maschile. Oggi, viceversa, non è più così: le donne giungono a detenere il potere e, di conseguenza, a stabilire il rapporto attraverso la sessualità. Ma è qui che scatta la difficoltà insuperabile, in cui si trovano incastrati sia i maschi che le femmine: fra loro c’è ancora quel “coso” che detta le sue condizioni, condizioni naturali. Si eccita o non si eccita, desidera o non desidera. E tanto più nega le sue prestazioni quanto più la situazione di potere non corrisponde al metro di misura sul quale il potere si è sempre retto: l’erezione, appunto. Il maschio, allora, e con lui tutta la società, scopre che la costruzione simbolica su cui si sono fondati fino ad oggi i rapporti di potere, quella dell’erezione, è entrata in crisi perché un modello culturale è sempre globale, e nessun simbolismo si regge a lungo quando è privo della sua base concreta. Se si afferma che il potere è di tutti, visto che esaltiamo la democrazia, adesso sappiamo che questa affermazione non è più un gioco, una finzione (come continuano a pensare i nostri politici), perché è scattato il limite di guardia, quello simbolico concreto: l’erezione. E si capisce, anche, perché potere ed erezione fossero funzionali e interscambiabili: all’erezione non si comanda, e la merce più preziosa, checché ne dicano gli antropologi, sono i maschi. Una donna può sempre essere costretta alla penetrazione, ma senza erezione non esiste rapporto. E’ in atto, perciò, in Occidente una trasformazione culturale senza precedenti che, coinvolgendo il rapporto fra i sessi, coinvolge simultaneamente il mattone di fondazione del potere.
>

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 7:00 pm - 8th Febbraio:

Ciao Fabrizio,
con te saluto anche una dialettica serena.
Ho capito bene il tuo e non solo punto di vista, ma purtroppo io in guerra non mi ci sento.
E’ fuori dubbio che esistono tante questioni in cui gli uomini sono penalizzati e discriminati ma da qui a sostenere che questa sia una vera e propria guerra, ho difficoltà a capirlo.
Sarà probabilmente un mio limite, forse non avrò compiuto quel percorso doloroso a cui fai riferimento, ma ho anche io fatto i miei percorsi dolorosi.
Rispetto la guerra che voi state facendo ma non concordo che in “… una guerra, volente o nolente, non è possibile rimanere neutrali, perché in qualche modo gli effetti della guerra ricadono su tutti noi”.

Per cui la mia neutralità è la mia distanza, è semplicemente perchè mi piace osservare e non sbraitare.

La cosa sorprendente è che io che appaio neutrale, come tu mi hai definito, sono un nemico da combattere. E questo lo hai scritto anche tu.

E questo credo sia un limite, perchè se la vostra guerra è mossa da motivazioni rispettabili, non capisco perchè non sia possibile avere anche un tavolo neutrale, chiamiamolo di negoziazione, che tutte le guerre hanno. Fare una guerra, qualunque essa sia, solo combattendo con il fucile o parole pesanti credo sia solo un massacro.
Vedi, tutta la mia chiacchiera sull’età media ecc, se ci si avvicina in modo un po’ strategico ha dei risvolti importanti, proprio per gli uomini.
Ti faccio un esempio. Proprio in questo periodo a proposito di pensioni, in molti sostengono che l’età della pensione deve essere ancorata alla speranza di vita. Quindi se uno guarda ai miei numeri, che poi non sono miei, bisognerebbe dire che un uomo dovrebbe andare in pensione dai 4 ai 7 anni prima di una donna.
I risvolti pratici, politici ed economici al mio discorso neutrale, fazioso, deviante, sterile e femdominista, ci sono eccome, basta cercare.

Questo per dire che la guerra non si fa a colpi di sproloqui, denigrazioni ecc, ma si può anche fare sui contenuti, cioè sui singoli problemi reali.

Un saluto
Giorgio Carnevale.

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 8:08 pm - 8th Febbraio:

“La cosa sorprendente è che io che appaio neutrale, come tu mi hai definito, sono un nemico da combattere. E questo lo hai scritto anche tu”. (Giorgio Carnevale)
Scusa Giorgio, ma io non ho mai scritto nulla di simile.
Ecco quanto ho scritto nel mio ultimo commento:” In tal senso sono a tua disposizione per tutto il tempo che vorrai e per quelle che sono le mie capacità…
Ciò detto, mi sembra scontato che non ti considero un traditore del popolo da fucilare sulla Piazza Rossa…smile nonostante la tua “neutralità”…smile Credo sia ovvio, altrimenti non ti avrei neanche invitato a venire qui, ne convieni?. Non perdo neanche un minuto di tempo con i miei nemici, se non per studiare le loro mosse e ciò che sostengono, per poterli meglio combattere. E’ proprio perché ti avverto come un potenziale futuro (forse) amico che ti critico e senza sconti. Se non lo facessi, oltre ad essere ipocrita e in malafede, non otterrei nessun risultato”.
Ti sembra una dichiarazione di guerra? Non mi pare proprio…Ho cercato anche di essere ironico, ma non è il mio forte, evidentemente …:-)smile Un po’ troppa saggistica politica, evidentemente, mi ha fottuto il cervello…smile
Ciò detto, considero il tuo contributo prezioso (lo dimostra il dibattito che hanno suscitato il tuo articolo e i tuoi successivi interventi) e non sottovaluto affatto le implicazioni e i risvolti della tua posizione che pur non condivido. Ma non la condividevo già allora, quando ci siamo incontrati, e lo dissi anche al nostro comune amico. Ma non condividere le posizioni degli altri non significa chiudere le porte al dialogo e al confronto, nel modo più assoluto. E infatti sono stato io stesso ad invitarti in questo spazio e a proporti di pubblicare il tuo articolo.
Sono certo che può svilupparsi fra noi, cioè fra te, il sottoscritto e tutti gli amici di Uomini Beta, una proficua collaborazione. Sottoscrivo, a tal proposito, quanto detto già da Rino. Credo che sulle bacheche del movimento maschile tutti possano fare esperienze straordinarie. Per te e per la tua specificità potrebbe essere un’occasione straordinaria, addirittura imperdibile, e senza timore di esagerare.
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Rino 10:38 pm - 8th Febbraio:

Ida Magli:
>>
…(lo afferma Lévi-Strauss, e non io) “il dialogo fra uomo e donna non c’è mai stato”.
>>

Ecco, su questo potrei concordare.

Giorgio:
>>
… ma purtroppo io in guerra non mi ci sento.
>>

Ok, tu non ti ci senti. Va bene. Ma la guerra c’è lo stesso. C’è un conflitto in corso per la ridefinizione del rispettivo valore tra F ed M – e quindi di tutti i valori correlati a queste due dimensioni dell’esperienza umana.
I pazienti che vengono da te, non possono non esserne toccati, tanto o poco, che lo sappiano o meno. Perciò questo conflitto ti riguarda almeno per questo aspetto.
Ascoltando e dialogando qui non puoi che trarne vantaggio, anche senza condividere le posizioni che vi vengono espresse (e che sono solo in parte omogenee) anche se ciò comporta il trangugiare bocconi amari. Ma uno psicoterapeuta si deve sempre collocare (anche) nella posizione di colui che incassa, incurante dei graffi e delle ferite che il suo ruolo gli impone di subire. Fa parte del gioco.
Qui si può fare della psicologia viva, non libresca, non teorica. Qui c’è un mondo insospettato di una ricchezza impensabile.
E non hai ancora visto niente…
Hai avuto un colpo di fortuna nell’imbatterti nel MUB. Approfittane. Tutto il tuo lavoro può trasformarsi, senza abiure, senza pentimenti ma semplicemente ricontestualizzando il tutto in una nuova Gestalt.

RDV

  (Quota)  (Replica)

Rita 11:11 pm - 8th Febbraio:

Sandro:
Per esempio, le femmine si ammalano dieci volte più dei maschi, di lupus-eritematoso.

non solo, anche di tutto il complesso delle malattie autoimmuni di tipo reumatico http://www.reumatoide.it/1/dossier_1_parte_2346269.html
è a forte prevalenza femminile.

Così come pure le malattie autoimmuni che colpiscono il fegato, come l’epatite autoimmune, la colangite e la cirrosi biliare primitiva.

http://www.humanitasalute.it/index.php/diagnosi-e-cure/malattie-autoimmuni/3358-quando-il-sistema-immunitario-impazzisce

Oltretutto quasi sempre sono presenti almeno due o più patologie concomitanti come la tiroidite e una di queste o addirittura tutte.

  (Quota)  (Replica)

Enrico Fiorini 11:48 pm - 8th Febbraio:

Per Giorgio Carnevale
Caro Giorgio,ho visto le statistiche che citi,ma a mio avviso hanno un limite e anche tu te ne rendi conto:
sono esclusivamente italiane.
Quando si compiono questo genere di studi è bene farlo da un punto di vista transculturale e transnazionale,sono andato a vedere le tabelle dell’età media internazionali,e ciò che ne si deduce è che l’età media femminile maggiore,e la ”modernizzazione” del paese,vanno di pari passo.
Ovvero,se prendi l’Afghanistan,le donne vivono gli stessi anni degli uomini,e l’Africa ha uno scarto di età media fra maschi e femmine risibile rispetto al mondo cosidetto ”sviluppato”.
Questo suggerisce che la femmina non viva di più perchè ”più forte” di per sè stessa,ma che beneficia,MOLTO PIU’ DELL’UOMO,DELLA MODERNITA’ E DELLA TECNOLOGIA.
Il che poi fa il paio con quanto ho scritto prima,e anche se vogliamo con quanto scrivi tu sulle mutate condizioni maschili,nella modernità.
Vedi, il problema della ”fragilità” maschile,è che questo termine è usato per gettare fumo negli occhi dei maschi moderni.
E’ un modo di indirizzare la questione maschile in una direzione gradita e voluta dalle femministe e preparata da loro per tutti quegli uomini che iniziano a dubitare degli ”svantaggi” femminili.
Con la storia della fragilità si crea un doppio standard di valutazione,facciamo degli esempi:
Le donne soffrono di più di depressione degli uomini,SONO PENALIZZATE.
Gli uomini si suicidano di più delle donne,SONO PIU’ FRAGILI.
Allo stesso modo,a scuola le femmine ricevono voti più alti dei maschi,SONO PIU’ BRAVE.
Nel lavoro le femmine ottengono meno risultati dei maschi SONO DISCRIMINATE.
Qualcuno osa dire,o anche solo pensare che le femmine sul posto di lavoro ottengano meno risultati,perchè ”PIU’ FRAGILI”?
Nessuno,perchè verrebbe definito sessista.
Però se qualcuno sostiene che l’uomo si suicida di più della donna perchè più fragile,nessuno ha nulla da obiettare.
Tranne noi,ovviamente.
(Se no che ci stiamo a fare qui?)
Che notiamo il doppio standard.
Secondo il paradigma attuale,ogni volta che una femmina ha per così dire ”performance” inferiori al maschio SI CERCANO CAUSE AL DI FUORI DI LEI,OGNI VOLTA CHE HA PERFORMANCE SUPERIORI(ETA’ MEDIA COMPRESA),SI CERCANO RAGIONI DENTRO DI LEI.
La ragione per la quale qui la maggior parte dei commenti è critica,è appunto questa,che il tuo discorso segue questo paradigma.
Non metto in dubbio che tu lo segua in buona fede,ma dal momento che il nostro avversario non è altrettanto in buona fede,noi dobbiamo sgombrare il campo da equivoci:
Non ce la si può cavare con la storia della fragilità,non davanti a noi.
Perchè il doppio standard ci puzza.
Un giorno la giornalista ci ricorda che LE DONNE HANNO QUESTO O QUELL’ALTRO PROBLEMA DI SALUTE,SI AMMALANO DI PIU’ DEGLI UOMINI DI QUESTO E QUELL’ALTRO.
ERGO BISOGNA SPENDERE PER LORO.
SE INVECE E’ L’UOMO AD AMMALARSI O MORIRE…
E’ FRAGILE.
Sai quale’ il sottotitolo dell’opera omnia femminista ”la fragilità del maschio””?
SONO CAZZI VOSTRI,
ARRANGIATEVI.
E io,come tanti qui,non ci sto.

La cosiddetta ”fragilità del maschio”,è fumo negli occhi di quei maschi che cominciano a trovare il vittimismo femminista assurdo,perchè vedono che le donne vicino a loro sono avvantaggiate rispetto agli uomini,allora gli si fa imparare che se le donne di questi tempi van meglio degli uomini,è perchè sono migliori dei maschi,che invece sono più ”fragili”.
Ne va da sè che i qemmisti si sentano un attimino presi per il culo,e in linea di massima reagiscano di conseguenza.
Io non so se l’uomo sia fragile della donna,ma per il mio modo di vedere,parlare di forza,o inversamente,di fragilità,IN TERMINI ASSOLUTI,E’ FUORVIANTE.
Tutto dipende dall’ambiente,anche Darwin lo insegna,una foca fuori dall’acqua e ridicola e goffa,dentro l’acqua è agile e elegante.
La vita,ci insegna Darwin,è adattamento all’ambiente,come si può considerare un essere più vitale,indipendentemente dall’ambiente che lo ospita?
Va da sè che ragionare in termini di vitalità in senso astratto e assoluto è un vulnus logico,o meglio bio-logico.
Un organismo che è più vitale in un ambiente,è spacciato in un altro.
Le femmine si adattano bene ad un contesto tecnologico moderno,non altrettanto ad una società pretecnologica,dove invece il maschio vede le sue ”qualitas” esaltate.
Ora i tempi sono cambiati e non è più l’era del maschio,e fin qui siamo d’accordo,ma da lì a sostenere che i maschi siano intrinsecamente più fragili delle femmine,corre la stessa differenza che c’è fra noi,e le femministe.
Io non so se esista un registro dell’Afghanistan,o della Namibia,ma in questi paesi gli uomini vivono come e di più delle donne.
Ergo non esiste alcuna ”maggiore vulnerabilità dell’uomo”.
Nè si può ricorrere di comodo a sostenere,che qui le donne vivono di meno perchè questi paesi sono ”maschilisti”.
Giacchè si rientrerebbe nell’atteggiamento precedente di spiegare le minori performance della femmina rispetto al maschio AL DI FUORI DI ESSA,e quelle maggiori del maschio,DENTRO DI ESSA.
Questo è lo zoccolo duro della contestazione che qui viene posta.
Io non credo sia giusto dare dello zerbino al dottor Carnevale,anche perchè,se lo vogliamo convincere delle nostre tesi,ammesso che ci sia bisogno di convincerlo,non è questo il miglior modo di avvicinarlo al nostro movimento.
Secondo me non è uno zerbino,però è in un certo qual modo ,condizionato dal doppio standard di valutazione che vige oggi in occidente.
E noi siamo qui per rompere questo doppio standard.
Non me ne voglia Giorgio,ma la sua posizione è difficilmente conciliabile con le istanze del movimento maschile,che però a differenza di quello femminista,anzichè censurare e zittire,accoglie e dialoga,forte della convinzione che in una discussione aperta,i suoi principi e le sue tesi non potranno che,anche se con difficoltà ostacoli e opposizioni,affermarsi nella storia.

  (Quota)  (Replica)

Enrico Fiorini 12:15 am - 9th Febbraio:

Poi voglio dire 3 cose,diciamo così,di un tono minore e anche un pò banali,sull’impotenza maschile.
Prima cosa,dopo i 40 anni mi sembra abbastanza naturale,e anche fisiologico,che il coso non tiri più.
Parliamoci chiaro,l’uomo biologicamente è progettato per viverne 30 di anni,già a 40 l’organismo si trova in un terreno inesplorato,il fatto che l’organismo sopravviva,e anche discretamente in salute,non significa che sia identico a uno di 15-20 anni.
E qui andiamo incontro a un ALTRO PROBLEMA,che non viene neanche sfiorato,e a mio avviso centra molto di più il problema:IL GIOVANILISMO,ovvero la perdita del ruolo degli anziani che si afferma di pari passo con la perdita del ruolo degli uomini,ed è centrale per afferrare il disagio.
Ovvero,secondo il mio modesto parere,bisognerebbe ribaltare il quadro,NON E’ PATOLOGICO CHE UNO A QUARANT’ANNI NON GLI TIRI PIU’,E’ PATOLOGICO CHE UNO A 40 VOGLIA COMPORTARSI COME UNO DI 20,ED E’ DOPPIAMENTE PATOLOGICO CHE CI SI ASPETTI CHE UNO DI 40 ABBIA LE STESSE CARATTERISTICHE DI UNO DI 20.
GLI ANNI PASSANO,CAZZO…
Non me ne vogliano i 40,ma è così,se era per la natura voi a quest’ora eravate a concimare il camposanto…
Seconda cosa,non si può non trattare con l’impotenza maschile,l’indigestione di materiale sessuale cui siamo sottoposti.
Ovvero se tutte le donne ti mostrano il culo,ma tu non glielo puoi toccare,l’organismo reagisce desensibilizzandosi.
Se no impazzisci.
Queste sono cose relativamente banali,ma non tanto,perchè la nostra società le ignora completamente.
Ergo,se in una discussione sull’impotenza,si perdono di vista questi 2 elementi semplici,ci si ingargublia in maniera eccessiva.
Come sempre,è opportuno ribaltare le carte in tavole.
Che al 52% degli uomini non tiri dopo i 40,lasciatevelo dire,è fisiologico,ci sarebbe da stupirsi del contrario.
Che quegli uomini,e la società di converso,si aspettino che gli tiri ancora come un tempo,invece,E’ PATOLOGICO.

  (Quota)  (Replica)

Giorgio Carnevale 12:45 am - 9th Febbraio:

Carissimo Armando,
vorrei soffermarmi sulla questione del viagra perchè credo di averlo trattato in modo frettoloso e tu nel tuo contributo invece lo hai affrontato. Anche altri hanno accennato alla questione e quindi voglio dedicare due minuti a questa cosa.
Io non ho un pregiudizio nei confronti dei farmaci che indubbiamente in molti casi sono necessari.
Ma i farmaci asintomatici hanno un potere di negazione nei confronti della causa reale della “malattia” enorme.
Nello specifico, il viagra e affini, sono farmaci che disorientano molto. Partiamo dal presupposto che l’esperienza di un flop è una brutta esperienza per tutti. Se rimane un fatto isolato o episodico, si può reggere, ma se invece si ripete arriva ad essere una vera e propria tragedia. Ma in considerazione del fatto che pare che solo un 2% dei 52%, abbiano problemi fisici, per esclusione il rimanente 98% vive un disagio interiore. Nei confronti della donna? dell’uomo? ecc
Dipende dalla persona, ovviamente, ma sicuramente il viagra non aiuterà il nostro amico ad affrontare i suoi problemi. Al contrario, li nasconderà e da li in poi potrebbero iniziare i guai seri. Chi ha iniziato ad usarlo con una certa regolarità, avrà enormi difficoltà a lasciarlo nel cassetto.
Ti racconto una storia che spiega bene questo concetto.
Un paziente che chiamiamo P, viene da me in quanto dopo una separazione faticosa, è rimasto “intrappolato” in varie relazioni che in comune avevano una grande carica sessuale. Ma in queste performance sessuali erano molto frequenti i flop e lui non sopportava l’idea di essere “impotente”. Così iniziò a prendere il viagra. Inizialmente era particolarmente entusiasta, ma presto si è accorto di essere dipendente dal farmaco e arrivò da me con l’idea che il suo problema fosse un’impotenza incurabile e che solo il viagra riusciva a “curare”.
Insieme a P abbiamo fatto un lavoro di ricerca, chiamiamola così, nei confronti dei suoi valori, delle donne che aveva scelto ecc.
Dopo un po’ questo meccanismo si è inceppato, nel senso che questo saltellamento da una storia ad un’altra era diventato per P qualcosa di noioso, vuoto e insignificante.
Dopo un po’ decise l’astinenza, sia dalle donne sia dal viagra. E dopo ancora un po’ di tempo incontra una donna alla quale si avvicina con una certa diffidenza contraccambiata da altrettanta diffidenza.
Ma piano piano la cosa, apparentemente silenziosa, diventa una storia e già dai primi incontri sessuali scopre che il suo problema non esiste più e con lei riesce a vivere una sessualità senza trucchi.

Non è un romanzo rosa o azzurro, ma semplicemente una storia comune. Il viagra che inizialmente gli dava la sicurezza della prestazione in un secondo momento è diventato una enorme fonte di paure e angosce.

Per questo motivo io sono piuttosto diffidente nei confronti di questi medicamenti.
Grazie
Giorgio Carnevale

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 7:24 am - 9th Febbraio:

Caro Enrico, sei promosso sul campo!…smile
Mi riferisco soprattutto al primo dei tuoi ultimi due post e a una parte del secondo (e non perchè sono un 50enne…:-)) )
Sul problema dell’impotenza ci sono ancora diverse cose da dire (è un fenomeno che ha molte sfaccettature) e per quanto mi riguarda lo farò nei prossimi giorni.
Ciò detto, condivido senz’altro la tua analisi e il tuo approccio alle cose. Begli interventi. Devi farti sentire più spesso. Sei stato uno dei primissimi ad intervenire su UB, poi te ne sei andato e sei tornato con un articolo dopo un lungo silenzio. Però mi sento di dire che questa pausa ti ha sicuramente giovato…smile
Ottima l’analisi sul doppio standard e anche il messaggio finale indirizzato a Giorgio (e a tutti gli amici di UB) che dimostra anche uno spiccato senso politico, oltre che un notevole spirito di aprtura …
So (perchè ci siamo parlati) che sei molto giovane (ma non un ragazzino) e questa lucidità, in giovane età, non è da tutti, credimi. Uomini Beta sta costruendo il suo futuro…smile Sorrido ma non scherzo…
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Rino 8:15 am - 9th Febbraio:

@ Enrico:

Chapeau 1

Chapeau 2

@Rita
Le malattie autoimmuni colpiscono le DD + degli UU come se esse fossero + autoprotettive degli U, psicologicamente e fisiologicamente: costitutivamente.
Infatti.
I sistemi di autodifesa in F sono ipersensibili. Quando vengono a mancare i nemici esterni le sentinelle entrano in fibrillazione, si disorientano, non sanno più dove sparare. Così, al minimo rumore interno, sparano contro il Sé anziché contro il Non-sé. E questa è appunto la malattia autoimmune. Dato che i pericoli esterni continuano a diminuire (è il deserto dei Taratari), continuano invece ad aumentare le malattie autoimmuni (i conflitti in caserma).

@Giorgio:
Considerazioni razionalissime. E’ chiaro che i coadiuvanti dovrebbero essere assunti una-tantum (in casi eccezionali) altrimenti è ovvio che creano l’insuperabile problema del dopo: come paragonare le prestazioni “senza” a quelle “con”? Un disastro.
Chiedo conferma del fatto che i coadiuvanti sono assunti anche dai giovani in numero non trascurabile e in crescita. Continuo a sentirla ma …non voglio crederci. Questa sarebbe una spia ancora più lucente e tragica della situazione in cui si trovano gli UU – ossia la maschilistà – in questa epoca. Vorrebbe dire che neanche i giovani (maschi) sono abbastanza “giovani”.
Siam messi bene…
RDV

  (Quota)  (Replica)

Luigi Corvaglia 11:52 am - 9th Febbraio:

Vorrei porre l’attenzione su un elemento che finora, anche se laterale alla discussione, è importantissimo a parere mio, giacché da questo discendono tutta una serie di conseguenze, incluso il presente confronto.
Dice Giorgio: “Durante l’inverno del 2010, compare in tv una campagna di sensibilizzazione al problema dell’erezione negli uomini.
Così recita: “ Il 52% degli uomini con più di 40 anni soffre di problemi di erezione: Stress, stanchezza, ansia da prestazione. E il maschio fa flop. Secondo una ricerca dell’ISPO le giustificazioni più ricorrenti per chi fa cilecca sono lo stress della vita quotidiana (52%) e la mancata intesa con la partner (27%). Qualcuno parla anche di alcol e cattiva alimentazione. Il problema è che spesso gli uomini tendono a minimizzare o negare il problema, come se non parlarne bastasse a risolverlo. Basta scuse!”
Questa è la campagna di informazione, che propone visite gratuite che aiuteranno gli uomini con problemi di erezione a sbarazzarsi di tabù e problemi sessuali
.”
Ed ancora: “Prendendo spunto da questa campagna, ho pensato di fare una piccola ricerca e dare un mio contributo che approfondisca un fenomeno certamente diffuso e preoccupante e che rappresenta il sintomo di un disagio ben più profondo.”
Sono d’accordo con lui nel prendere lo spunto da quella campagna di sensibilizzazione ed apprezzo la sua ricerca e il contributo che cerca di dare al fenomeno, che certamente esiste ed ha bisogno di essere studiato ed approfondito.
Non sono però altrettanto convinto che si debba prendere come oro colato proprio i dati che stanno dietro quella campagna.
Più volte noi ci siamo trovati a contestare, anche nel dettaglio (quando questo ci è stato fornito), studi e ricerche create o strumentalizzate dalle femministe. Proprio sulla base della debolezza dell’impianto (e magari del suo intento manipolatorio) che stava alla base di tali studi.
Perdonate la mia sospettosità, ma a me (ed al tempo della Rete non dovrebbe rappresentare un problema) se non mettono a disposizione numeri, dati e metodiche che hanno portato a determinate conclusioni rimane sempre (magari immotivato) un retro pensiero di una qualche manipolazione. Per un motivo X o per un motivo Y.
Qualcuno di voi è in possesso di tale studio in maniera completa?
Io ho trovato solo questo comunicato.
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=52%25%20degli%20uomini%20ispo&source=web&cd=9&sqi=2&ved=0CFwQFjAI&url=http%3A%2F%2Fwww.bastascuse.it%2Fdownload%2Fcomunicato1.doc&ei=g5YzT434Ncz14QTvgpyQAg&usg=AFQjCNEwhwbiVDbcPHUbUNHx9Em50murRQ
dal quale riporto il seguente stralcio: “Per la prima volta, infatti, tutte le tre grandi società scientifiche italiane coinvolte nella promozione della salute maschile e del benessere sessuale della coppia – SIA (Società Italiana di Andrologia), SIAMS (Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità) e SIU (Società Italiana di Urologia) – sono impegnate nella diffusione di una sempre più ampia cultura della prevenzione della DE, nell’ambito della campagna internazionale “Basta Scuse”.”
Penso male se immagino che queste tre società vogliano portare un pò di pane ai loro iscritti?
Lo so, a pensar male si fa peccato …. ma tanto non sono credente.
Comunque come ho detto prima, non voglio negare il fenomeno, è evidente, ma la rappresentazione, soprattutto numerica, che se ne da.
Fino a prova contraria ed incontrovertibile.

  (Quota)  (Replica)

Fabio C. 11:54 am - 9th Febbraio:

(Enrico)
Prima cosa,dopo i 40 anni mi sembra abbastanza naturale,e anche fisiologico,che il coso non tiri più.
°°°°°°°°°°°°°°°°
Compirò quarant’anni il prossimo anno e come ho già avuto modo di scrivere, ho usato in passato il cialis, non perché avessi dei problemi di erezione ma per pura e semplice curiosità. Lo stesso discorso vale per alcuni miei amici. Poi è chiaro che c’è chi lo usa perché ha reali problemi di erezione. Detto questo, non mi trovo del tutto d’accordo con te, nel senso che un conto è sostenere che a quarant’anni “il coso” non tiri più come a venti (e fin qui ci siamo) e un conto è affermare che “non tiri più”. Bene, questo è falso. Te lo dico io che di anni ne ho trentanove. Tra l’altro il fatto che alla mia età non tiri più come quindici-venti anni fa, dipende anche (mi ripeto: anche, non solo) dalle esperienze vissute – quindi dalla testa -, perché è chiaro che ciò che risultava eccitante in quel periodo non lo è più vent’anni dopo. E ‘ come le riviste porno che guardavo a quindici anni: se in quel periodo mi eccitavano da morire ora mi annoiano da morire, proprio perché la testa è molto più matura e piena di esperienze che prima non c’erano.
>>
Enrico)
E qui andiamo incontro a un ALTRO PROBLEMA,che non viene neanche sfiorato,e a mio avviso centra molto di più il problema:IL GIOVANILISMO,
°°°°°°°°°°°°°
In verità, seppure “di striscio”, di questo argomento se ne è parlato in passato in altre sedi (le mailing list), ed anche gli stessi maschi selvatici – anzi, Armando – nonché Claudio Risé, vi hanno fatto più volte riferimento.
Inoltre, di tale problema se ne è occupato, e se ne occupa, anche chi di QM non sa nulla.
>>
(Enrico)
Seconda cosa,non si può non trattare con l’impotenza maschile,l’indigestione di materiale sessuale cui siamo sottoposti.
Ovvero se tutte le donne ti mostrano il culo,ma tu non glielo puoi toccare,l’organismo reagisce desensibilizzandosi.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Personalmente non ho mai condiviso del tutto questa tesi, che già su U3000 era portata avanti da molti, e ti spiego la ragione: gli africani, così come i popoli amazzonici o della Nuova Guinea, vanno in giro quasi nudi. Eppure certi problemi non mi risulta che esistano.
>>
(Enrico)
Quando si compiono questo genere di studi è bene farlo da un punto di vista transculturale e transnazionale,sono andato a vedere le tabelle dell’età media internazionali,e ciò che ne si deduce è che l’età media femminile maggiore,e la ”modernizzazione” del paese,vanno di pari passo.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Esattamente.
Proprio per questo, in un altro post, avevo segnalato questo link.
http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_stati_per_aspettativa_di_vita
>>
(Rino)
E’ chiaro che i coadiuvanti dovrebbero essere assunti una-tantum (in casi eccezionali) altrimenti è ovvio che creano l’insuperabile problema del dopo: come paragonare le prestazioni “senza” a quelle “con”? Un disastro.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Rino, questa è una mezza verità, perché come ha già fatto notare Daniele dipende molto dalla donna che hai di fronte. Ossia, tale problema sussiste se un uomo continua a relazionarsi con la stessa donna – allora sì che se non si usa il cialis o il viagra va tutto a puttane – ma non con un’altra che magari ti eccita al solo sentirla parlare.
>>
(Rino)
Chiedo conferma del fatto che i coadiuvanti sono assunti anche dai giovani in numero non trascurabile e in crescita. Continuo a sentirla ma …non voglio crederci. Questa sarebbe una spia ancora più lucente e tragica della situazione in cui si trovano gli UU – ossia la maschilistà – in questa epoca. Vorrebbe dire che neanche i giovani (maschi) sono abbastanza “giovani”.
Siam messi bene…
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Anche questa è una mezza verità. Innanzitutto c’è da dire che neanche le giovani femmine sono messe così bene, ma a parte questo, è vero che di certi farmaci ne fanno un ampio uso anche i giovani, ma, francamente, non mi sembra un gravissimo problema.
La ragione è semplice: li usano (come li ho usati anch’io) perché esistono (come esistono le sostanze dopanti per gli atleti), mentre un tempo non esistevano e pertanto i giovani di allora non potevano certamente farne uso. Fossero esistiti li avrebbero sicuramente usati anche i nostri padri, i nostri nonni, i nostri bisnonni.
E’ il progresso, che piaccia o no.

  (Quota)  (Replica)

Fabio C. 12:18 pm - 9th Febbraio:

Dunque, fra maschi e femmine era l’eccitazione del pene a stabilire la comunicazione, ma sul binario dell’assoluta autorità maschile. Oggi, viceversa, non è più così: le donne giungono a detenere il potere e, di conseguenza, a stabilire il rapporto attraverso la sessualità. Ma è qui che scatta la difficoltà insuperabile, in cui si trovano incastrati sia i maschi che le femmine: fra loro c’è ancora quel “coso” che detta le sue condizioni, condizioni naturali.
E tanto più nega le sue prestazioni quanto più la situazione di potere non corrisponde al metro di misura sul quale il potere si è sempre retto: l’erezione, appunto.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Sandro, innanzitutto una domanda: ma dove li vai a pescare questi articoli? Come cavolo fai a ricordarti di roba scritta 17-20-23 anni fa? Boh…
Nel merito, mi pare che anche una femminista come la Magli, molto meno stupida di altre, non riuscisse ad andare oltre questa ridicola storia del “potere maschile” e del “coso” che funzionerebbe solo fino a quando gli uomini sono in una posizione predominante rispetto alle donne…
Insopportabile e gigantesca stronzata femminista, assimilata da tutti gli intellettuali, psicologi e sessuologi odierni.

  (Quota)  (Replica)

erica 1:27 pm - 9th Febbraio:

il fatto che ci siano piu donne che si ammalano di patologie psicologiche quali anoressie e bulimia è dovuto oltre alla pressione imposta da certi modelli estetici anche dalla repressione associata all’educazione femminile che tende a reprimere determinati comportamenti di sfogo.
A questo proposito il saggio Dalla Parte Delle Bambine di E.G. Belotti è una lettura molto valida nonostante verta principalmente sui primi anni dell’infanzia.

  (Quota)  (Replica)

Fabrizio Marchi 3:50 pm - 9th Febbraio:

Erica, veramente mi pare che si stesse parlando di malattie autoimmuni e non di patologie psicologiche quali l’anoressia o la bulimia che sono un’altra cosa e credo abbiano anche un’altra genesi, anche se non sono un esperto in materia.
Dopo di ciò dobbiamo anche riflettere, sempre se vogliamo essere intellettualmente onesti, sulle origini di tali patologie. Sì, è vero, le donne sono condizionate dai modelli estetici dominanti, non c’è alcun dubbio. E non c’è altrettanto dubbio sul fatto che l’anoressia sia una degenerazione psicopatologica dovuta all’interiorizzazione di quei modelli.
Ma chi è che crea i suddetti modelli? Chi è che li supporta? Chi è che li alimenta? Sempre e solo i soliti maschi oppressori e maschilisti? Vogliamo forse sostenere che non c’è una corresponsabilità e una compartecipazione femminile nell’alimentarli? Non scherziamo, per favore…
Le donne, quanto meno alcune donne (io direi molte, ma non mi interessa ora fare una statistica, mi interessa il concetto) sono esse stesse per prime ad alimentare quei modelli perché sono perfettamente coscienti che il controllo e il dominio sugli uomini (e sulla loro psiche) passa attraverso quel canale (estetico- sessuale).
Se poi tu mi dici che ci sono tante donne che faticano a stargli dietro, sono perfettamente d’accordo con te. Non si alza una voce che è una però, da parte femminile, in tal senso, se non come al solito per rimpallare il tutto sul sistema maschilista che obbligherebbe le donne ad essere in una certa maniera.
Perché non ve la prendete ogni tanto anche con voi stesse? O con una parte di voi? Perché non cominciate, quelle di voi che sostengono di essere contrarie a questi modelli, a contestare tutte quelle altre che li seguono e che ci sguazzano alla grande? (e che non vi rinuncerebbero mai?). Guarda che il “Sistema” è fatto anche da quelle donne. Eccome…
Erica: onestà intellettuale cercasi. Provaci, almeno qui, su questo sito. Lo dico per te, non tanto per noi…
Fabrizio

  (Quota)  (Replica)

Andrea 3:57 pm - 9th Febbraio:

Segnalo a Giorgio Carnevale questa discussione.
http://metromaschile.it/altrosenso/2010/12/18/basta-esami/

  (Quota)  (Replica)

Rita 4:07 pm - 9th Febbraio:

@Erica: anche questa spiegazione non mi ha mai convinta molto.
Quand’ero ragazzina andavo a scuola dalle suore, e alle prime tendenze adolescenziali narcisiste (sto attenta a mangiare, minigonna, abitini carini, insomma in poche parole, alle prime avvisaglie di “crescita” nel senso di badare al modello estetico) la nostra vecchia maestra ci fece un discorso che suonava più o meno così: non è con l’estetica che troverete marito,, e bla bla bla etc.
Che le femmine storicamente si siano sempre agghindate esteticamente o abbiano cercato di aderire a modelli di bellezza per attirare i maschi è pacifico. Ma è proprio l’educazione femminile che tentava di contenere certe esagerazioni o degenerazioni, insegnando le “virtù” femminili che non erano certo riferite al modello estetico. Ora che l’educazione femminile è libera, unisex, rivendicativa e che i comportamenti di sfogo non sono censurati dai media ma anzi elogiati e incoraggiati, assistiamo a un’aumento del numero di degenerazioni patologiche dovute all’acquisizione di modelli estetici? Capisci che non torna molto..perlomeno a me.

Ora in merito all’argomento mi chiedo e (vi) chiedo se questa esasperazione non puo’ aver portato danni a tutti.
In particolare quando Enrico e Fabio dibattono su questo punto:

Enrico)
Seconda cosa,non si può non trattare con l’impotenza maschile,l’indigestione di materiale sessuale cui siamo sottoposti.
Ovvero se tutte le donne ti mostrano il culo,ma tu non glielo puoi toccare,l’organismo reagisce desensibilizzandosi.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°
Personalmente non ho mai condiviso del tutto questa tesi, che già su U3000 era portata avanti da molti, e ti spiego la ragione: gli africani, così come i popoli amazzonici o della Nuova Guinea, vanno in giro quasi nudi. Eppure certi problemi non mi risulta che esistano.

mi viene da pensare che in Africa vanno in giro nudi, probabilmente ci sono anche modelli di riferimento e rituali per essere più belle, ma sicuramente non ci sono culi e tette perfettissime esposte ovunque. Questo porta la parte femminile a tentare di gareggiare e competere con delle modelle magar pure ritoccate fino a farsi male e questa parte è stata fin troppo trattata, discussa, condannata etc., ma ma… e qui vi chiedo: che effetto puo’ fare sulla parte maschile? PIù che una questione di assuefazione ai centimetri di pelle esposta non è un’assuefazione a un modello di bellezza sempre più irraggiungibile? Come a dire che la “liberazione” degli istinti femminili avrebbe avuto un effetto autolesionista.

  (Quota)  (Replica)

Rita 4:21 pm - 9th Febbraio:

per spiegarmi meglio: a me viene in mente un dibattito televisivo cui avevo assistito tempo fa, credo su “le invasioni barbariche”. C’era la solita protesta in merito a un manifesto con una donna seminuda, tutti che urlavano da una parte e dall’altra.
Quelli favorevoli alla libera espressione pubblicitaria con tette e culi portavano gli argomenti della libertà delle modelle , del bigottismo, etc. etc.

Quelli contrari i soliti temi della dignità femminile, del modello femminile, dell’oggettificazione femminile etc.

A un certo punto, una mamma gettò sul tavolo della discussione il fatto che quella pubblicità campeggiava davanti alla scuola del figlio di 9 anni e che lei aveva sentito dire da degli andrologi che era possibile un danno andrologic.. non riuscì a finire, non riuscì nemmeno a spiegare quello che voleva dire. Venne sommersa da una risata, messa in ridicolo e tacitata. Dall’altra parte autorevoli penne del giornalismo maschili si affrettarono a tranquillizzarla che ai maschi non fa male, la Bignardi si fece una sonora risata e riprese con molta serietà invece il “punto” su cui ridere non si poteva: la dignità femminile.

  (Quota)  (Replica)

Sandro2 4:26 pm - 9th Febbraio:

erica:
“il fatto che ci siano piu donne che si ammalano di patologie psicologiche quali anoressie e bulimia è dovuto oltre alla pressione imposta da certi modelli estetici anche dalla repressione associata all’educazione femminile che tende a reprimere determinati comportamenti di sfogo.”
_______________________

Verità parziale, perché oltre a quanto giustamente evidenziato da Fabrizio, va detto che alcuni (seri) studi
pubblicati in anni recentissimi sull’American Journal of Medical Genetics, dimostrano che certi disordini alimentari sono fortemente influenzati anche da fattori di ordine genetico. Ad esempio, le donne con una madre o una sorella anoressica hanno un rischio maggiore di soffrire di anoressia e bulimia rispetto alla media. Diciamo pure che esiste un mix di fattori sia naturali che culturali.

  (Quota)  (Replica)

Rita 4:38 pm - 9th Febbraio:

comunque, il discorso di Erica conferma quello che dice Enrico:

Giacchè si rientrerebbe nell’atteggiamento precedente di spiegare le minori performance della femmina rispetto al maschio AL DI FUORI DI ESSA,e quelle maggiori del maschio,DENTRO DI ESSA

anche qui, bisogna mettersi d’accordo evidentemente le donne sono più fragili e più soggette alle pressioni indotte su di loro, rispetto ai maschi. Oppure se sono più forti dovrebbero resistere alle pressioni. In fondo la “pressione” estetica che porta all’eccessiva magrezza e patologie correlate è anti-naturale se si dà per scontata la teoria che la femmina è più attrezzata e coriacea per via della maternità.

  (Quota)  (Replica)

cesare 4:40 pm - 9th Febbraio:

Sono le donne di oggi che vanno “fuori di testa” in massa, ovvero in percentuali elevatissime e del tutto sconosciute nel passato. Realtà dolorosissima e taciuta, ma segreto di Pulcinella. E se l’albero si giudica dai frutti, è il caso che in primis le donne si domandino di quale albero si tratta, sempre che si abbia la forza morale e la capacità psicologica e intellettuale di mettersi radicalmente in discussione.
Cosa di cui ad oggi, all’orizzonte coscienziale elaborato dal genere femminile, non si vede la benchè minima traccia per quanto i maschi di buona volontà si affannino a sperare di intravvederne i segni premonitori. .

  (Quota)  (Replica)

mauro recher 5:43 pm - 9th Febbraio:

che anoressia e bulimia siano patologie strettamente femminili è fuori discussione ma ,come dice giustamente Fabrizio ,c’è un concorso di causa (come in tantissime altre situazioni) tra uomini e donne; non è solo una parte ,in questo caso il maschilista oppressore che esige il seno di titaniche dimensioni (tanto per fare un esempio) …
il vestirsi sexy , essere di una certa configurazione corporea ,e posso portare esempi del mio vissuto, è sempre una condizione di “dominio” sull’uomo e mai di sudditanza ,perchè si spera di avere l’uomo a propria disposizione (ho ripetuto quello che ha detto Fabrizio ,con il quale concordo ) ,ma proviamo anche ad ammettere che sia l’uomo che vuole questo canone estetico ,bisognerebbe chiedersi quale uomo …ovviamente uomo alpha ,non si scappa ,la donna farebbe quei sacrifici ,solo per l’uomo ,vuoi per i soldi ,vuoi per la bellezza ,vuoi per il fascino ecc ecc che sia dominante ,ancora una volta (l’ennesima) a rimetterci in questa situazione è l’uomo beta

  (Quota)  (Replica)

Lascia un commento

* Richiesto
** Il tuo indirizzo email non verrà reso pubblico
Markup Controls

 

Aggiungi un'immagine