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“Sembra essere il tormento di tante donne che si spostano in metro, un vero e proprio flagello, secondo questo articolo del New York Times : “Uomini, chiudete le gambe”: si chiama ‘manspreading’ ed è l’abitudine maschile a occupare più posti in metro. Due arresti in Usa.
No, non si sta parlando di un assassino seriale e neanche di Jack lo squartatore versione newyorkese, bensì del cosiddetto “manspreading” (letteralmente l’uomo che si allarga), cioè l’abitudine dei maschi di sedersi nei vagoni del metro a gambe aperte occupando quanto più spazio del dovuto. “Pare che gli uomini – continua il delirio, chiedo scusa, l’articolo del New York Times – considerino questo comportamento addirittura come una sorta di diritto inalienabile.
Al punto tale che la Metropolitan Transportation Authority della città ha lanciato una campagna per sensibilizzare gli uomini a un corretto comportamento in metro, invitandoli a “sedersi occupando meno spazio”, non “due o tre sedili per volta”. Ma non è tutto, perché il manspreading” è diventato un atto punibile per legge. Almeno due uomini – secondo un report del Police Reform Organising Project – sono stati arrestati per “manspreading”, cioè perché “stavano occupando più di un posto creando in questo modo un problema per gli altri passeggeri”.
Il provvedimento ha suscitato (meno male…vuol dire che perfino negli USA, patria del femminismo più radicale, non tutti/e si sono bevuti/e il cervello) diverse polemiche e anche un po’ di ironia. ”Perché a questo punto non arrestare anche chi non si lava le ascelle o ha l’alito cattivo?” è stato il commento di parecchi sulla rete. “Forse – si sono chiesti i più birichini fra i commentatori – perché anche le donne soffrono di alitosi e di sudorazione maleodorante?”
Una blogger, tale Elisabeth Plank – cito l’articolo testualmente – “ha provato a fare “manspreading” (cioè ha allargato le gambe)con una telecamera nascosta, dimostrando così che quando una donna occupa lo spazio pubblico come un uomo non passa certo inosservata. Ha ripreso passeggeri che la guardavano di traverso, alcune proteste e un ragazzo l’ha addirittura fotografata”.
Non stentiamo a crederlo. Del resto non c’è bisogno di allargare le gambe e occupare due sedili per non passare inosservate; è sufficiente anche solo accavallarle quando si indossa una minigonna “girofica” oppure un perizoma infilato tra le chiappe (comportamenti assolutamente usuali e considerati del tutto normali) per turbare le “sensibilità” dei tanti, diciamo pure dei più.
Ma il delirio non è finito, perché un’altra giornalista del N.Y.T., tale Emma G. Fitzsimmons, ci spiega, naturalmente, “che gli uomini si comportano così in parte per una questione di comodità e in parte per una questione di potere”. E figuriamoci, è ovvio che un simile irriguardoso comportamento non può che essere un cascame della cultura maschilista e patriarcale.
Non solo. Ha anche intervistato Peter Post, l’autore del libro “Essential Manners for Men” e nipote della guru dell’etichetta Emily Post “che ha ribadito che sedersi a gambe larghe, in un posto pubblico, oppure di fronte ad altre persone, è assolutamente contrario a ogni regola del bon ton”.
Dopo tutto ciò ci sentiamo senz’altro più rassicurati.
Capisco che il termine di paragone può sembrare esagerato e sicuramente lo è, ma questa vicenda mi ha riportato alla mente quella di Rosa Parks, la donna afroamericana che rifiutò di cedere il suo posto sull’autobus a un bianco e che per questo fu arrestata.
Arriverà il giorno in cui un uomo si farà arrestare per protesta allargando di proposito le gambe sul metro?
6 Commenti
l’ultimo delirio made in USA in una delle capitali del femminismo mondiale…
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Arriverà il giorno in cui queste ridicole serve di sistema dovranno rendere conto dei loro atti.
Potrà passare molto tempo (io certamente non lo vedrò) ma arriverà il giorno in cui dovranno spiegare perché in un ambito di sostanziale massacro dei diritti fondamentali dell’essere umano loro erano impegnate quotidianamente a fornire al potere armi di distrazione di massa e strumenti d’inebetimento dei popoli.
Passerà molto tempo perchè tutti i cicli hanno un termine e nessun sistema (anche se vogliono farcelo credere) è eterno.
Passerà molto tempo perchè il femminismo è una delle gambe di questo sistema e vive o muore con esso.
Passerà molto tempo ma arriverà il giorno in cui la parità dei sessi sarà sottratta alla vostra velenosa misandria.
Arriverà figlie di obama. Statene certe. Arriverà.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
l’avevo già letto tempo fa in una protesta che riguardava l’india…ora le stesse idiote femministe lo riportano anche negli usa….io invece le farei stare appiccicate nella parte di sopra ste femministe schifose per fa vedere loro cosa si prova se una parte sensibile del proprio corpo è costretta a schiacciarsi!!!!!!!!!!!!!
simone(Quota) (Replica)
Ed i casi di women-harassing come questo?
Pub scozzese dice addio al kilt per i camerieri: “Le donne sbronze li molestavano”
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Ricordate questo video?
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Ecco gli ultimi sviluppi:
Molestata 108 volte a New York: L’attrice del video virale denuncia il regista
In dieci ore di camminata viene molestata 108 volte: si tratta del video pubblicato a ottobre 2014 a New York. allo scopo di dimostrare come per una donna sia pericoloso andare in giro da sola e per rendere gli spettatori consapevoli del problema. Nonostante il successo del video, l’ideatore, Rob Bliss, non se la passa tanto bene. Shoshana Roberts, l’attrice che si è prestata all’esperimento, lo ha infatti denunciato insieme al suo gruppo, Hollaback! , sostenendo di non essere stata pagata per il video, al contrario di quanto le era stato promesso. La ragazza però non ha firmato nessun contratto per girare il video, così Bliss si è difeso sostenendo che nulla le era dovuto, men che meno i 500 mila dollari richiesti. Shoshana Roberts ha inoltre denunciato Google, YouTube e TGI Friday’s. Chi avrà la meglio?
…….
Proviamo a ragionarci un pò su questa comica.
Ci sta un gruppo sedicente femminista Hollaback! nato per sensibilizzare le persone sul fenomeno delle molestie da strada.
Fin qui niente di strano.
Chiunque può associarsi e perorare le cause che vuole. Ci mancherebbe altro.
Decidono quindi di girare un video che ha avuto un grandissimo successo sulla rete. E per fare questo video viene ingaggiata un’attricetta.
Lasciatemi dire che la cosa già a questo punto a me puzza un pò (eufemismo): per rilevare un fenomeno “spontaneo” già si sono ingaggiate due figure professionali che, in ruoli diversi, sanno come manipolare abilmente e sottilmente la realtà. Infatti il loro lavoro è proprio quello. Altra cosa sarebbe un video amatoriale, magari di scarsa qualità, traballante e girato in maniera furtiva. Sarebbe stato immensamente più credibile. Anche perchè sarei curioso di sapere come sono state effettuate quelle riprese. Erano furtive? E se si, in quale maniera?
Perchè ove non lo fossero Hollaback!, il regista e l’attricetta si sarebbe resi colpevoli di una manipolazione intenzionale spacciando un prodotto di fantasia per qualcosa di reale. Non c’è bisogno di arrivare a pensare che anche altri soggetti (maschili) del video fossero comparse arruolate alla bisogna. Basta pensare all’effetto macchina da presa in mezzo a gente normale. Pochi di noi ne rifuggono o si allontanano, i più, in maniera diversa a seconda della propria sensibilità cercano di esserne coinvolti iniziando cosi a “recitare”.
L’evidenza quindi che quello fosse un prodotto “cinematografico” altera già in partenza il rilevamento di un comportamento presupposto “genuino”. Quante persone capito che potevano entrare nella “recita” in corso si sono fatte avanti? Persone che, magari, nella realtà avrebbero solamente guardato quella donna?
I dubbi di manipolazione quindi erano già ben presenti all’epoca del video e i protagonisti non li hanno certo fugati.
Ma veniamo agli sviluppi attuali ed esaminiamo il comportamento dei tre soggetti coinvolti: Hollaback!, il regista e l’attrice.
Bene, un gruppo femminista decide che per arrivare efficacemente a quante più persone possibili occorre girare un video. Con tutta evidenza, non disponendo di tutte le professionalità interne all’associazione si rivolge fuori (l’attrice fa parte del gruppo).
In questi casi, sono stato nell’associazionismo anch’io, disponendo di pochi fondi si cercano di avvicinare persone sensibili all’iniziativa ed amici, cercando di coinvolgerli gratis o col minimo dispendio possibile.
Sia l’attrice che il regista quindi, se il prodotto fosse stato di tal tipo, erano consapevoli di operare gratis o con budget ridottissimo.
Invece veniamo a sapere che, seppur verbalmente, all’attrice erano stati promessi 500.000 $.
Roba che nemmeno in un vero film di buon livello …. *dash*
Ma soprattutto la committenza in questo caso non è Hollaback!?
Ed allora perchè, insieme all’attrice, chiedono i soldi al regista? Dovrebbe essere tutto il contrario!
Siccome a casa mia due più due fa ancora quattro, Hollaback! con tutta evidenza non è la committenza.
Altri/altre, intuendone la viralità sul web (click sulle pagine e quindi pubblicità e quant’altro …) sono i veri committenti (di cui il regista è solo l’interfaccia) ed Hollaback! scoperto tutti i soldini che sono stati movimentati dal video adesso vuole la sua parte.
Ad ogni modo quel video tutto può essere fuorchè un documento attendibile che attesti il fenomeno che si prefiggeva di mettere in evidenza.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
Non centra molto ma lo metto qui
https://femdominismo.wordpress.com/2015/08/17/io-odio-gli-uomini/
mauro recher(Quota) (Replica)