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Accettare la propria identità sessuale e realizzarsi di conseguenza è dono/dato “naturale” ma necessita anche di un grande lavoro emotivo, psicologico e culturale. Compito di solito assolto dalla sapienza complessiva elaborata da una intera civiltà.
Altrimenti è l’individuo con le sue sole forze a dover tracciare il percorso di identificazione ovvero fare il lavoro di solito svolto in decenni da più generazioni: oggi siamo in queste condizioni a mio avviso.
Che la psicologia del profondo individui l’invidia penis come una tappa e fase transitoria sulla strada della identificazione femminile, è evidenza di chiunque nonchè evidenza scientifica.
E al posto di una civiltà che valorizza la femminilità ed è in grado di accoglierla nella sua specificità, è altrettanto evidente a mio avviso che ne abbiamo una che valuta tanto più autentica e libera la donna tanto più lei è disposta ad assimilarsi ai comportamenti maschili. Il femminismo/femdominismo ha anche questa tragica responsabilità, quella di aver avallato questa totale indisponibilità della civiltà occidentale ad accettare il femminile.
Pertanto l’invidia penis, ovvero l’assunzione del modello di identificazione maschile, da fase infantile della identificazione femminile, è stata ufficialmente proclamata sacrosanta rivendicazione sia dalle esigenze strutturali delle società occidentali sia dal femminismo, l’ideologia del tutto coerente con le esigenze della struttura socieoeconomica in Occidente.
Sulla possente spinta di queste tre componenti, l’odio/invidia verso il maschio è diventato non un valore, ma “il” valore, quello più propagandato dai media occidentali e legittimato e difeso armi in pugno dagli apparati di potere.
Su di esso si è strutturata e finanziata una imponente attività politica, con formidabili risvolti repressivi all’interno e imperialisti verso l’esterno.
Nella realtà si tratta di una mascheratura più o meno consapevole della profondissima insofferenza della società industriale avanzata verso la femminilità (identificata tout court con l’arretratezza) e l’identificazione delle donne che ne consegue. Insomma il discorso che una ragazza si sente fare è il seguente: cara ragazza, voi donne o diventate come maschi o non c’è posto per voi: i ritmi, i tempi femminili, le “inefficenze” della maternità e della vostra biologia,la diversità emotiva e psicologica femminile, non sono compatibili, sono out.
Non mi meraviglio pertanto che quella fase infantile della crescita psicologica femminile che è l’invidia penis, sia diventata fase impossibile da superare per cui quello che una volta era vera malattia psicologica di poche, è diventata epidemia, ovvero condizione patologica delle masse femminili.
Da cui quell’ autentico delirio di massa spacciato per liberazione femminile che coincide di fatto con l’accusa che le donne fanno ai maschi, che le donne sono costrette ad essere donne: il male supremo. Accusa che ormai lo abbiamo capito: è il comune denominatore e sostanza di ogni altra accusa contro i maschi.
In sintesi: l’odio verso se stesse è diventato odio antimaschile ed è stato riconosciuto come alto valore civile e chiamato amore.
58 Commenti
L’invidia del pene è in italiano chiarissimo a tutti. A dirlo in latino si rischia poco perché lo capiscono lo stesso tutti per la grande somiglianza sonora (invidia penis) e si fa credere di conoscere la nobile e antica lingua. Ma se poi si scrive “poenis” (alle pene) si finisce di far davvero pena.
Scriba(Quota) (Replica)
Grazie Scriba, hai ragione, è evidente che non siamo ferrati in latino…Da questo a far pena ce ne corre…
In ogni caso la nostra parola d’ordine è”da ciascuno secondo le sue capacità” e tu ci hai appena erudito sulle tue. Se poi oltre a correggere i nostri strafalcioni latini, hai anche da dire qualcosa di costruttivo nel merito dell’articolo (che non mi pare proprio che faccia pena…), ne saremo ancora più felici…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Ti viene offerto di degustare un gran barolo.
Ma tu noti che il bicchiere porta una microscheggia.
Motivo sufficiente per lanciarne il contenuto contro chi ha commesso cotanto delitto.
Scriba, non è che qui …gatta ci cova?
Rino DV
Rino(Quota) (Replica)
Proprio vero quello che sostengono certi “vecchi” della QM, ovvero che il maschio medio è un idiota…
Marco(Quota) (Replica)
Quando non ci sono argomenti si critica la grammatica, succede spesso.
Leonardo(Quota) (Replica)
Grazie Scriba per il tuo prezioso contributo. Ne sentivamo la mancanza.
maub(Quota) (Replica)
Rino: Ti viene offerto di degustare un gran barolo.
Ma tu noti che il bicchiere porta una microscheggia.
Motivo sufficiente per lanciarne il contenuto contro chi ha commesso cotanto delitto.
:-D:-D scusa Rino, ma manco quello secondo me.. pure il bicchiere è intatto, è che è stato presentato come bàrolo anzichè baròlo. Eppure non c’è possibilità di malinterpretare: il vino è lì, lo si vede e se ne sente il profumo. Ma il correttore di bozze “inside” non riesce ad andare oltre… se gli cambiano un accento non riesce più a riconoscere quel liquido come vino, nemmeno se è nel bicchiere giusto e pure nuovo.
Tornando al bellissimo articolo di Cesare, c’è una sola piccola cosa che non mi torna (e siccome non è molto chiaro nemmeno a me, non so se riesco a spiegarmi). Esiste, sappiamo tutti e se n’è parlato diverse volte, anche una forte svalorizzazione sociale del maschile e del modelo di identificazione maschile, quando ad assumerlo è un uomo. In altre parole, se da una parte, come dici tu, le donne accusano gli uomini di essere costrette ad essere donne, accusano anche gli uomini per il fatto che continuano a restare uomini. Allora mi chiedevo se non esiste anche un corrispettivo maschile dell’invidia penis nei riguardi del femminile che è stato alimentato. Ma mi sono capita? Io non ne sono sicura.. spero che mi capisca qualcuno di voi
Rita(Quota) (Replica)
per Scriba@
Nella lingua in cui si è espressa una delle più grandi civiltà della Storia, quella latina, basta dunque una vocale e dal termine inequivocabilmente riferito al genere maschile si passa al termine inequivocabilmente riferito al mondo della sofferenza, del dolore e io aggiungo del sacrificio/dono. E questo è ahimè un dato di fatto. Svelato inopinatamente proprio da un errore? Se è così felix error! non è da poco infatti accorgersi della propria pena come pena destino di genere. Da quel momento in poi forse si riesce anche a leggere (e reggere) l’intera narrazione della propria reale condizione. E ci si sveglia.
Questo errore e la relativa correzione a me fa anche venire in mente il più angoscioso dei miei sogni, quello che mi impone di fare la “terribile” maturità classica (anni sessanta). Che nella realtà ho fatto davvero e mi andò pure benino.
Ecco, appunto: di questi tempi, sedicenti “tempi di liberazione sessuale”, non si fa a tempo a nominare il Joy stick che si piomba davanti a una angosciosa commissione d’esame.
cesare(Quota) (Replica)
Tornato sul luogo del delitto scopro con sincera meraviglia che la mia segnalazione dell’errore, certo condita con un po’ d’ironia e il giochino di parole (italiane) tra pene e (far) pena, ma che sarebbe arduo definire pepata, ha suscitato un mezzo vespaio.
Apprendo fra l’altro di essere un maschio medio e, come tale, idiota, mentre ero convinto di appartenere a una minoranza di eccentrici con il pallino del latino, in ciò confermato anche dal fatto che a seguirmi su Twitter ci sono solo poco più di 200 persone, su alcuni miliardi di esseri umani.
Pensavo che chi segnala errori di ortografia rischiasse al massimo di essere definito pedante, noioso o qualcosa del genere, invece imparo che oggi ti accusano di aver cercato l’errore perché non avevi argomenti contro il contenuto (ma perché dovrei averne? boh!) e che ci dev’essere sotto qualcosa di losco.
In generale percepisco un’atmosfera prevenuta e livorosa che mi ricorda i da me odiatissimi dibattiti televisivi fatti di urla e di interruzioni continue. Peccato! Peccato per Fabrizio Marchi e per il civilissimo autore Cesare, che mi sembra meritino un pubblico meno stizzoso. Entrambi mi pare abbiano capito che se uno vede un errore vuol dire che ha letto il testo, e se è andato a leggerlo tra i miliardi di cose che si possono trovare in rete vuol dire che i contenuti del sito lo interessano.
A Fabrizio dico che se avessi sentito il bisogno di commentare il merito dell’articolo l’avrei fatto senza problemi, a prescindere dagli errori. Non l’ho sentito e, francamente, dopo queste reazioni degli altri lettori, non credo che lo sentirò in futuro.
A Cesare, con molta simpatia (perché chi vede un errore ortografico sa di averne commessi e di poterne commettere anche lui, del resto errando discitur, per restare all’amato latino), mi permetto di precisare che mentre in italiano il passaggio pene-pena (e quindi dal sesso maschile alla sofferenza) è davvero questione di uno scambio di lettera (c’è anche la barzelletta/battuta dell’ambasciator che non porta pene…) tra penis e poenis la cosa è più complessa:
– uno è genitivo singolare, l’altro dativo o ablativo plurale;
– la pronuncia classica non era uguale per le due voci come ci hanno insegnato a scuola dove si adottava la pronuncia ecclesiastica, per cui “oe” si legge “e”;
– inoltre “penes” era in primo luogo “coda” e solo eufemisticamente rimandava al membro virile, che gli antichi chiamavano volgarmente mentula (da cui il siculo minchia).
Tutto ciò ovviamente non toglie alcuna legittimità alle sue riflessioni e alle sue emozioni.
Certo mi piacerebbe che anche alle mie considerazioni, e persino ai miei pallini e alle mie pedanterie fosse riconosciuta la stessa legittimità. Il mondo è grande e chi crede di esserne l’ombelico farebbe bene a coltivare qualche dubbio al riguardo.
Scriba(Quota) (Replica)
…Peccato per Fabrizio Marchi e per il civilissimo autore Cesare, che mi sembra meritino un pubblico meno stizzoso. Entrambi mi pare abbiano capito che se uno vede un errore vuol dire che ha letto il testo, e se è andato a leggerlo tra i miliardi di cose che si possono trovare in rete vuol dire che i contenuti del sito lo interessano”. (Scriba)
Scriba, parliamoci chiaro, se veramente i contenuti del sito ti interessano o addirittura li condividi in parte, come tu stesso lasci intendere, lascia perdere tutte queste menate e dai un contributo sostanziale.
Il resto, come tu stesso hai evidenziato, è pedanteria. La stessa, per la verità, con la quale hai esordito, se sei onesto, sottolineando con pessimo e supefluo sarcasmo, il banalissimo errore di Cesare (e mio).
E in tutta sincerità, non credo che tu sia in buona fede. Perché una persona realmente in buona fede che entra per la prima volta in un luogo che dice anche di condividere, sia pure parzialmente, non esordisce nel modo in cui hai esordito tu. Mi sembra evidente.
Ti sollevo anche dall’incombenza di una risposta. Suonerebbe falsa. Fai come se il fatto non fosse accaduto. Se ci dai una mano, magari anche critica, sei il benvenuto (e non lo dico pro forma perché abbiamo bisogno come il pane di uomini consapevoli); se invece devi ciurlare nel manico, è meglio che lo vai a fare altrove.
Per cui dico anche a te quello che ho detto ad altri: non abbiamo energie e tempo da perdere con queste facezie. Se ne hai voglia, datti da fare, altrimenti lasciaci lavorare.
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
@ Scriba
Mah … penso che di tutto ti possa meravigliare, fuorché delle reazioni che hai suscitato. Perché?
Ipotesi A
Sei una vecchia conoscenza di Cesare e/o di Fabrizio. Si spiegherebbe così il tenore dell’intervento. Che letto in questa chiave è interpretabile come una frecciatina, a parer mio sarcastica più che ironica, rivolta a chi, in tempi più meno recenti, ha interloquito con te su questi o altri temi. Bene. Se così fosse, il tuo intervento era “condito” da chiavi di comprensione nascoste. Non comprensibili ai più. Ai quali pertanto non puoi addebitare niente di niente.
Ipotesi B
Non conosci Cesare, Fabrizio od altri. Intervieni su questo sito per la prima volta (correggimi se sbaglio), solamente perché sollecitato dall’argomento, che nella replica però sostanzialmente affermi di condividere, indicando l’errore come sola ragione del tuo intervento.
Beh, penso non ti sia difficile capire che c’erano tanti modi per sottolinearlo. Tanti.
Tanti meno uno. Il Tuo.
Cordialmente, Luigi
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
“Mah … penso che di tutto ti possa meravigliare, fuorché delle reazioni che hai suscitato. Perché?
Ipotesi A
Sei una vecchia conoscenza di Cesare e/o di Fabrizio. Si spiegherebbe così il tenore dell’intervento. Che letto in questa chiave è interpretabile come una frecciatina, a parer mio sarcastica più che ironica, rivolta a chi, in tempi più meno recenti, ha interloquito con te su questi o altri temi. Bene. Se così fosse, il tuo intervento era “condito” da chiavi di comprensione nascoste. Non comprensibili ai più. Ai quali pertanto non puoi addebitare niente di niente.
Ipotesi B
Non conosci Cesare, Fabrizio od altri. Intervieni su questo sito per la prima volta (correggimi se sbaglio), solamente perché sollecitato dall’argomento, che nella replica però sostanzialmente affermi di condividere, indicando l’errore come sola ragione del tuo intervento.
Beh, penso non ti sia difficile capire che c’erano tanti modi per sottolinearlo. Tanti.
Tanti meno uno. Il Tuo”. (Luigi Corvaglia)
Sottoscrivo. Ho il dubbio (per quello che può importare, sia chiaro) che lo scrivente possa in realtà essere una scrivente, una nostra vecchia conoscenza che fa la maestra nel profondo nord-est, abbastanza ferrata nelle lettere classiche antiche, greco e latino. Sono le sole materie (seppur bellissime) che conosce e che ha studiato. Per il resto è una assoluta nullità. Nulla di male, sia chiaro, non si può certo conoscere tutto di tutto, a patto di non voler strafare in quelle poche cose in cui ciascuno di noi è preparato. Il suo giochetto, che abbiamo conosciuto a suo tempo, sempre che si tratti della stessa persona e naturalmente potrei sbagliarmi (comunque non cambierebbe di una virgola la sostanza del discorso che è estendibile a tutti i miserabili della stessa pasta) è naturalmente quello di intervenire nell’ambito di una discussione infischiandosene del contenuto e rimarcando gli eventuali errori ortografici o grammaticali. Il che dimostra la pochezza del personaggio e la miseria (non della filosofia, come diceva qualcuno) ma della sua persona. E’ superfluo anche spiegare cosa si celi dietro a questo modo di fare…
Infatti una donna o un uomo veramente colti (e quindi consapevoli anche e soprattutto dei propri limiti e della propria socratica ignoranza) mai e poi mai approccerebbero nel modo becero (e anche insano, a mio parere) con cui hanno approcciato il lui o la lei in oggetto…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Scriba@
Incuriosito dalla questione sui termini “pena” e “pene”, ho chiesto lumi sulla loro etimologia anche ad un amico latinista e grecista. Si è buttato per tutto il pomeriggio di ieri a studiare la questione che a suo dire è assai complessa. Mi ha chiamato verso l’ora di cena, assai turbato per alcune fonti che non riusciva a rintracciare, e mi ha promesso, per questa sera ( si va in pizzeria), una relazione, che se ho ben inteso, dovrebbe essere una relazione scritta. Aiuto!
cesare(Quota) (Replica)
Femminismo e invidia penis marciano a braccetto, non perchè il primo si esaurisca nel secondo, cosa inesatta, ma perchè il secondo ne è sicuramente una componente determinante, per quanto occultata dietro una sapiente tattica di “depistamento”.
Non so bene che cosa Freud intendesse con questa espressione, invidia penis, ma mi sembra di ricordare che la interpretava in senso piuttosto letterale, facendo riferimento alle dinamiche tra i sessi nei loro primi anni di vita. Certo, credo che nel caso che stiamo dibattendo si vada bel al di là di questa interpretazione, e che la si debba spostare dal piano letterale a quello traslato, figurato. L’invidia penis è allora, molto sinteticamente, l’invidia per ciò che l’uomo, inteso come genere sessuale, ha prodotto nel corso dei secoli e produce tutt’ora. Come scrivevo questa forma di invidia si nasconde, si camuffa in maniera assai efficace, ma salta fuori a un occhio attento, quando con insistenza le femministe sottolineano come le donne non abbiano potuto raggiungere certi risultati in vari ambiti perchè soffocate nel loro slancio culturale, politico, scientifico, ecc., dall’oppressione maschile. Ora, come sappiamo quest’ultima è una forzatura interpretativa della storia, ma evidenzia come le nostre vivano con grande fastidio e disappunto questo “gap”, ai loro occhi, e cerchino di giustificarlo a ogni piè sospinto. E’ altrettanto evidente, a mio parere, che questa forma d’invidia prende piede con la Prima Rivoluzione industriale, ossia con il protocapitalismo, e si afferma con l’attuale forma di economia di mercato. Questo perchè il continuo celebrare da parte dei media attuali, cioè da parte di coloro che diffondono i “valori” dominanti, il potere, il successo tout court, il “protagonismo”, sancito dall’apparire, dal fuoriuscire dalla massa “anonima”, finisce per esacerbare il senso di frustrazione, inutilità in coloro che non vi partecipano, nelle donne ancor più che negli uomini, in quanto proiettano anche nel passato questo senso di frustrazione. Liberarsi da questo tipo di invidia procede di pari passo con il fuoriuscire dagli schemi mentali dell’attuale sistema socio-economico e ritornare a restituire valore al lavoro, all’attività “nascosta”, “anonima” di uomini e donne normali, non strombazzata dagli strumenti di conservazione del potere. Riacquistare autostima attraverso una lettura del passato e del presente che restituisca valore a chi, giorno per giorno, ha reso possibile il progresso silenzioso della specie, ossia donne che hanno svolto con grande capacità le loro incombenze domestiche, per esempio, o uomini che hanno sfamato, con la loro fatica nei campi, generazioni di loro simili. Misurare la storia e il presente esclusivamente come raggiungimento di posti di potere o in grado di avere ascendente anche culturale sul resto della popolazione,significa scadere in questa forma di invidia, generatrice di tensioni e conflittualità.
Alessandro(Quota) (Replica)
Alessandro:
Non so bene che cosa Freud intendesse con questa espressione, invidia penis, ma mi sembra di ricordare che la interpretava in senso piuttosto letterale, facendo riferimento alle dinamiche tra i sessi nei loro primi anni di vita.
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Freud ha fatto un sacco di scritti, ne dirò qualcuno in breve (spero di non fraintedere le sue teorie).
Dice che è difficile sia per il bambino che per la bambina accettare la mancanza del fallo nella femmina, la seconda però accetta subito la verità è invidiosa e si sente vittima di un ingiustizia, ed infatti abbiamo tutti i comportamenti femminili caratteristici…
Dice che la sessualità è sopratutto al maschile e che le bambine godono più come i ragazzi, con il clitoride che non con la vagina, infatti afferma, che per diventare adulta la donna deve trasferire il piacere dal clitoride al resto della vulva…
Dice, pure, che se un bambino non riconosce alla bambina la mancanza del pene (per motivi che lo fissano sul pene), diventerà omossesuale e cercherà il pene in uomini che per lui hanno caratteristiche femminili…
vabbè, sono alcune teorie estrapolate da tutto un contensto di studi e analisi sulle varie età di un individuo e di come si forma la sua personalità.
Si capisce comunque il gran casino del mondo…
Leonardo(Quota) (Replica)
Identificazione riuscita
“Tu non ce l’hai” disse il bimbo alla bimba; e lei: “Vero! ma con questa gabiettina qui ne prendo quanti ne voglio”.
cesare(Quota) (Replica)
Sarà difficile capirlo. Ma perchè “poenis” e non “penis”? A proposito, nella mia lingua il “pene” si chiama “penis”. Non sono latino, tranquilli, altrimenti sarei già morto. ^^
Jan
p.s. Seguo il vostro sito.
JanQuarius(Quota) (Replica)
Ancora con questa storia…maronna…
Dici di seguire il nostro sito però su 141 articoli e 7 video hai sentito il bisogno irrefrenabile di sottolineare questa fondamentale questione semantica…
E va bè…benvenuto anche a te…ci saranno momenti migliori…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Lo scritto di Cesare, ed anche la domanda che pone Rita, stimolano riflessioni.
Quando Cesare parla di Società Occidentale, si riferisce all’Occidente moderno o post moderno (o post industriale o neocapitalistico, ma insomma ci si capisce), iperproduttivista e iperefficientista.
Le società preindustriali e premoderne, altrimenti definibile come patriarcali in senso proprio (essendo il patriarcato ormai superato, o sconfitto, nei fatti dall’evoluzione sociale come lo stesso femminismo ammette), avrebbero quindi avuto il grande pregio di rispettare la femminilità e offrirle un suo proprio spazio d’espressione oggi negato. Dal che si deduce che le donne di oggi sbagliano completamente bersaglio, dovendo invece , per logica necessitata dalla premessa, puntare alla ri-scoperta dell’antico, per tornare non a quelle strutture socio economiche ma a quelle strutture psichiche del maschile e del femminile. A quando cioè i sessi concepivano se stessi come diversi dall’altro, e potevano esprimersi in un ambito di complementarietà e dono, nonché diritti e doveri, reciproci. Diciamo, a grandi linee, che il concetto è molto simile a ciò che Ivan Illich definiva la società del “genere vernacolare”, in cui M. e F. cooperavano da spazi diversi (pubblico quello maschile, privato quello femminile), in cui ciascuno esercitava la sua prevalenza. C’erano, scriveva Illich nel suo libro “Genere e sesso”(1982) ormai introvabile e che alla sua uscita suscitò molte polemiche, cose “adatte” ai maschi e cose “adatte” alle femmine. Fu solo la società industriale, col superamento della produzione agricolo/artigianale domestica e la diffusione totale del lavoro salariato, a far saltare l’equilibrio. Da allora maschi e femmine furono “scaraventati” in fabbrica a fare lavori tendenzialmente “neutri”, con ciò stimolando fortemente la guerra fra i sessi ora costretti a misurarsi sullo stesso terreno per lo stesso obbiettivo (il salario come fonte di sussistenza). Sempre Illich sosteneva allora che questa era anche l’origine del sessismo, ossia della prevalenza maschile nella lotta fra i sessi, concetto che però in linea teorica avrebbe potuto essere anche rovesciato (e lo stesso Illich se ne mostra consapevole quando accenna agli obbiettivi di potere del movimento femminista americano).
Tornando allo scritto di Cesare, viene immediatamente da fare un’obiezione. Come si concilia il concetto di indisponibilità dell’Occidente ad accettare il femminile con la sua esaltazione quotidiana? E, si badi bene, non solo come capacità di fare meglio degli uomini le stesse cose che gli uomini hanno sempre fatto, ma anche come supposto portatore di valori moralmente superiori, quali pace, non violenza, non competitività? Logica vorrebbe che una società indisponibile ad accettare il femminile dovrebbe esaltare solo le caratteristiche maschili e “limitarsi” a spingere le donne a farsi “uomini”. C’è, qui, una contraddizione all’apparenza inspiegabile, che si salda con la domanda di Rita, la quale coglie l’altro aspetto della questione quando sottolinea che esiste “anche una forte svalorizzazione sociale del maschile e del modelo di identificazione maschile, quando ad assumerlo è un uomo”.
La risposta dovrebbe essere cercata, penso, nelle nuove esigenze della società postmoderna, che già Illich lascia intravedere anche se non le sviluppa e approfondisce come avrebbe potuto. Al di là delle scoperte di Freud, per il quale può comunque essere utile sottolineare che studiava casi clinici della borghesia viennese del primo novecento, si può dire che la modernità è inconciliabile sia col “maschile” che col “femminile”, intendendo per tali le strutture psichiche millenarie che da sempre hanno contrassegnato i due sessi. Il “nuovo” modello di umanità che si confà alla società tecnica postmoderna non necessita più né dei caratteri classici del maschile (idealismo, creatività, slancio spirituale, rischio, coraggio fisico, spirito di sacrificio in favore della comunità e della famiglia, intelligenza logica) , né di quelli classici del femminile (intuito, propensione all’accudimento, costruzione e cura del proprio spazio domestico, attenzione all’intimità, intelligenza emotiva). Diciamo meglio che mentre alcuni di quei caratteri sono del tutto a-funzionali (slancio spirituale, coraggio, intimità, sensibilità) e quindi da eliminare, altri diventano funzionali solo se “sussunti” sotto, e gestiti da, apposite strutture “sociali” impersonali all’uopo delegate (cura/accudimento, intelligenza logica ed emotiva). E’ la pervasività del Capitale, che non si identifica più con l’antico “padrone” ma con tecnostrutture impersonali e astratte. L’importante è che i caratteri tradizionali maschili e femminili non siano più integralmente incarnati in uomini e donne concrete, perché individui fortemente identificati con se stessi sono individui autonomi e molto meno facilmente manipolabili, ossia indotti a credere di trovare una effimera identità nel consumo di merci alla moda e nell’acquisto di oggetti che diano loro uno “status simbol”. Il nuovo individuo funzionale e adattato alle esigenze del modo di produzione “deve” essere androgino o metrosexual (e qui si pone anche la questione, non moralistica, del significato della “celebrazione” moderna dell’omosessualità), nel senso però non di sommare i caratteri dei due sessi, operazione peraltro impossibile, ma di sottrarre ad esso i caratteri propri. Un individuo, insomma, omologato per sottrazione, al ribasso. Per questo, secondo me, la nuova, vera, grande questione della post modernità è prima ancora antropologica che sociale ed economica. Sono in giuoco la concezione stessa dell’uomo e il modo con cui percepisce se stesso come individuo sessuato, dotato di corpo e psiche indissolubilmente connessi. Questione che implica anche il giudizio/valutazione del senso vero delle ingegnerie genetiche e dello strisciante eugenismo.
Ma, se quello sopra tratteggiato è l’obbiettivo verso cui si marcia, la strategia per centrarlo necessita di tattiche diversificate e tappe intermedie. Ecco che, allora, inizia a chiarirsi il senso della contraddizione che indicavo, ed anche la risposta alla domanda posta da Rita. Da un lato è necessario “de-identificare” il maschile facendolo sentire come sbagliato e oppressore affinchè rinneghi la sua antica identità (corrispettivo maschile dell’invidia penis), e qui si pone immediatamente la questione paterna in tutte le sue implicazioni come perno della strategia. Dall’altro e parallelamente, è necessario de-identificare il femminile facendogli credere di essere stato costretto in un ruolo innaturale e spingendolo contemporaneamente ad odiare e imitare l’oppressore (invidia penis). Il femminismo, scivolato nel femdominismo, è diventato lo strumento di questo disegno e, lungi dal rappresentare un qualsiasi simulacro di opposizione, è direttamente e immediatamente funzionale all’obbietivo strategico della società di cui si dichiara oppositore. E, ovviamente, non otterrà affatto, per la generalità delle donne, nessuna“liberazione” autentica. Fatto il lavoro “sporco”, la tecnostruttura del Capitale lo metterà tranquillamente da parte. Così, solo per fare un esempio, la necessità per i figli di stare con la madre, celebrata e presa a pretesto per far fuori i padri, sarà accantonata qualora osti alla produttività del lavoro femminile, e si teorizzerà la bontà delle così dette strutture educative socializzate. Il risultato complessivo sarà (o già è) quel disastro antropologico di cui parlano anche Barcellona e Tronti. Donne e uomini nel caos identitario, confusi su se stessi e in guerra con l’altro sesso, senza peraltro nessunissima possibilità di assumerne i caratteri più autentici se non come caricature.
armando(Quota) (Replica)
Armando:
>
Lo scritto di Cesare, ed anche la domanda che pone Rita, stimolano riflessioni.
>
… riflessioni stimolanti, le tue.
Cui c’è poco da obiettare, mi pare.
Ci si può aggiungere, non togliere.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
http://forum.alfemminile.com/forum/psycho1/__f41620_psycho1-L-invidia-del-pene-sono-malata.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Fase_genitale
Leonardo(Quota) (Replica)
qualcuno ha correttamente affermato che gli uomini devono esprimersi liberamente attraverso la propria voce. la stessa cosa vale per le donne ma questo genere di teorizzazioni sono un invito a mancare loro di rispetto presumendo di sapere cosa va bene o non va bene per loro.
onurevni(Quota) (Replica)
Sì, si tratta di un invito a mancare di rispetto agli uomini che da mezzo secolo si sentono dire chi sono, cosa pensano, cosa vogliano veramente. Un invito a continuare imperterrite su questa strada.
Perché è qs che intendi dire, nevvero?…
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Onurevni@questo genere di teorizzazioni sono un invito a amncare di risopetto alle donne….
Sono fra coloro che hanno la convinzione che la realtà esista e possa essere descritta e sia doveroso conoscerla e non dipende dal sesso di chi la studia e che questo non costituisca offesa bensì conoscenza del mondo e di se stessi: la via maestra per essere liberi.
cesare(Quota) (Replica)
onurevni
la stessa cosa vale per le donne ma questo genere di teorizzazioni sono un invito a mancare loro di rispetto presumendo di sapere cosa va bene o non va bene per loro.
—————————————————-
D’accordo con cesare. Sono dell’idea che gran parte del male su questo pianeta sia dovuto all’ignoranza e al voler sempre nascondere le verità scomode, per dare spazio a falsità di comodo che si rivelano ancora più scomode. Infatti prendendo per esempio le malattie mentali: sono un rifiuto della realtà e del vissuto dell’individuo che ne è colpito, per fantasie e sintomi che diventano peggiori dell’accettare la brutta realtà (difficilissima e bruttissima) con in più l’inganno della società; quando si dice la follia umana, il mondo è matto: bisogna curarlo.?
Quello che va bene per le donne sono affari loro, io non voglio soffrire per i loro comportamenti irrazionali ed egoisti (dovuti in parte al titolo di questo articolo).
Basta con la galanteria e l’adulazione.
Il tuo nome letto al contrario da: inveruno ?
Leonardo(Quota) (Replica)
Per come la vedo io, le donne sono fin troppo rispettate dagli uomini, i quali non fanno che leccargli il culo dalla mattina alla sera. Non mi risulta accada il contrario.
Anzi, di norma le donne parlano sempre male degli uomini e si guardano bene dal rivolgergli il benché minimo apprezzamento. Dalle loro lingue esce solo veleno: basta ascoltare attentamente quello che dicono.
Marco(Quota) (Replica)
ogni essere umano gode di libertà fondamentali e quindi se le donne vogliono comportarsi in una certa maniera ne hanno il legittimo diritto. se vogliono realizzarsi nel lavoro invece di stare a casa a fare le regine dei fornelli o le mamme cosa c’è di male e chi può impedirglielo?
ps. si, inveruno.
onurevni(Quota) (Replica)
“ogni essere umano gode di libertà fondamentali e quindi se le donne vogliono comportarsi in una certa maniera ne hanno il legittimo diritto. se vogliono realizzarsi nel lavoro invece di stare a casa a fare le regine dei fornelli o le mamme cosa c’è di male e chi può impedirglielo?” (onurevni)
Perché, ti risulta che qui qualcuno glielo voglia impedire?…
Onurevni, se proprio sei pervaso da questo irrefrenabile desiderio di polemizzare (attività di per sé sterile ed inutile) cerca per lo meno di farlo con cognizione di causa. E non deformare, pro domo tua, i concetti espressi negli articoli. Per due ragioni fondamentali:
1) non è serio da parte tua e non ci fai una bella figura;
2) da queste parti non portiamo più la sveglia al collo da un bel po’ di tempo…
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Anche la/il Onurevni (F o M?) ha fatto come infiniti/e altri/e.
Ha scoperto che esiste un movimento promale.
Ne ha immediatamene dedotto che si tratta di una bella banda di maschilisti patriarcalmisogini che vogliono rimandare le femmine ai fornelli.
Dato che ha capito tutto al volo, sarebbe pedanteria, perché superfluo, da parte ns. dirle che è vero.
Ci ha smascherati!
Tanto di cappello…
RDV
Rino DV(Quota) (Replica)
@
ogni essere umano gode di libertà fondamentali e quindi se le donne vogliono comportarsi in una certa maniera ne hanno il legittimo diritto. se vogliono realizzarsi nel lavoro invece di stare a casa a fare le regine dei fornelli o le mamme cosa c’è di male e chi può impedirglielo?
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Mah… io quando leggo roba del genere mi sento letteralmente preso per il culo, perché non mi pare proprio che oggigiorno alle donne sia impedito di fare quel che vogliono dagli “oppressori” uomini…
Anzi, le suddette hanno molte più alternative di un uomo, nel corso della propria esistenza.
Lavorano se vogliono lavorare; fanno le casalinghe se voglio fare le casalinghe e pur non possedendo un reddito trovano chi le corteggia, le scopa, le sposa, le “scarrozza” in auto”, gli paga cene, vacanze e quant’altro. Non hanno alcun obbligo verso l’altro sesso; praticamente fanno il bello e il brutto tempo, ma nonostante ciò seguitano a lamentarsi e a raccontare di essere discriminate.
Ripeto: le donne ci stanno prendendo per il culo.
Marco(Quota) (Replica)
Onurevni: se vogliono realizzarsi nel lavoro invece di stare a casa a fare le regine dei fornelli o le mamme cosa c’è di male e chi può impedirglielo?
Ma chi ha mai detto che si vuole impedire alle donne di lavorare? Piuttosto c’è ormai un interdetto sociale contro quelle che preferiscono “fare le mamme e le regine dei fornelli”. E questo interdetto, questo trattarle come esseri inutili, non autonomi e dipendenti, viene proprio dalle femministe. Dice nulla questo? La libertà, in quanto libertà, deve potersi esercitare in entrambe le direzioni senza condanne o deplorazioni.
Ma da questo punto di vista esiste un’altra differenza di libertà fra maschi e femmine. Per il maschio lavorare è un dovere sociale introiettato, per le femmine una delle scelte possibili. Giusto o sbagliato che sia c’è quì una differenza da sottolineare e che è socialmente accettata. Il maschio che non lavora è uno sfigato o un fannullone, la donna niente affatto.
Se è così, ed è così, allora lavoro maschile e femminile non possono essere considerati sullo stesso piano. Perchè dovere e autorealizzazione non sono per niente la stessa cosa.
armando
armando(Quota) (Replica)
x onurevni: mi sembra che l’oggetto dell’articolo sia tentare di decriptare le ragioni dell’odio anti-uomo. Quindi ci riguarda.
La sostituzione della auto-narrazione di un sesso con quella fornita dall’altro sesso si verifica solo quando uno dei due può parlare e l’altro no. Cioè proprio quello che è avvenuto fino a oggi ai danni dell’uomo. Non è il semplice parlare dell’altro a generare questo tipo di problemi bensì l’assenza di contraddittorio.
Roberto Micarelli(Quota) (Replica)
onurevni ha scritto: “ogni essere umano gode di libertà fondamentali e quindi se le donne vogliono comportarsi in una certa maniera ne hanno il legittimo diritto. se vogliono realizzarsi nel lavoro invece di stare a casa a fare le regine dei fornelli o le mamme cosa c’è di male e chi può impedirglielo?”
Che imparino allora a farlo senza odio anti-uomo, se non gradiscono di essere psicologicamente indagate.
Roberto Micarelli(Quota) (Replica)
Mi permetto di suggerire a Onurevni la lettura di qs mio articoletto sul mio blogghino.
http://metromaschile.it/altrosenso/2011/06/21/la-piramide-la-bugia-la-rovina/
So quale obiezione verrà addotta: nessuna obiezione.
RDV
Rino(Quota) (Replica)
Ha scoperto che esiste un movimento promale.
Ne ha immediatamene dedotto che si tratta di una bella banda di maschilisti patriarcalmisogini che vogliono rimandare le femmine ai fornelli.
Dato che ha capito tutto al volo, sarebbe pedanteria, perché superfluo, da parte ns. dirle che è vero.
Ci ha smascherati!
Tanto di cappello…
RDV
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come Rino ,non era questo il nostro scopo? ,devo cambiare gruppo allora
ma ,dico ,anch’io che non sono sicuramente una cima ,prima di scrivere certe cose leggerei qualcosina sul sito e poi mi farei un idea … se mi trova articoli dove si scrive che vogliamo mandare le donne dietro ai fornelli e vivere ,come molti anni fa ,mi faccia un fischio
mauro recher(Quota) (Replica)
Roberto Micarelli :
onurevni ha scritto: “ogni essere umano gode di libertà fondamentali e quindi se le donne vogliono comportarsi in una certa maniera ne hanno il legittimo diritto. se vogliono realizzarsi nel lavoro invece di stare a casa a fare le regine dei fornelli o le mamme cosa c’è di male e chi può impedirglielo?”
Che imparino allora a farlo senza odio anti-uomo, se non gradiscono di essere psicologicamente indagate.
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L’analisi psicologica serve a prescindere, per la conoscenza e per la medicina.
onurevni è uno invero di quelli che si rimettono alla volontà femminile: le donne hanno sempre ragione; se si becca un piatto in testa lui esclama:” Ah le donne!? Sono meravigliose!”
Leonardo(Quota) (Replica)
recuperare teorie anacronistiche e screditate come quella dell’invidia penis, ormai destinata alla pattumiera della storia assieme alla frenologia di Lombroso, mi sembra proprio un segnale di non voler ascoltare quello che dicono le donne.
onurevni(Quota) (Replica)
Eccellente articolo quello di Rino, come al solito. Autorealizazione contro dovere sociale. Incontestabile, ed incontestabile che in tale situazione tutto il piagnisteo sulle donne che sarebbero più penalizzate degli uomini a causa della crisi, a parte il fatto che non sempre è così, suona come falso e ipocrita. E’ come se dicessero che l’autorealizzazione femminile è più importante dell’adempimento di un dovere. E’ come se ammettessero che è meglio una donna che si autorealizza piuttosto che favorire l’unità di una famiglia. Perchè l’altra incontestabile verità espressa nell’articolo di Rino è che quando un maschio perde il lavoro quasi sempre perde tutto. Tutto. Lavoro, moglie, casa (asegnata a lei) e di conseguenza i figli. E soprattutto perde la stima di sè e degli altri. Ma l’autorealizzazione femminile è molto più importante. Vuoi mettere?
armando
armando(Quota) (Replica)
@ onurevni
Nove righe, nove (nel complesso), di banalità. Che noiaaa …..
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
“recuperare teorie anacronistiche e screditate come quella dell’invidia penis, ormai destinata alla pattumiera della storia assieme alla frenologia di Lombroso, mi sembra proprio un segnale di non voler ascoltare quello che dicono le donne”. (Inveruno)
La premessa è che, come scritto in rosso su ogni pagina del sito, la linea politica, la strategia, la filosofia e gli orizzonti culturali del Movimento degli Uomini Beta, si evincono dagli articoli e dai video pubblicati sulla homepage, nello spazio degli articoli e in quello degli editoriali. Lo spazio dei contributi e quello delle lettere sono appunto stati istituiti proprio per dare la possibilità di ospitare pareri e opinioni di sicuro interesse anche se non organici al movimento.
Naturalmente non è una giustificazione né tanto meno un disconoscimento dell’articolo in questione (che si può condividere o meno, ma questo è un altro discorso), ma soltanto una necessaria e doverosa precisazione, onde evitare qualsiasi fraintendimento, soprattutto rispetto a ciò che sto per dirti.
La mia opinione, caro o cara (si fa per dire…) inveruno, è che faresti molto meglio a gettarti tu stesso/a nella pattumiera, non però quella della Storia, bensì quella del cassonetto dell’immondizia che hai sotto casa.
E con questo atto di arroganza, degno del peggior maschilista, misogino, sciovinista, reazionario, sessista (e naturalmente fascista…) e chi più ne ha più ne metta, ti invito ad abbandonare questo sito. Anzi, guarda, ti mando pure a fare in culo (perché sei in chiara malafede ed è questo che meriti). Non solo. Ti autorizzo espressamente a fare un bel copia incolla di questo post e a diffonderlo per la rete, spiegando che il “capetto” degli ometti beta (così vengo e veniamo chiamati, spesso) è uno stalinista aggressivo e violento.
Che bellezza!
Fabrizio
Fabrizio Marchi(Quota) (Replica)
Prova ora a pensare se il sottoscritto se ne uscisse pubblicamente con atteggiamenti maldestri e dichiaratamente provocatori. Che futuro potremmo avere? Queste persone continuerebbero a seguirci oppure perderemmo ogni credibilità?
Puoi darti la risposta da solo. “Prova ora a pensare se il sottoscritto se ne uscisse pubblicamente con atteggiamenti maldestri e dichiaratamente provocatori. Che futuro potremmo avere? Queste persone continuerebbero a seguirci oppure perderemmo ogni credibilità?
Puoi darti la risposta da solo.”
scegliere la risposta:
acca nisciun e fess’
quanno ce vo’ ce vo’
Damien hai ragione, queste borg le fanno in serie
Damien(Quota) (Replica)
C’è un famoso film sull’invidia: Amadeus, che narra la vita di Mozart raccontata da uno che “nel film” lo invidia: Antonio Salieri, ad un certo punto, mentre Salieri sfrutta la malattia del celebre compositore per fregargli la musica, Mozart si scusa con lui dicendo: “Mi vergogno talmente…che stupido che ero: credevo non gli interessasse il mio lavoro e nemmeno io. Mi perdoni, mi perdoni.”
L’invidiato chiede perdono al suo aguzzino.
Leonardo(Quota) (Replica)
Solo il mio omonimo non soffre di questa invidia.
Rocco(Quota) (Replica)
Ci sono più violenze sessuali che emorroidi!?
‘sti cazzi!
S. Rocco
Animus(Quota) (Replica)
Trovo gli ultimi due commenti come dire …. un pò “disassati”.
Penso lo abbiate capito, non mi va mai di cassare un commento. Però cercate anche voi di aiutarmi.
Luiigi Corvaglia(Quota) (Replica)
la teoria dell’invidia del pene mi sembra una stupidata priva di riscontro scientifico, non gli darei un gran valore. del resto le teorie freudiane includono anche il ‘parricidio simbolico’ ma probabilmente si tratta di una teoria che l’autore di questo contributo non ama particolarmente e di cui preferisce non fare menzione.
comtearnau(Quota) (Replica)
Vale nulla definire stupidità la tesi dell’invidia penis e del desiderio di castrare il maschio come tratti distintivi della fase immatura della psiche femminile, tesi che fa parte essenziale del pensiero di Freud, genio benefattore dell’Umanità, che ha aperto alla consapevolezza umana il mondo fino allora sconosciuto, ovvero l’inconscio.
Vale nulla tanto più se questi tratti dell’inconscio femminile sono ferocemente negati dalla cultura occidentale contemporanea e dal femminismo. Comprensibilissima questa negazione che in realtà è una rimozione: infatti rovescia come un calzino il colossale impianto dell’ideologia del capitalismo attuale di dx e di sx che è il femminismo e svela il punto dolente di tale impianto: il femminile e il suo faticoso percorso di sviluppo verso la piena accettazione di sè non è accettabile e pertanto viene rimosso. Viva la “Uoma”, appunto la “donna col pisello” che invece non ha: strada sbagliata guerra persa.
A maggior ragione vale nulla se sono l’evidenza quotidiana. Ma è proprio nell’evidenza che si nasconde la realtà che non si vuol accettare. Ma la realtà che non si accetta finisce per dominarti, come appunto succede oggi tempo in cui dilaga il disagio femminile causato dal femminismo. Disagio femminile denunciato da donne di grande valore ex femministe e tabù impronunciabile oggi.
cesare(Quota) (Replica)
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Esiste, circa il concetto dell’invidia penis, un grande fraintendimento, che appare quasi incomprensibile.
Non saprei dire se si tratti più del tentativo, a questo punto ben riuscito, da parte di chi, di invidia penis soffre, di celare il movente delle proprie “positive azioni”, oppure se questo misunderstanding, sia soltanto il risultato della comune stupidità umana dei molti, che sempre si manifesta e che sempre prevale, contro la ragione di pochi, su ogni argomento di capitale importanza.
Sta di fatto, che è comune, diffusa e maggioritaria, nelle false coscienze, la nozione che l’invidia penis consista nel possedere una vagina, invece che un pene: e cosìrimane…comune, diffusa, maggioritaria, e …falsa.
Animus(Quota) (Replica)
E’ proprio così. Inteso in senso strettamente letterale il concetto ha poco valore. Inteso in senso figurato ne ha tantissimo. Il femminismo attuale non lo si può comprendere se non mettendolo in relazione alla “invidia penis” nella coeva società capitalistico-consumistica-occidentale.
Alessandro(Quota) (Replica)
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Vedi, se la si mette su questo piano, ossia sul discorso del riscontro scientifico, allora non esiste neppure una questione maschile, dato che nessun scienziato ne ha mai appurato l’esistenza.
Per essere più chiaro: a occuparsi della QM non sono scienziati, premi Nobel o medaglie Fields, ma semplici professori, giornalisti, chimici, informatici, operai, soldati (come me), ecc ecc…
Ossia , perfetti sconosciuti, che nella comunità scientifica hanno una autorevolezza pari a zero.
Per cui, se si afferma con assoluta certezza che la vecchia teoria di Freud è una puttanata totale, allora, di rimando, qualcuno potrebbe dire altrettanto della sopracitata questione maschile (e non solo).
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Per inciso: non sono un “fan” di Freud.
Daniele(Quota) (Replica)
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Io starei molto attento ai “riscontri scientifici” in ambito psico-qualcosa. E questo senza disconoscere i meriti di quelle discipline.
Luigi Corvaglia(Quota) (Replica)
1- ovviamente l’invidia penis non è l’invidia del pene, ma di ben altro: di ciò che possono coloro che ce l’hanno
2- Luigi: “io starei molto attento ai “riscontri scientifici” in ambito psico-qualcosa.” dici bene. E vale in ogni campo. La medicina scientifica ad esempio non è una scienza.
Vedi http://www.ibs.it/code/9788860301710/cosmacini-giorgio/medicina-non-e.html
Ma la filosofia della scienza oggi insegna ad essere prudenti anche di fronte alle scienze “esatte”.
Rino DV
RDV(Quota) (Replica)
Dicevo, che il grande fraintendimento che riguarda l’invidia penis, appare incomprensibile.
Forse, può essere utile osservare che l’invidioso è una sorta di Atlante “che porta sulla schiena le ingiustizie del mondo”, che tende a schernire ciò che non può fare o non può avere, e dato che se quasi nessuno ha abbastanza forza per sopportare bene le proprie disgrazie, tutti ne hanno invece per sopportare quelle altrui.
E allora, nulla smaschera bene l’invidiosa, come la gioia offerta dallo spettacolo dalla caduta dell’invidiato, dal suo “distacco da ciò che gli da potere”, che poi, questa Schadenfreude appartenga solo ai grandi malvagi e non possa appartenere al “gentil sesso”, lo vediamo anche da quelle che sono state, almeno per decenni fin quando avevano ancora del tempo libero, le loro letture e trasmisisoni preferite, con le quali si intattenevano a casa come dal parruchiere, pulsione che ha fatto la fortuna di più di un genere letterario come televisivo , specializzati nel mostrare che “anche i ricchi cadono”, che anche il talentuoso o la star ha la sua debacle, le sue rughe e smagliature…,
Ma secondo me, sono le parole di Rawls (Una teoria della giustizia) che ci aiutano a capire in che cosa consiste davvero l’invida penis: “l’invidia è la propensione a guardare con ostilità ai beni degli altri senza guardare ai propri vantaggi.”.
Ecco il comune fraintendimento, non mettere quel “senza”.
Nemmeno i “migliori” si aggorgono che cadono nell’errore di pensare che l’invidioso voglia il posto dell’altro…rinunciando a ciò che ha!
E questo che, ripeto, appare quasi incomprensibile.
Detto in altre parole, l’invidia del pene significa, voglio ciò che fa quello (se non posso avere il pene, mi bastano le sue funzioni), e mi tengo anche ciò che “fa questa”.
Elementare, eppure gli uomini, non lo capiscono.
Questo, forse per comtearnau, non avrà l’accuratezza delle scienze fisiche e matematiche, ma io credo invece, che non gli sia poi nemmeno così lontano, dal momento che, qualunque sia la natura umana, l’invidia sicuramente, ne fa parte.
Animus(Quota) (Replica)
Riassunto dei concetti ivi esressi con qualche aggiunta.
A futura memoria…
http://anticristo.org/2014/08/26/sulla-invidia-poenis1/
Animus(Quota) (Replica)
Cosa c’è, comtearnau, sei rimasto senza argomenti?
Animus(Quota) (Replica)
non saprei che argomenti utilizzare con chi mi dice che Freud aveva assolutamente ragione perché era un genio infallibile.
comtearnau(Quota) (Replica)
Ancora più difficoltà avresti se avessi scritto sulla mia parola che erano stupidate obsolete. E’ opportuno invece affrontare il pensiero di Freud con serietà. Non solo: è necessario per capirlo sperimentare un percorso di analisi freudiana: apre gli occhi sulla realtà personale e sulla realtà in generale; in particolare svela il carattere tutto ideologico, in parole povere il carattere di rimozione, del rifiuto in particolare femminista della teoria dell’invidia penis e del connesso desiderio femminile di castrare il maschio, rifiuto accanito a ulteriore conferma della sua fondatezza. Due atteggiamenti psichici che sono addirittura punti centrali più o meno esplicitati in ogni programma e prassi che si richiami al femminismo; ed ennesima è la dimostrazione che non c’è nulla di più nascosto dell’evidente che non si vuol vedere.
Non vedere ciò che non piace: siamo in una parte del mondo catatterizzata dalla fase di “TRAMONTO NELLA RICCHEZZA”, (come scrive un autorevole giornalista oggi su Il Foglio nell’editoriale a firma di G. Ferrara), il che consente di sganciarsi dalla dura realtà e l’illusione che sia vero solo ciò che piace. Peccato per gli iscritti e soprattutto per le iscritte in massa a questa colossale illusione occidentale che il gradimento non sia il criterio di verità. L’ Impero romano al tramonto, come questa nostra scintllante civiltà occidentale, sprofonda nella cultura della fantasia gratificante al potere e nel rifiuto della realtà che ad essa non corridponda: non è forse la sostanza stessa dell’ideologia femminista?
cesare(Quota) (Replica)
Ultima parte sulla quadrilogia dell’ “invidia sessuale”.
Invidia penis
http://anticristo.org/2014/08/26/sulla-invidia-poenis1/
http://anticristo.org/2014/08/28/sul-matriarcato/
Invidia uteri
http://anticristo.org/2014/08/29/e-sullinvidia-uteri/
http://anticristo.org/2014/09/07/luomo-guarda-al-bambino-e-invidia-la-donna/
Animus(Quota) (Replica)