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02 Ago 2021  |  0 Commenti

Uomini e padri sotto attacco. Tutti uniti per fermare il blitz di Valente & Co.

Ci siamo: finalmente hanno gettato la maschera. In effetti tutto il balletto delle molte iniziative prese finora, solo apparentemente scollegate o finalizzate a tenere vive le tematiche-chiave del femminismo d’affari, doveva avere un senso strategico compiuto, e gli emendamenti presentati dalla Senatrice Valeria Valente (e altri, come lei componenti della “Commissione Femminicidio”) alla riforma del processo civile, svelano finalmente l’obiettivo reale: sovvertire alla radice la disciplina di separazioni e affidi in chiave apertamente anti-paterna. Il Parlamento sta lavorando da tempo a una riforma del procedimento civile, come prospettata nel Disegno di Legge 1662, ora diventata urgente nell’ottica di rispettare i requisiti richiesti per la concessione del Recovery Fund (lo stesso accade anche dal lato penale, come abbiamo visto di recente). Un pretesto perfetto per mettere mano a materie chiave e provare a far fare all’Italia un passo in più nella direzione di un regime discriminatorio antimaschile di tipo spagnolo. Al centro dell’attenzione c’è soprattutto l’emendamento n. 15.0.8/2, per l’appunto presentato da Valeria Valente, i cui obiettivi generali sono abbastanza semplici da descrivere. In primo luogo, nel processo di separazione di una coppia con figli, il giudice dovrà tenere conto della presenza di eventuali denunce di violenza domestica o “di genere”, quand’anche si tratti di casi “segnalati o riferiti”, e agire conformemente a quanto stabilisce la Convenzione di Istanbul, ovvero dare l’affido dei minori al genitore che si autocertifica come vittima di violenza (mettendolo magari pure sotto protezione). In secondo luogo, il principio di bigenitorialità, e il relativo diritto del minore a mantenere relazioni stabili con entrambi i genitori, anche se separati, non dovrà essere sovraordinato o sovrapposto al “supremo interesse del minore”. Ultimo, ma non per importanza: si riduce al minimo possibile la rilevanza della Consulenze Tecniche d’Ufficio e si conferisce la massima importanza all’ascolto del minore.

Ben intesi, oltre a questi tre obiettivi generali, ce ne sono altri più minuti e nascosti ma non meno dirompenti, che ci premureremo di analizzare nei prossimi giorni. Qui interessa piuttosto dire a chiare lettere, per chi faticasse a capirlo, dove si vuole portare il sistema. Esattamente fuori da ogni binario costituzionale e di buon senso. Già oggi la legge sulle separazioni (L.54/2006) vieta l’affido al genitore di cui viene accertata la non idoneità, ad esempio se viene condannato per violenza. Ovvero se la sua condizione di persona violenta viene accertata da indagini e da un (si auspica) giusto processo. Il passo che Valeria Valente & Co. intendono far fare al sistema è quello per cui non sarà più necessaria una verifica terza sui casi di violenza, basterà bensì la certificazione unilaterale della presunta parte lesa, che di default viene individuata come la parte femminile della coppia. Dunque la madre che voglia togliere di mezzo l’ex marito, garantirsi la custodia dei figli e le relative prebende economiche, dovrà semplicemente operare affinché l’uomo venga iscritto nel registro degli indagati. Cosa di fatto molto semplice, trattandosi di un atto dovuto e automatico per legge quando scatta una denuncia, anche quando questa è palesemente falsa. Meglio ancora: con il meccanismo delle segnalazioni o delle violenze “riferite”, basterà anche meno, ossia un centro antiviolenza complice. E lo sono tutti, essendo interessati a gonfiare i dati sulle violenze, ragione stessa della loro esistenza. Vero è che l’emendamento è generico, non specifica che la norma varrà soltanto per le donne, ma vi si cita ripetutamente al suo interno la Convnzione di Istanbul che, oltre a essere già discriminatoria di suo, viene applicata da sempre in Italia in modo unilaterale. È con essa che si giustificano l’esistenza e i milioni di euro ai centri antiviolenza destinati solo alle donne, ad esempio. Che nella pratica questo emendamento verrà applicato soltanto nei casi di denunce femminili è dunque più che scontato. E cosa succederà di fatto? Due cose. Una, solo apparentemente poco rilevante, sarà che i centri antiviolenza acquisiranno ancora più potere di quello che hanno, per altro incrementato follemente proprio di recente. La seconda è assai più evidente e grave: non più soltanto le separazioni conflittuali, ma tutte le separazioni indistintamente potranno essere risolte con vantaggi unilaterali e a costo zero, tramite il semplice utilizzo della già usatissima (e mai sanzionata) tattica della falsa accusa. Essendoci l’opportunità, tutte la useranno. L’esclusione dei padri dalla cura dei figli diventerà sistematica. In questo modo si abolisce nei fatti la Legge 54/2006, pur tenendola valida all’interno dell’ordinamento, e si portano le lancette della storia indietro di vent’anni.

Valeria Valente
Valeria Valente

Una rivoluzione devastante.

Dal lato della bigenitorialità la ferita è ancora più grave. Il lavoro dei tribunali oggi, sebbene in gran parte realizzato con scarsi risultati, è proprio quello di conciliare il supremo interesse del minore con un diritto, quello alla bigenitorialità, non solo logico e accertato in tutti gli studi scientifici nazionali e internazionali, ma anche sancito da diversi accordi internazionali sottoscritti dall’Italia a tutela dei minorenni e degli adolescenti. La logica di base è che bigenitorialità e supremo interesse del minore coincidano e, salvo casi eccezionali, è una sovrapposizione davvero difficile da smentire. Valeria Valente e il suo emendamento invece lo smentiscono. Sottotraccia, ma nemmeno troppo, il concetto viene sovvertito: il supremo interesse del minore è la monogenitorialità, in particolare materna. Perché, questo è il presupposto: gli uomini sono tutti violenti e carnefici. È l’applicazione nel Codice Civile del principale (e unico) assioma femminista, così ripetutamente imposto a livello di comunicazione in questi anni da rendere accettabile come cosa normale la crocifissione mediatica di una cantante che si permette di elogiare il genere maschile (parleremo di questo oggi pomeriggio). C’è chi fa notare che subordinare la bigenitorialità al supremo interesse del minore inneschi una contraddizione insanabile tra diritti, cosa contro cui già da tempo si è espressa la Corte Costituzionale. Ma dal lato politico istituzionale c’è di più che non il già grave squarcio alla gerarchia dei diritti. La ferita è anche dal lato degli impegni internazionali dell’Italia: l’emendamento Valente infatti impone come sovraordinata la Convenzione di Istanbul, debolissima dal lato giuridico internazionale (tanto da aver perso ben due adesioni nell’ultimo anno) ad altri accordi internazionali ben più autorevoli e legittimati, a partire dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, per finire con le numerosissime condanne che il nostro paese ha subito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo proprio per non aver garantito a figli minorenni il godimento del loro diritto alla bigenitorialità. Alla base della funesta proposta Valente c’è insomma solo ed esclusivamente una logica di conflitto: tra uomo e donna, tra padre e madre, tra diritti e tra accordi internazionali. Nella delirante arroganza tipicamente femminista, la proposta decide già, d’autorità, chi tra le parti deve trionfare e chi deve essere sommerso. Tra questi ultimi però, rispetto al capitolo bigenitorialità, non ci sono soltanto i padri, ma, cosa ben più grave, anche i figli.

La sopravvalutazione della testimonianza del minore e il connesso ridimensionamento delle CTU sono, in molti aspetti, parte integrante del quadro sovversivo a cui si sta mirando. Supponiamo un padre immediatamente allontanato dall’alveo familiare perché oggetto di una “segnalazione” (ovviamente falsa e strumentale) di violenza domestica. Questi perderà il contatto con la prole per tutta la durata del processo penale (sempre che l’accusa non venga archiviata, come capita nel 50% dei casi), magari per tre gradi di giudizio. Roba da non vedere più i figli o vederli a singhiozzo per cinque o sei anni, se non di più. Anzi: se non di meno. L’assenza del padre permetterà infatti a molte madri di mettere in atto tutte le azioni necessarie a sradicare in brevissimo tempo la figura paterna dal cuore e dalla mente del bambino. Un condizionamento che una buona CTU può rilevare con relativa facilità. Ma se la CTU varrà meno, se le sarà vietato fare menzione ad attività condizionanti (perché sennò rischia l’accusa di fare riferimento all’odiata PAS), e se a contare sarà invece la testimonianza del minore, debitamente addestrato dalla madre a dire che non vuole più vedere il padre perché cattivo e violento, allora tutto viene ribaltato. Il padre accusato (non condannato, ma solo accusato), con questo meccanismo non vedrà mai più i propri figli. Gli effetti di tutto questo sono chiari: l’emendamento Valente imporrà che i figli, come vent’anni fa, vengano sempre affidati alla madre e permetterà implicitamente che questa condizioni liberamente la psiche del bambino in chiave anti-paterna. Un’aberrazione sotto tanti punti di vista. Scientifico e giuridico, tanto per cominciare, e basterebbe fare riferimento alla Carta di Noto, il cui valore è riconosciuto a livello mondiale, per rendersene conto. Ma anche dal lato meramente sociale e criminologico: è fidandosi ciecamente della testimonianza di minori, per loro natura soggetti tra i più condizionabili, che sono accaduti orrori come il Forteto, la vicenda dei “diavoli della Bassa Modenese” (caso “Veleno”) e quella degli affidi illeciti della Val D’Enza (cosiddetto “caso Bibbiano”). Onte nazionali e punte dell’iceberg di un business gigantesco e di orientamenti ideologici perversi giocati sulla pelle di bambini spesso figli di famiglie indigenti o di genitori giudicati semplicemente “immaturi”. Con questa disposizione, e con le altre che analizzeremo nel dettaglio nei prossimi giorni, avverrà una rivoluzione assoluta nella disciplina degli affidi, ma soprattutto nelle modalità di relazione tra coniugi e nella gestione della prole. Una rivoluzione che può essere definita con l’unico aggettivo appropriato quando si devono descrivere gli effetti di iniziative ispirate al femminismo: devastante.

 

La tirannia va fermata. Ad ogni costo.

Eppure è sciocco sorprendersi. L’abbiamo detto all’inizio: tutto ciò che è stato fatto negli ultimi tempi doveva portare a qualcosa. Quel qualcosa è lì, scritto nero su bianco nell’emendamento Valente. Abbiamo parlato del tentativo del GREVIO, la lobby internazionale legata alla Convenzione di Istanbul, di condizionare la riforma del processo civile; delle manovre per conferire sempre più potere ai centri antiviolenza; della relazione della “Commissione Femminicidio” sulla supposta inadeguatezza dei tribunali a conformarsi ai diktat della Convenzione di Istanbul in sede separativa; delle esternazioni parossistiche di talune parlamentari arrivate a maledire la bigenitorialità; della trasformazione di una vicenda personale (quella di Laura Massaro) in simbolo nazionale, con il tentativo di svicolare dalle decisioni giudiziarie e dalla responsabilità di una madre oggi latitante insieme al figlio sottratto al padre, nel silenzio dei media e delle istituzioni; della diffusione e istituzionalizzazione, tramite l’ISTAT, di statistiche non verificate né verificabili sulla violenza domestica o sui “femminicidi”; delle vere e proprie sollevazioni contro chiunque si azzardi a parlare del fenomeno delle false accuse femminili a carico degli uomini; del clima generale dilagante di esaltazione del femminile e di criminalizzazione sistematica del maschile. Sono solo alcune delle cose disseminate durante gli ultimi anni, da noi prontamente segnalate, che hanno segnato le tappe di un percorso che doveva portare fino all’emendamento Valente. Un emendamento che, prima di andare contro gli uomini, i padri e i bambini, va contro quella realtà che da anni proviamo a descrivere e testimoniare. Una realtà dove tra l’80 e il 90% delle denunce di violenza domestica o di genere contro uomini finisce in archiviazione o assoluzione, segno probabile (testimoniato al Senato anche da operatrici di giustizia) che si tratta di accuse false e strumentali; dove i dati ufficiali mostrano che la violenza sulle donne c’è, sì, ma in Italia è per fortuna marginale (lo dicono l’Europa e la Polizia di Stato); dove si dimostra che anche le donne sanno essere violente e carnefici, e che dunque il male nei rapporti di coppia non alligna soltanto da una parte, ma è componente insita purtroppo nella natura umana. Eppure la Senatrice Valente, insieme ai suoi colleghi della “Commissione Femminicidio”, va avanti come se niente fosse nel suo progetto di sovversione dello Stato di Diritto italiano che, se passerà questo emendamento, prenderà la strada deviata e discriminatoria di paesi tornati, su queste tematiche, alla preistoria del diritto come la Spagna, la Gran Bretagna o il Canada. Ma soprattutto, cosa ancor più grave, a sostenerla in questa operazione c’è una maggioranza in grado di far passare l’abominio.

Ad opporsi ad esso, infatti, nella Commissione Giustizia del Senato ci sono soltanto una parte di Fratelli d’Italia, partito d’opposizione, e una parte della Lega. Poco, troppo poco per fermare il progetto femminista internazionale e nazionale, oggi incarnato dalla Senatrice Valente, di riportare l’orologio della storia vent’anni indietro. Dunque che si fa? Si fa che tocca a noi. Non noi de “La Fionda”, che pure faremo il nostro dovere e parleremo di questa aberrazione per tutti i prossimi giorni. Con “noi” intendiamo la comunità degli uomini e dei padri, ma anche quella dei loro congiunti, amici, conoscenti, uomini o donne che siano. Non è una comunità organizzata, non abbiamo un GREVIO che ci manovra come marionette, né finanziatori generosi, né un’agenzia di stampa schierata per le nostre tematiche. Noi siamo soli, sparpagliati e spesso pure demotivati. Ma abbiamo una coscienza. E questo è il momento che essa emerga con tutta la forza necessaria, se si ha a cuore il presente e il futuro. Con un emendamento del genere, l’Italia non sarà più un paese dove un uomo per bene possa vivere serenamente, progettando una vita per sé e per chi ama. Dobbiamo evitare questo scenario. Dobbiamo fermarli. Come? Non è facile, anche perché sono stati astuti, hanno proposto il loro emendamento in periodo vacanziero e con restrizioni ancora attive. Le associazioni per la bigenitorialità si stanno già muovendo con comunicati unitari, forse organizzeranno manifestazioni (ve ne daremo conto). Per ora noi chiediamo a tutti di unirsi in un appello alla Commissione Giustizia del Senato. Non è un mailbombing, ma è la necessità di far capire quanti siamo a non concedere a Valeria Valente e a quelle della sua schiatta ideologica la delega per la progettazione del futuro nostro e dei nostri figli. E di far capire che tutti noi e i nostri familiari votiamo e avremo buona memoria. Non abbiamo altro mezzo per farglielo capire che dicendoglielo chiaramente, dunque vi chiediamo di inviare un messaggio indirizzato a tutta la Commissione Giustizia, e di farlo a vostro nome. Per rendervi le cose più facili, abbiamo creato un link da premere, questo per chi ha un’email normale e questo, in aggiunta, per chi ha la PEC. Cliccate sul link e l’email da mandare si creerà automaticamente (attenzione: i link funzionano se avete un programma di posta, tipo Outlook, già impostato, altrimenti fate copia-incolla dai modelli che lasciamo qui di seguito). Dovrete soltanto firmarla e premere “invio”. Piaccia o no, la resistenza alla tirannia oggi si fa così. E se lo si fa in pochi, la tirannia alzerà il tiro ancora di più. Se lo si fa in tanti è possibile fermarla. E mai come ora è stato vero: va fermata. Ad ogni costo.


Mail normale:

A: andrea.ostellari@senato.it; mattia.crucioli@senato.it; raffaele.stancanelli@senato.it; elvira.evangelista@senato.it; alberto.balboni@senato.it; alessandra.riccardi@senato.it; monica.cirinna@senato.it; valeria.valente@senato.it; mariomichele.giarrusso@senato.it

Oggetto: No agli emendamenti su separazioni e affidi

Testo: Gentile Onorevole, manifesto qui la mia protesta civile verso gli emendamenti sulla disciplina di separazioni e affidi. Essi obbligano il giudice a considerare la denuncia o segnalazione come un fatto accertato, sovvertendo la presunzione d’innocenza: una proposta gravissima in un paese dove dilaga il fenomeno delle false denunce a carico di uomini durante le separazioni. Gli emendamenti di fatto aboliscono quanto stabilito dalla Legge 54/2006, derubricando la bigenitorialità da diritto del minore a opzione accessoria, in riferimento a una convenzione (quella di Istanbul) priva di ogni autorevolezza, vista la defezione di Polonia e soprattutto Turchia. Gli emendamenti umiliano il ruolo delle CTU elaborate da specialisti selezionati, dando maggiore rilevanza alla testimonianza dei minori, le stesse da cui sono sorte umiliazioni nazionali come il Forteto, i fatti della Bassa Modenese e della Val D’Enza. Io e la mia cerchia consideriamo questa iniziativa una deriva inaccettabile. Le chiediamo impegno a opporsi. La nostra memoria terrà presente i nomi di chi ha appoggiato questi emendamenti al momento della prossima tornata elettorale. Le chiediamo di agire in piena coscienza e nella consapevolezza della realtà delle cose, confidenti che non vorrà deluderci. Con viva cordialità.


PEC:

A: protocollo.centrale@pec.quirinale.it; presidente@pec.governo.it; capo.gabinetto@giustiziacert.it; gabinetto.ministro@giustiziacert.it

Oggetto: No agli emendamenti su separazioni e affidi

Testo: Buon giorno. Manifesto qui la mia protesta civile verso gli emendamenti sulla disciplina di separazioni e affidi in discussione presso la Commissione Giustizia del Senato. Essi obbligano il giudice a considerare la denuncia o segnalazione come un fatto accertato, sovvertendo la presunzione d’innocenza: una proposta gravissima in un paese dove dilaga il fenomeno delle false denunce a carico di uomini durante le separazioni. Gli emendamenti aboliscono quanto stabilito dalla Legge 54/2006, derubricando la bigenitorialità da diritto del minore a opzione accessoria, in riferimento a una convenzione (quella di Istanbul) priva di ogni autorevolezza, vista la defezione di Polonia e soprattutto Turchia. Gli emendamenti umiliano il ruolo delle CTU elaborate da specialisti selezionati, dando rilevanza alla testimonianza dei minori, le stesse da cui sono sorte umiliazioni nazionali come il Forteto, i fatti della Bassa Modenese e della Val D’Enza. Io e la mia cerchia consideriamo questa iniziativa una deriva inaccettabile. Le chiediamo impegno a opporsi. Le chiediamo di agire in piena coscienza e nella consapevolezza della realtà delle cose, confidenti che non vorrà deluderci. Con viva cordialità.

 

Fonte articolo: https://www.lafionda.com/uomini-e-padri-sotto-attacco-tutti-uniti-per-fermare-il-blitz-di-valente-co/

 

 


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