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16 Set 2015  |  5 Commenti

Le donne (ricche) hanno creato il capitalismo?

George Orwell: “i libri migliori sono quelli che ti dicono quello che già sai, che ti riordinano la mente


 

 Chi di voi non conosce Max Weber? (pronunciato in stile inquisitorio)

Chi…

silenzio mitologico e terrifico nella platea, l’intellighenzia non può non conoscere Max Weber, tutti lo conoscono, almeno se non tutti sanno chi era, si ricordano della sua barba, folta,crespa e imprescindibilmente intellettuale a cui ogni ”intellettuale” (Dio me ne scampi) dovrebbe somigliare.

E per Dio tutte le persone colte sanno che tutte le sciagure del capitalismo, oltre a nascere dalla barba di Max Weber, vengono dall’etica protestante calvinista… Se mai  non ci fossero stati quei fottuti svizzeri che hanno ribaltato il vangelo..

Dunque la povertà non era più una virtù cristiana, era il segno della malevolenza divina, un pò come ebbe a dire un altro rigiratore di frittate di fama mondiale, questa volta homelette giganti cinesi,il grande timoniere Deng Xiaoping :”allicchilsi è lodevole

 E a voi mi rivolgo con voce stentorea (provate almeno a immaginarlo) Chi non conosce Karl Marx, anzi, Carlo Marx, come andava di moda chiamarlo una volta?

Silenzio, risatine generali, qui il silenzio è più rilassato che per Max Weber, perchè mancano i sorrisini finti di chi faceva finta di conoscere il buon Max e in realtà pensava fosse un collega dell’eurodeputato Schulz, Marx lo conoscono proprio tutti, anche i giovani padani della Valchiusella, d’altronde si sa che barba per barba, Marx la vince tutta, e se non fosse stato per l’insidioso nemico, il barbutissimo Charles Darwin con quel suo darwinismo sociale turbocapitalista, la competizione per la barba più sapiente del XIX secolo l’avrebbe vinta lui.

Freud e Nietzsche fuori concorso,troppo impegnati a fare illanguidire le signore, lo spirito giustamente rigoroso mitteleuropeo di allora  li ha squalificati e condannati a sibille cumane dei sogni erotici delle giovini borghesucce dell’epoca.

Eppure senza andare a convocare Zarathustra, o mandare in ipnosi l’erotomane, si poteva capire molto della società capitalista moderna.

A questo punto chiedo quasi sottovoce?

Sapete chi è Sombart, Werner Sombart?

Silenzio nella sala.

Siccome sono diventato pigro,e poi non mi va di fare l’esegeta postumo, lascio parlare lui il saggio mite sconosciuto Werner Sombart:

Per Sombart, diciamo per sommi capi,  la genesi del capitalismo sta NEL LUSSO venutosi a formare nelle corti del XV secolo, questo lusso metteva in moto tutta una serie di capitali che poneva in essere la genesi del capitalismo tout court.

Ma siccome l’economia è una scienza umana Sombart non cade nell’errore, di attribuire al lusso tout court la genesi del capitalismo.

Egli esce dai rapporti di produzione prettamente marxiani, per entrare in quelli umani.  Egli è un buon economista perchè non gli sfugge che nessuna economia può essere compresa in termini astratti come se il denaro si muovesse di per se, come se non ci fossero mani umane a muoverlo.

E le mani che lo muovono, che muovono questi beni di lusso e creano la circolazione di capitale necessaria per far partire la locomotiva del capitalismo sono mani femminili.

Qui mi arresto e consapevole della mia inadeguatezza (e pigrizia)e lascio parlare Sombart e i suoi esegeti sulla genesi del capitalismo, il lusso e la donna (ricca).

 

CITAZIONE

3. La secolarizzazione dell’amore

Lo spirito capitalistico si distingue per la dialettica del razionalismo imprenditoriale 23 e per la presenza di elementi irrazionali che lo “incrementano”, tal ché è possibile considerarlo, significativamente, «figlio legittimo dell’amore illegittimo». 24

Amore, lusso e capitalismo racchiude in sé il significato proprio della tesi sombartiana, per come l’autore stesso la anticipa nella prefazione al volume, Lusso e capitalismo. Sombart precisa che è sua intenzione mostrare come «il rapporto tra i sessi si è modificato in seguito agli sconvolgimenti della società europea dal tempo delle Crociate in poi; [come in] conseguenza di questo mutamento  è cambiata l’intera condotta di vita delle classi dominanti; [come] questa nuova configurazione ha esercitato un’influenza essenziale sulla formazione del moderno sistema economico».25

20 Sombart non si riferisce solo agli immigrati in Germania, ma anche a coloro che si trasferiscono nel“Nuovo Mondo”, gli Stati Uniti; cfr. Sombart 1975; 2006.

21 Sombart 1978, p. 243.

22 Cfr. Sombart 1994, Libro secondo. Le fonti dello spirito capitalistico, pp. 149-287.

23 Cfr. Pizzorni 1950-1951; Segre 1997; Crispini 1998.

24 Ibid.

In questo senso l’autore pone in primo piano l’importanza delle modalità relazionali, soprattutto quelle derivanti dai rapporti tra i sessi, che insieme allo sviluppo dei consumi voluttuari e edonistici, delle arti e della letteratura modificheranno, nel corso dei secoli, l’idea dell’amore e del rapporto amoroso: «Non saprei quale avvenimento sia stato più importante, per l’intera configurazione della vita dell’antica e nuova società, dei mutamenti verificatisi nei rapporti tra i sessi dal Medioevo in poi, fino all’epoca del Rococò».26 Dunque il problema storico dell’amore non può essere considerato in modo autonomo, ma è legato da un rapporto di interdipendenza alla visione moderna del mondo che si va affermando nella storia.

L’idea dell’amore è, del resto, un terreno di osservazione privilegiato – basti pensare all’importanza che assume nella letteratura e nell’arte; un indicatore,27 si potrebbe dire, che consente di esaminare, attraverso le micro-relazioni interpersonali, i mutamenti relativi ai macro-rapporti sociali, specialmente dove la struttura sociale è modellata sulla base dell’istituto familiare “tradizionale”. Due differenti visioni del mondo, dunque: «Il Medioevo europeo aveva messo al servizio di Dio il fenomeno cosmico dell’amore tra i due sessi, così come con tutto il genere umano. Questo, sia in modo che i sentimenti d’amore terreno ricevessero immediatamente la loro consacrazione religiosa e fossero rivolti a fine ultraterreni (come nel culto di Maria), sia che l’amore fosse vincolato istituzionalmente, e che tale istituto, il matrimonio, fosse riconosciuto come disposizione voluta e benedetta da Dio (dunque, come un sacramento). Tutti gli amori sessuali non consacrati da Dio o vincolati istituzionalmente vennero marchiati con lo stigma del “peccato”».28

L’amore cantato nel Medioevo maturo non è l’amore coniugale, ma l’amore “impossibile” o comunque “grazioso” – nel senso della concessione straordinaria. È un amore in cui si svincola la possibilità della realizzazione sessuale dall’inquadramento ufficiale nell’ordine ecclesiastico e giuridico del matrimonio, restituendole il posto nel nesso che esiste tra bellezza, attrazione fisica, erotismo, piacere fine a se stesso. È così che la tematizzazione della bellezza e della sensualità diventa fine in sé – e da qui parte il recupero rinascimentale delle concezioni neoepicuree,29 accanto alla più ortodossa “sublimazione” platonica.

Ma già molto prima le classi colte sviluppano un’elaborazione letteraria della relazione amorosa che non può trovare compimento (se non “per accidente”) nella relazione coniugale. Lo trova, piuttosto, nella forma della sublimazione, nell’idealizzazione della dama (non a caso Madonna, e ma-dame, sono titoli che 25 Sombart 1998, pp. 31-32.

26 Ivi, p. 75.

27 Cfr. Duby 1986.

28 Sombart 1998, pp. 77-78.

29 Ivi, pp. 75-78.

vengono assegnati alla donna nobile), tipica della letteratura dei trovatori e dell’amor “cortese”.30 Concezioni che, d’altro lato, andavano modificandosi radicalmente, dopo il Mille, quando inizia la secolarizzazione di ogni dominio dell’esistenza e «risuonarono dapprima gli accenti di un amore libero, terreno, nei canti dei trovatori (troubadours) che avevano avuto inizio attorno al 1090, con il momento di massima fioritura tra la metà del XII e la metà del XIII secolo».31 A questa letteratura, come sappiamo, seguono i Minnesänger tedeschi e i poemi lirici italiani, dando inizio all’amore moderno, con i loro canti in cui si manifesta l’esaltazione degli amanti.32

Sombart riconosce proprio all’Italia il primato «del culto dell’amore e della bellezza»,33 poiché nel Trecento con Boccaccio e nel Quattrocento con i grandi pittori (su tutti Perugino e Botticelli) l’amore assume i connotati del godimento sensuale.

Appare in tutta la sua bellezza la visione della donna e del suo corpo nudo, fonte di beatitudine, in cui l’amore vince contro i timori della castità e della purezza: «l’amore si apre virtuosamente un varco verso il corpo femminile e verso la sua bellezza».34 In questo senso «la concezione edonistico-estetica della donna e dell’amore […] si contrapponeva, non conciliata, al legame religioso istituzionale entro il quale era compresa in altri tempi […]. Ma ciò a cui questa mai avrebbe potuto rassegnarsi era la “vestizione” istituzionale della vita dell’amore nel matrimonio. L’istinto amoroso cosmico si attiene altrettanto poco, come il raffinato piacere d’amore, a un limite tracciato dalla legge: esso è, secondo la sua natura, illegittimo o, più giustamente, “a-legittimo”».35

Non è attraverso il matrimonio che la donna guadagna né perde la sua caratteristica di bellezza o di dignità d’amore, ma ciò si riflette nel giudizio che può essere dato della donna che ama l’amore. Le “maestre dell’amore” portarono, secondo Sombart, a un cambiamento nelle aspettative della vita della donna influenzando anche le donne dei ceti politicamente dominanti del tempo.

È nella corte dei príncipi e dei papi che se ne rintraccia la causa prima: la diffusione del lusso. Sombart introduce pagine dense di cifre per convalidare la teoria secondo la quale l’alto costo dei consumi lussuosi ha innescato l’aumento delle richieste di beni e quindi la necessità di cambiare le regole economiche, ma anche la “valorizzazione” dell’eros e l’incremento della prostituzione. A tale riguardo, si cita 30 la letteratura tardo medievale e pre-umanistica segna uno snodo importantissimo per l’elaborazione della nuova idea della relazione amorosa; ma occorre attendere la disponibilità sovrabbondante di beni e l’apertura culturale che prende avvio dopo la scoperta dell’America – e che Sombart fa iniziare, invece, già con l’età delle Crociate – per l’avvio della secolarizzazione amorosa. Nella prima metà del XV secolo avviene una vera e propria svolta, poiché per quanti avevano conseguito la libertà e si erano dimostrati capaci di guadagnare beni il piacere diventava l’obiettivo primario, sino a rovesciare la stessa logica tra terra e cielo, come esposto dagli autori del Rinascimento ai quali si è ispirato Sombart.

Tra questi, Lorenzo Valla, per il quale il Paradiso è il compimento perpetuo della raffinata voluttà che si persegue per se stessa già in terra.

31 Sombart 1998, p. 79.

32 Ibid.

33 Ivi, p. 83.

34 Ivi, pp. 80-81.

35 Ivi, p. 84.

Come esempio di “corte lussuosa” quella dei papi di Avignone, durante la forzata residenza in Francia, in cui è evidente il ruolo della donna oggetto di amore illecito. Il cambiamento dei costumi (ed economico) che si produce è tale che la città «è sommersa da una vera e propria marea di puttane, [come] lamenta Petrarca nel suo splendido latino».36 Si sottolinea così come il nascere dell’amore libero (quello orientato al puro erotismo) e dell’amore illegittimo (che ha scopo in se stesso) e la loro diffusione comporti, a livello sociale, la nascita di un nuovo tipo umano che «si inserisce tra la femme honnête e la putaine; un nuovo strato di donne, per definire le quali le lingue romanze dispongono di numerosi termini; “cortigiana”, concubina, maîtresse, grande amoureuse, grande cocotte, femme entretenue, e così via».37 Per queste donne l’amore «è divenuto un’arte esercitata liberamente, esce dallo stato del dilettantismo, diviene compito delle professioniste».38 I rapporti d’amore illegittimi diventano una caratteristica presente in ogni corte. Non fa eccezione quella papale, «dove forse è nata la moderna cortigiana, [e dove] viveva una cerchia di donne colte e belle».39

Nella seconda specie di lusso rientra l’esigenza di raffinatezza, rispondente a pretese “egoistiche”. Essa concorre ad arricchire la vita delle persone con vani ornamenti40 e si sviluppa principalmente nell’epoca del Rinascimento. L’esigenza del godimento sensoriale, il gusto raffinato, il desiderio di divertimento e di tutto ciò che può produrre piacere rientrano nello spazio dello spreco lussuoso in cui i cinque sensi vengono alimentati; e una parte significativa spetta alla vita erotica e sessuale, tanto che dove questa si sviluppa, esiste una società dominata dal lusso.41

L’incremento del lusso deve quindi essere valutato secondo questa idea di fondo: l’amore illegittimo ha alimentato la vita pubblica moderna, determinando lo stretto legame tra nuove e sempre più “estreme” richieste e aumento inarrestabile dei costi per soddisfarle: così approdano lo sfarzo e il lusso nelle corti e, più tardi, nelle case dei nobili. L’incremento dei costi di vita nella società moderna non sembra essere disgiunto dalla presenza di una donna, moglie o prostituta che sia: le donne, così, si prendono il ruolo di promotrici della trasformazione sociale, accelerando il passaggio dall’economia del lusso a quella propriamente capitalistica, poiché l’incremento delle esigenze di lusso richiede una nuova organizzazione capitalistica, del commercio e dell’industria.

Per Sombart, legittimare questo movimento significa parlare di «vittoria della donna»,42 anche se sarebbe meglio tradurre questo concetto con l’espressione “trionfo della donna”. 

 Il trionfo della femmina

Dopo aver esposto i tratti comuni che il lusso riveste nel primo periodo capitalistico, l’autore illustra come il lusso abbia subito trasformazioni nel corso del tempo e la partecipazione che la donna ha avuto in tali trasformazioni. Si esaminano “le tendenze generali nello sviluppo del lusso” nel periodo tra il 1200 e il 1800. Nello sviluppo del lusso egli distingue le seguenti tendenze generali:

1) Tendenza all’intimizzazione. “Quasi tutto il lusso del Medioevo era pubblico; adesso diventa privato. E anche nei casi in cui era privato si dispiegava più fuori che dentro casa; adesso il lusso si installa nel focolare domestico. La donna si appropria del lusso” (p. 123).

 2) Tendenza all’oggettivazione. “Prima il lusso si manifestava in un alto numero di servi che bisognava mantenere e disciplinare. Adesso la numerosa servitù non è se non un fenomeno concomitante del crescente consumo di cose e oggetti di lusso. A questa oggettivazione, come io chiamo tale processo, la donna era estremamente interessata, poiché alla donna importa molto meno il numeroso corteo che non le carrozze sontuose, la casa addobbata, i gioielli. […] l’oggettivazione del lusso influisce in maniera essenziale nello sviluppo del capitalismo” (p. 124).

 3) Tendenza alla sensualità e alla raffinatezza: “Per tendenza alla sensualità intendo qui l’evoluzione che porta al punto in cui il lusso non serve tanto a valori ideali – ad esempio l’arte -, quanto agli istinti inferiori dell’animalità” (p. 124).

 4) Tendenza alla condensazione nel tempo. “in un determinato arco di tempo il lusso si sviluppa in grandi proporzioni, sia perché precedenti istituzioni periodiche di lusso diventano permanenti, sia perché in breve tempo i “beni di lusso” vengono prodotti e rapidamente consumati o usati dal proprietario. Nel Medioevo il tempo di produzione era molto lungo; l’operaio attendeva al proprio lavoro per anni e anni. Non c’era fretta di finire. Si viveva molto perché si viveva all’interno di un dato complesso: la Chiesa, il chiostro, il comune, la stirpe avrebbero visto compiuto il lavoro anche se la persona che lo aveva intrapreso fosse nel frattempo deceduta. […] Ma da quando si emancipa dalla comunità, l’individuo assume la durata della propria vita come misura del suo godimento” (p. 125-126) [66].

 ”Il lusso nella tavola: Questa forma di lusso “nasce in Italia nel corso del XV e XVI secolo, epoca in cui vediamo costituirsi l’ “arte culinaria”, insieme con tutte le altre. Prima non esisteva altro lusso se non il divorare; adesso questo godimento si raffina e la qualità si sostituisce alla quantità. […] Anche il lusso del pasto si trasferisce dall’Italia alla Francia. […] Ma c’è qualcosa al di fuori d’ogni dubbio ed è la relazione esistente fra il consumo di dolci e il predominio della donna. […] Poiché la donna esercitò un suo predominio nel primo periodo capitalistico, si ebbe la diffusione rapida e generale dello zucchero, la quale a sua volta fece sì che in tutta Europa si diffondesse subito il consumo di eccitanti come il caffè, il cacao, il tè. Il commercio di questi quattro articoli e la produzione di caffè, cacao e zucchero nelle colonie europee, così come la lavorazione del cacao e la raffinazione dello zucchero nei paesi europei, costituiscono fatti importanti nello sviluppo del capitalismo” (p. 127).”

Capite care ”cocotte” europee, i vili traffici di negri sull’atlantico servirono a tenere la vostra zuccheriera in porcellana piena, mentre voi conversavate nei bistrot ”ignare di tutto”…

Ma il gelido tedesco ci tiene a mettere il piede nel piatto,che villanzone…

Qui Sombart entra in polemica con Marx:

 ”Quale importanza ha avuto il lusso nello sviluppo del Capitalismo? E come? “Questo problema ha tenuto occupati gli economisti dei sec. XVII e XVIII” e “si riconosceva all’unanimità che il lusso sviluppava quelle forme economiche che allora cominciavano a sorgere ed erano appunto le forme capitaliste; perciò tutti i fautori del “progresso” economico erano ardenti difensori del lusso” (p. 141-142). Perciò, “I governi orientarono la loro politica in un senso favorevole al lusso” e già nel 1600 “le classi dirigenti sono convinte che il dispendio a fini di lusso (nell’interesse dell’industria capitalista) è “necessario”” in quanto reca vantaggi alla collettività: “Quello che tutti i pensatori apprezzano nel lusso è, soprattutto, la sua capacità di animare i mercati” (p. 142). Lo stesso David Hume (1711-1776) giunge alla conclusione che il lusso “buono” è un bene e il lusso “cattivo” è un vizio, ma sempre preferibile alla pigrizia (71). Sombart riporta i passaggi relativi al lusso della “Favola delle api” di Bernard Mandeville (1670-1733), che più tardi diede a tale concetto la forma di un sistema di filosofia sociale (p. 144).

 Insomma, “Rispetto al problema del mercato e al suo influsso sulla genesi del capitale, si è affermata, da Marx in poi, la disgraziata opinione secondo cui il capitalismo sarebbe stato favorito dall’ampliamento geografico dei mercati e soprattutto dallo sfruttamento delle colonie nel sec. XVI. […] Questa direzione, seguita da quasi tutti gli storici dell’economia contemporanei, mi sembra fatale, poiché […] non sono state indicate le vere cause che provocano il passaggio al periodo del capitalismo economico” (p. 145-146). Infatti per Sombart “fu il lusso a dare il principale contributo allo sviluppo del capitalismo, fino alla fine del primo periodo capitalistico. […] Il lusso ha cooperato, nei modi più diversi, alla genesi del capitalismo moderno. Ha svolto un ruolo essenziale nel passaggio dalla ricchezza feudale alla ricchezza borghese (debiti)” (p. 146)

 5.5.4 Il lusso e l’industria.

 “E’ nella sfera della produzione industriale che meglio si vede l’influenza del lusso” (p. 177). Sombart distingue le “industrie di lusso pure” quelle che producono solo oggetti fini e “industrie miste” quelle industrie che producono anche oggetti ordinari e di fattura più grossolana destinati al grande smercio. Analizzando nel dettaglio queste industrie S. dimostra che: 1) alcune industrie di lusso hanno raggiunto una grandiosa estensione; 2) le industrie di lusso pure hanno assunto fin dai primi momenti una forma capitalista; 3) le industrie di lusso sono le prime in cui si stabiliscono le forme organizzative e produttive del grande capitalismo.

 “Notiamo dappertutto che le industrie suntuarie sono dominate dal capitalismo […], mentre continuano nello stesso tempo ad esistere gli antichi mestieri manuali. Vediamo […] come le parti dei mestieri manuali che assumono la forma del capitalismo comprendano sempre quelle attività che producono per le esigenze del lusso. La maggioranza dei mestieri conosce, nel primo periodo del capitalismo, un processo di differenziazione consistente nella separazione del lavoro artistico e qualificato da quello ordinario e nel fatto che il primo diventa autonomo in industrie sue proprie, le quali acquistano un carattere capitalista, mentre il lavoro ordinario continua per molto tempo nella forma del mestiere manuale, finché, ai nostri giorni, conosce anch’esso la trasformazione capitalista” (p. 186).

Sombart conclude la sua analisi dedicando l’ultimo paragrafo alla “potenza rivoluzionaria del consumo di lusso”. Rinnovando la sua critica all’opinione più diffusa secondo la quale “è la dilatazione geografica del mercato a far sì che il capitalismo acquisti vigore rispetto al mestiere manuale”, afferma che “è molto maggiore l’influsso esercitato dal formarsi di un gran consumo di lusso sull’organizzazione della produzione industriale. E’ il lusso l’elemento che – in molti casi, non in tutti – apre le porte al capitalismo” (p. 201). Per S. la causa determinante si trova nell’estensione del consumo di lusso e che le industrie suntuarie entrano nel capitalismo in quanto industrie di lusso. Difendendo tale tesi esplicita quattro cause per cui le industrie di lusso sono le più suscettibili di organizzazione capitalista.

 Prima causa. La natura del processo di produzione. “L’articolo di lusso richiede quasi sempre una materia prima di valore elevato” ed un “procedimento […] di solito più costoso di quello con cui viene fabbricato l’articolo ordinario. […] Ancora una volta, pertanto, è avvantaggiato l’impresario che dispone di capitale. La fabbricazione degli oggetti di lusso però non solo è più cara, ma è pure più artistica, più complicata, presuppone maggiori conoscenze” (p. 202).

 Seconda causa. Sulla natura dello smercio. Sombart sottolinea il fatto che la vendita di articoli di lusso si trovi soggetta a maggiori rischi, sia per la negligenza con cui i gentiluomini effettuavano i loro pagamenti provocando “frequenti perdite al produttore di articoli di lusso” e rendendo “necessaria una base capitalista più ampia di quella consueta”, sia perché è noto “come mutino rapidamente i capricci dei ricchi: nei primi tempi del capitalismo la “moda” comincia a prevalere sul gusto. Questo rapido mutamento comporta, da un lato, frequenti eccessi di merci invendute; dall’altro, esige dal produttore una grande flessibilità mentale, perché egli possa adeguare la produzione alle nuove esigenze della clientela” (p. 203).

 Terza causa. Di carattere storico. “Tutte le industrie di lusso dei paesi europei, nel Medioevo, sono state create artificialmente o dai principi o da stranieri dotati di spirito d’impresa” e “recano fin da principio un’impronta razionale. Nascono, in genere, al di fuori delle antiche limitazioni corporative e molte volte in opposizione ai consolidati interessi degli artigiani del paese. Nel momento in cui si installano […] considerano null’altro se non l’utile e il profitto” (p. 203).

 Ultima causa. La possibilità di un grande mercato. “Ma la condizione più importante che doveva compiersi affinché un tale sistema economico potesse sussistere era uno smercio adeguato al suo carattere essenziale” (p. 203).

 Fine citazione

 

Mie osservazioni:

Prada Gucci Fendi sono gli unici marchi che continuano a macinare utili, nel mondo della crisi sono oasi verdi che nessun deserto offuscherà.

L’illusione della classe media, fornitaci da qualche americano timoroso di perdere i voti sta evaporando come neve al sole, e ora la società sta tornando a essere quella descritta da Sombart, una massa di miserabili che lavora su commissione di beni di lusso per ricchi.

 

 


5 Commenti

Fabrizio Marchi 1:37 pm - 16th Settembre:

Interessante contributo alla riflessione di Enrico Fiorini…

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armando 3:07 pm - 16th Settembre:

Mentre leggevo è venuto subito in mente anche a me il paragone con i vari Versace & company, ed anche un versetto di una antica canzone del dopoguerra di cui non ricordo il titolo. “Donna, cosa si fa per te…, donna….”.
In sostanza, i maschi avrebbero prodotto il capitalismo per soddisfare le voglie femminili in modo, deduzione ovvia, da “conquistarle”. Nel complesso mi sembra una tesi un po’, diciamo, azzardata, ma con qualche spunto assai interessante.
1) Per sua natura il maschio sarebbe più propenso alla sobrietà di costumi e stili di vita della femmina, cosa che ritengo sostanzialmente vera. Questo fatto ha comunque un significato anche economico, anche senza attribuirgli il merito (o il demerito) della nascita del capitalismo.
2)La femmina sarebbe il vero “motore” o la vera ispiratrice del cambiamento poi attuato dai maschi.
3)I quali agirebbero perciò non “motu proprio” ma per ingraziosirsi le signore. Anche in questo c’è del vero, e significa in sostanza che il potere maschile è molto di facciata poco di sostanza autonoma. Molta scena, molto pavoneggiamento, ma in funzione altrui, ossia della femmina, la quale tira le fila dietro le quinte.

Due osservazioni, delle quali importante è la seconda.
a)Ormai, per me, il lusso vero non è più delle griffe, le quali stimolano piuttosto le mode che il gusto del bello. Quello è il lusso delle classi medio ricche semicolte e pienamente tributarie del mainstream, in sostanza dei parvenu, arricchiti che sentono l’irrefrenabile bisogno di fare sfoggio della propria ricchezza. In buona sostanza quello dei funzionari , a vario titolo, del capitale. E non potrebbe essere altrimenti, visto che stiamo parlando di un sistema al centro del quale c’è il profitto e il concetto della sua massimizzazione. Il vero lusso, oggi, è quello di nicchia strettissima, artigianale e personalizzato in funzione del proprio gusto personale. Più costoso, ma certamente meno riconoscibile, meno sfoggiabile. Roba da pochi, e non necessariamente straricchi. Anzi, nel momento in cui il gusto cede il passo alle mode, è probabile che più si è ricchi meno lo si sappia riconoscere. Ma sono quisquilie personali di scarsa importanza.
2)Questo invece è un punto cruciale. Abbiamo visto che le donne hanno sempre detenuto , tenendosi io anche essendo tenute nell’ombra, un grande potere occulto d’indirizzo dell’azione maschile. Oggi vogliono uscire dall’ambra e rivendicano il potere pubblico alla luce del sole, il potere nella politica, nella società civile. nella famiglia, e lo stanno ottenendo. Bene, ciò potrebbe anche essere visto come un fatto positivo, un “progresso”, un modo per emanciparsi insomma,…..ma ad una condizione che dovrebbe essere ovvia e naturale: la rinuncia definitiva e totale a quel potere silenzioso d’influenza che da sempre hanno esercitato. Si potrebbe essere, naturalmente, d’accordo o meno, ma insomma sarebbe difficile non confrontarsi apertamente e lealmente. Il fatto, però, è un altro. Le donne (o meglio il femminismo tutto ma anche molte che femministe non si dichiarano), vorrebbero semplicemente sommare il potere di ieri con quello reclamato oggi. Ossia. influenzare le decisioni maschili ed anche decidere in nome e per conto proprio, non limitandosi con ciò a rovesciare semplicemente il rapporto fra i sessi ma creandone uno integralmente nuovo nel quale al maschio non è più lasciata neanche la facciata un po’ roboante e un po’ fasulla che ha sempre mostrato, stile bullo di periferia. Sembrerebbe impossibile, invece è proprio ciò che sta accadendo, nella società civile, nelle leggi, in quello che ci rimandano i media, ed è ciò che tanti maschi stanno accettando forse senza accorgesene neanche, forse accorgendosene ma non avendo il coraggio di alzare un dito per dire <>. . Ed è anche inutile chiedere alle donne quella rinuncia, perchè il potere nascosto è troppo invitante e comodo. Si può esercitarlo largamente e contemporaneamente dichiararsi oppresse, come accade nelle società “emancipate” del nord europa dove la presenza femminile è altissima a tutti i livelli ma nondimeno sorgono partiti delle donne contro l’oppressione maschile e fioriscono leggi antimaschio come quella che punisce il cliente della prostituta ma non la prostituta.
Quakche esempio e chiudo: la donna avoca a sè la decisione esclusiva se far nascere o meno il figlio suo e del padre, e vuole che questo diritto esclusivo le sia riconosciuto pubblicamente e per legge, escludendo in toto il padre. La donna/madre invoca la parità nei compiti domestici e nella scelta del cognome da dare ai figli ma non rinuncia al suo enorme, praticamente quasi esclusivo, potere d’influenza su di loro e sulla loro educazione. E gli uomini tacciono o acconsentono entusiasti.

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Alessandro 3:43 pm - 17th Settembre:

“In sostanza, i maschi avrebbero prodotto il capitalismo per soddisfare le voglie femminili in modo, deduzione ovvia, da “conquistarle”.”
———————————————————–
Non possiamo negare che coloro che detengono il “capitale” sono anche coloro che hanno accesso al godimento sessuale del genere femminile. E quando utilizzo questi termini non faccio riferimento all’uomo che intrattiene una relazione con una o due donne nell’arco di alcuni anni, questi sono i “proletari” della sessualità, benchè si credano spesso, ingenuamente, il contrario, faccio riferimento a chi può permettersi di circondarsi quotidianamente o quasi di donne, spesso nuove, che lo intrattengono sessualmente-eroticamente. Ne è un esempio il Berlusconi post divorzio, grottesco fin che si vuole, perchè espressione di una ricerca sessuale “fuori tempo massimo”, ma certamente appunto esemplare nell’utilizzare il capitale anche per garantirsi ciò che al cittadino comune appare precluso. D’altronde non è casuale che la sessualità sia l’unico ambito dell’esistenza umana a non aver subito alcuna “rivoluzione” in seno alle società cosiddette progredite, proprio per la portata dirompente che un simile processo avrebbe. Che l’accumulazione del capitale sia stata ricercata solo per questo scopo è sicuramente eccessivo e sbagliato, visto che anche l’articolo parla di “lusso” inteso in senso molto generale, ma che sicuramente sia stata una molla che ha spinto verso questa direzione, penso non sia eresia affermarlo.

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RDV 6:47 pm - 17th Settembre:

Concordo con Alessandro.
Non è eresia prendere in considerazione questo aspetto. Non sarà stato il motore della dinamica, ma quantomeno il lubrificante. Se non una concausa almeno un elemento facilitatore.

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Enrico Fiorini 2:55 pm - 18th Settembre:

Quello che è interessante è notare come quello che ci viene spacciato per un punto di arrivo,ovvero la ”cosiddetta donna oggetto”,ovvero donna che ”viene mercificata” (noi diremmo che mercifica sè stessa) è il punto di partenza e non il punto di arrivo del capitalismo.
Insomma Sombart ribalta la teoria della donna oggetto,peraltro senza conoscerla,o forse…
le femministe ribaltano Sombart magari senza conoscerlo direttamente,ma ben conoscendo il ruolo della donna nella genesi del capitalismo.

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