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03 Feb 2014  |  1 Commento

Rabbia? No, dimissioni

Come descrivere la pressione antimaschile e antidemocratica portata dal femminismo radicale nella  dialettica quotidiana dei media e politica?.
Basta leggere un articolo a caso della “sinistra” radical chic, che sorseggia champagne in comodi salotti, sputa veleno sul mondo maschile ogni giorno e spara veleno ogni qualvolta venga fatta la “lesa maestà”, o lesa vagina (mi scuso con gli animi sensibili, spero nessuno svenga).
Succede così in questi giorni che un insulto oggettivamente sessista, ma tutt’altro che immotivato, agiti le mazze roteanti di chi qualche mese prima ha fatto passare una Convenzione Internazionale in cui si definisce il genere maschile come storicamente oppressore e carnefice di quello femminile; le stesse persone che con cappucci in testa e torce accese brancolavano per le strade perché l’assassinio di una donna fosse normato come più grave di quello di un uomo, perché giustizia fosse fatta; le stesse persone che riportavano indietro di 30 anni la legge sull’affido condiviso, di fatto cancellandolo; le stesse anime pie che introducevano le quote al 50% in politica perché non ci fossero troppi uomini, portatori del male.
A capo di tale brigata la Presidentissima, colei che dopo sofferte missioni Carmelitane vestita di solo saio firmato Armani, rientrava in Italia a portare il verbo e ricordare in sue preziose esternazioni il legame “tra il maschile e l’omofobia e il razzismo, la violenza e il bullismo“. La stessa “illuminata” che si dotava di ghigliottina per troncare la parola all’unica opposizione nonchè secondo gruppo politico del Paese; gruppo che, stranamente, in barba alle prassi della nostra vita politica, non era riuscito ad esprimere un proprio rappresentante né alla presidenza della Camera che del Senato, e la cui candidatura per la Presidenza della Repubblica, Rodotà, tramontava per favorire la seconda alba Napolitana.

C’è un progetto più grande da compiere, fatto di un Europa senza opposizione e un Ideologia Gender che non prevede ostacoli, e soprattutto non prevede maschile.

Qua sotto un articolo, insignificante per testata giornalistica e rilevanza mediatica, ma interessante per far capire il livello di terrore generato nella dialettica con lo spauracchio del “maschilismo” del “sessismo” della “misoginia“. Ieri abbiamo assistito ad una pagina unica della nostra Repubblica in cui la seconda carica dello stato si difendeva dietro la propaganda del sessismo, e accusava una forza politica in ascesa ed i suoi sostenitori di essere eversivi e potenzialmente stupratori, esternazione in sè tecnicamente corretta quanto affermare che potrebbero essere potenzialmente puttane, ma la prima è sicuramente politicamente, e tele-visivamente, più sostenibile.

Ebbene l’articolo, stigmatizza la battuta di Messora in relazione al video incriminato “cosa fareste con la Boldrini in auto” come sessista. Video godibilissimo tra l’altro ed educato, come pure ironica e sacrosanta la battuta di Messora.
Secondo l’articolo, il tweet di Messora rientra nella categoria del sessismo fondamentalmente per le ragioni opposte per cui l’insulto di De Rosa appariva sessista, cioè le Piddine erano oggetti sessuali, mentre il tweet di Messora era sessista perchè la Boldrini non è percepita come oggetto sessuale.

Invece l’appellare milioni di Italiani come potenziali stupratori, per inciso solo i maschi, si da per inteso, e delegittimare una forza politica come “eversiva” viene chiosata dall’articolo come un “accusa di quelle che fanno rabbia“.

Rabbia? No, fanno dimissioni!


1 Commento

cesare 6:05 pm - 21st Marzo:

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