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20 Mag 2012  |  218 Commenti

DDL n. 3390: sulla soggettività femminile e “femminicidio” – Discutiamone

PREMESSA

Il 4 luglio 2012 è stato presentato in Senato,  il disegno di legge DDL 3390 denominato “Norme per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio“.  Il testo ufficiale, al momento,  non è ancora stato pubblicato nel sito del Senato (http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/38611.htm).  Si trova però, in rete,  un documento intitolato “bozza ddl 3390” che potete reperire anche  qui. Posto che comunque non è un documento ufficiale è utile che se ne parli. Che ne parliamo, innanzitutto.

Si tratta di una questione seria, serissima, che volenti o nolenti ci riguarderà. Come uomini, ma soprattutto come Movimento Maschile. Da questo l’idea di strutturare questo post come un work in progress.  Non verranno quindi riportate le premesse della senatrice Serafini, consapevoli che queste, da sole, alimenterebbero dibattiti e polemiche già affrontate in questa o altre sedi  coinvolte nella QM (premesse comunque liberamente consultabili al link di cui sopra), ma nell’immediato “poco produttive”.

Si riporterà invece la proposta di articolato. Articolo per articolo, comma per comma. Con due obiettivi: di divulgazione e di contro-proposta.

E proprio in relazione a quest’ultimo obiettivo sarebbe auspicabile che gli interventi ed  i commenti, si concentrassero su di un articolo, un comma del ddl n. 3390 analizzando, criticando, approfondendo, proponendo. Questo senza nulla togliere al discorso globale di critica dello stesso ddl.  Work in progress perché proposte, critiche,  analisi, andranno a costituire le fondamenta di una nostra autonoma ed articolata contro-piattaforma sull’argomento.

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BOZZA DDL 3390

Norme per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio

Capo I – Obiettivi

Art. 1. – (Princìpi e finalità)

1. La presente legge è volta a contrastare ogni tipo di violenza e discriminazione di genere, in quanto lesiva della libertà, della dignità, dell’inviolabilità e della sicurezza della persona.

2. Ai fini della presente legge, si intende per:

a)  “ discriminazione di genere”: ogni distinzione o limitazione basata sul sesso, o sull’orientamento di genere, che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte di ogni individuo dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, culturale, civile, o in qualsiasi altro campo;

b)  “ violenza di genere”: ogni molestia, o atto persecutorio, o percossa, o lesione dell’integrità psicofisica, basato sul sesso o sull’orientamento di genere o su una concezione discriminante connessa all’identità di genere della persona.

3. La presente legge promuove, in particolare, i diritti e la dignità delle donne e prescrive misure volte a contrastare ogni forma di femminicidio, inteso quale negazione della soggettività femminile.

Capo II – Formazione, informazione, sensibilizzazione, promozione culturale

Art. 2 – (Misure per la promozione, da parte dei media, della soggettività femminile)

1. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e il Ministro per le pari opportunità promuovono l’adozione, da parte del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e degli operatori radiofonici, di un codice di deontologia denominato “Codice dei media per la promozione della soggettività femminile”, recante principi e prescrizioni volti a promuovere, nell’esercizio dell’attività giornalistica, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nelle trasmissioni radiofonici, il rispetto della dignità delle donne e della soggettività femminile, nonché a prevenire ogni forma di violenza di genere o di femminicidio. Tale codice impegna a non rappresentare la donna come oggetto sessuale, a non diffondere comunicazioni che associno il sesso alla violenza, e a sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al significato e contenuto del concetto di uguaglianza e pari dignità dei generi, nonché in merito alla violenza di genere come fenomeno sociale.
2. Il codice di cui al comma 1 è recepito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti e periodicamente aggiornato con la procedura di cui al medesimo comma 1.
3. Nei casi di inosservanza dei divieti sanciti dal codice di cui al comma 1, la Commissione per i servizi e i prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, previa contestazione della violazione agli interessati ed assegnazione di un termine non superiore a quindici giorni per le giustificazioni, delibera l’irrogazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 250 a 2.500 euro e, nei casi più gravi, la sospensione dell’efficacia della concessione o dell’autorizzazione per un periodo da tre a trenta giorni. Della violazione dei suddetti divieti è data senza ritardo notizia al l’organo titolare del potere disciplinare ai fini dell’adozione dei conseguenti provvedimenti.
4. All’articolo 36­bis, comma 1, lettera c), numero 2), del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “o di genere”

Art. 3 – (Campagne di sensibilizzazione, informazione e formazione)

1. Al fine di contrastare efficacemente il fenomeno degli atti persecutori e della violenza contro le donne, le prefetture­ uffici territoriali del Governo possono promuovere, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, protocolli d’intesa tra soggetti istituzionali quali province, comuni, aziende sanitarie, consigliere di parità, uffici scolastici provinciali, forze dell’ordine e del volontariato che operano sul territorio.
2. I protocolli di cui al comma 1 hanno come obiettivo:

a)    l’analisi e il monitoraggio del fenomeno degli atti persecutori e della violenza di genere;

b)    lo sviluppo di azioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto di tale fenomeno, attraverso mirati percorsi educativi e informativi;

c)    la formazione degli operatori del settore;

d)    la promozione dell’emersione del fenomeno, anche tramite iniziative volte a facilitare la raccolta delle denunce;

e)    l’assistenza e il sostegno alle vittime della violenza in tutte le fasi susseguenti al verificarsi di un episodio di violenza.

3. Le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle proprie competenze promuovono iniziative, campagne e attività di sensibilizzazione, formazione e informazione volte alla prevenzione della violenza di genere e del femminicidio in ogni loro forma.
4. Le amministrazioni pubbliche di cui al comma 3, nell’ambito della disciplina vigente in materia di formazione, promuovono iniziative e appositi moduli formativi sulla violenza di genere, mirando alla valorizzazione della pari dignità sociale tra uomo e donna e alla promozione della soggettività femminile.

Art. 4 – (Iniziative scolastiche contro la violenza e la discriminazione di genere)

1. Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, può promuovere, nell’ambito dei programmi scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione contro la violenza, la discriminazione di genere e il femminicidio e per la promozione della soggettività femminile, che conferiscano agli studenti autonomia e capacità d’analisi, ai fini della promozione di una reale autodeterminazione dei generi, anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo.

Art. 5 – (Statistiche sulla violenza)

1. Nel titolo II del libro II del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, dopo l’articolo 24, è aggiunto il seguente:

«Art. 24­bis. – (Statistiche sulla violenza).

1. Ai fini della progettazione e della realizzazione di politiche di contrasto alla violenza e alle discriminazioni di genere e del monitoraggio delle politiche di prevenzione, l’Istituto nazionale di Statistica, sulla base di finanziamenti dedicati, assicura lo svolgimento di una rilevazione statistica sulla discriminazione e la violenza di genere fisica, sessuale, economica, psicologica, atti persecutori e sui maltrattamenti in famiglia, che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio con cadenza almeno quadriennale. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi di concerto con i Ministri della giustizia e dell’Interno entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e non avente natura regolamentare, sono indicate le variabili fondamentali da descrivere.

2. La rilevazione dei dati relativi ai reati accertati e denunciati, condotta dal Ministero della Giustizia e dal Ministero dell’Interno, prevede la disaggregazione per genere, età e cittadinanza, sia degli autori che delle vittime, e la relazione tra autore e vittima, rendendo i dati fruibili e garantendone la qualità, secondo quanto previsto dal decreto di cui al comma 1.
3. L’istituto nazionale di Statistica , ai fini della costruzione di un sistema informativo sulla violenza sulle donne, integra i dati prodotti dal Ministero della Giustizia, dell’ Interno, della Salute, nonché dal Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dai centri anti violenza e da tutti gli enti che possono produrre dati utili alla conoscenza e descrizione del fenomeno, coordinando gli stessi nella raccolta, secondo quanto previsto dal decreto di cui al comma 1.

Capo III – Tutela delle vittime di violenza

Art. 6. – (Tutela della donna vittima di delitti contro la personalità individuale e la libertà sessuale)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ciascuna questura è tenuta ad assicurare la presenza, nei propri uffici, di una quota di personale di sesso femminile, titolare di una formazione specifica in materia di delitti contro la personalità individuale e la libertà sessuale, competente a ricevere le denunce o querele da parte di donne vittime di uno o più dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale e dagli articoli da 609­bis a 609 ­octies e 612­bis del medesimo codice, nonché dei reati di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
2. La quota di personale di cui al comma 1 è stabilita dal Ministero dell’interno con proprio decreto da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Il decreto di cui al comma 2 stabilisce altresì le caratteristiche e le modalità di organizzazione dei corsi di formazione professionale in materia di tutela delle vittime dei delitti di cui al comma 1, comprensivi anche di una formazione specifica in materia di tutela e assistenza delle vittime minorenni dei medesimi delitti. La partecipazione ai corsi di cui al periodo precedente è condizione per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 1.
4. Ciascuna donna, anche minorenne, che intenda presentare presso una questura denuncia o querela per uno o più dei delitti di cui al comma 1, di cui affermi essere vittima, ha il diritto di farsi assistere, qualora, debitamente informata della possibilità, dichiari di volersene avvalere, dal personale di cui al medesimo comma 1, anche nelle fasi successive alla presentazione della denuncia o della querela.

Art. 7 – (Nuclei specializzati per l’assistenza delle vittime di violenza di genere)

1. Le aziende ospedaliere e le aziende sanitarie locali, assicurano l’attivazione di almeno un nucleo specializzato per i problemi correlati alla violenza di genere.
2. Il nucleo specializzato di cui al comma 1, al fine di assicurare assistenza integrata alle vittime di violenza, garantisce l’intervento di personale sanitario adeguatamente formato per l’accoglienza, l’assistenza e la cura delle vittime della violenza. L’assistenza richiesta garantisce oltre agli interventi per la cura della persona vittima, l’adeguata effettuazione di esami, prelievi e refertazione, che possono essere utilmente prodotti come prove della violenza in un eventuale fase giudiziaria.
3. Il personale sanitario operante presso il nucleo specializzato di cui al comma 1 segue corsi di formazione appositamente organizzati.
4. Ogni struttura ospedaliera e azienda sanitaria assicura che almeno una parte del personale sanitario sia adeguatamente formato per l’accoglienza, l’assistenza integrata e la cura delle vittime della violenza. La formazione di tale personale è realizzata, secondo quanto previsto dal Ministro della salute con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri della giustizia e del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, attraverso dei seminari organizzati da esperti specializzati nella prevenzione della violenza di genere e sostegno alle vittime provenienti dai consultori pubblici, senza costi aggiuntivi per la finanza pubblica. Nelle rete dei consultori pubblici o nelle unità sanitarie è possibile individuare le professionalità adeguate agli scopi di questo disegno di legge.
5. L’équipe specializzata, secondo quanto previsto dal decreto di cui al comma 4, può predisporre piani di organizzazione annuale e di aggiornamento, richiedere l’appoggio di professionalità esterne al servizio pubblico come le organizzazioni non governative e le case e i centri delle donne, la cui professionalità nell’appoggiare le donne vittime di violenza si è resa evidente nella loro esperienza sul campo. In quest’ottica l’équipe può costituire un punto di riferimento anche per la formazione del personale tirocinante proveniente dall’università.

Art. 8. – (Tutela lavorativa e previdenziale)

1. Le vittime di violenza di genere hanno diritto alla riduzione e alla riorganizzazione dell’orario di lavoro, alla mobilità geografica e alla sospensione dell’attività lavorativa con conservazione del posto di lavoro.
2. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro per le pari opportunità, emana, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un regolamento a tutela dei diritti lavorativi delle vittime di cui al comma 1, per:

a)    la rimodulazione delle misure assistenziali e previdenziali, con particolare riferimento all’età anagrafica ed al livello contributivo e retributivo delle lavoratrici;

b)    la predisposizione di indennità di disoccupazione totale o parziale;

c)    la previsione di incentivi ai datori di lavoro che assumono donne vittime di violenza.

Art. 9 – (Modifiche al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286)

Al comma 1 dell’articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: «di un procedimento», sono inserite le seguenti: « per taluno dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale ovvero dagli articoli 572, 581, 582, 583­bis, da 609­bis a 609­octies e 612­bis del medesimo codice, ovvero» e dopo le parole: « per effetto dei tentativi di sottrarsi» sono inserite le seguenti «alla violenza o agli abusi, ovvero».

NOTE: estensione della sfera di applicazione del permesso di soggiorno ex articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, anche alle vittime di violenza o abuso sessuali, ovvero di maltrattamenti in famiglia e stalking


Art. 10. – (Modifiche alla legge 8 novembre 2000, n. 328)

1. All’articolo 22 della legge 8 novembre 2000, n. 328, al comma 2, dopo la lettera e), è inserita la seguente:  «e­bis) misure di sostegno alle donne vittime di violenza sessuale, atti persecutori e di maltrattamenti che consentano anche l’allontanamento dal nucleo familiare quando ciò si renda necessario».

NOTE: ricomprensione, all’interno dei livelli essenziali delle prestazioni di accoglienza e socio­assistenziali, delle attività volte a fornire misure di sostegno alle donne vittime di violenza sessuale, stalking e di maltrattamenti


Art. 11.  – (Intervento in giudizio)

1. Nei procedimenti per taluno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 609­bis, 609­quater, 609­octies e 612­bis del codice penale, ovvero dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale, il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.
2. Nei procedimenti per taluno dei delitti previsti dall’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, ovvero per taluno dei delitti di cui all’articolo 380, comma 2, lettere d) e d­bis), del codice di procedura penale, nei quali la persona offesa sia stata destinataria di un programma di assistenza ed integrazione sociale ai sensi dell’articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero di interventi nell’ambito del programma speciale di assistenza di cui all’articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, l’ente locale o il soggetto privato che ha prestato assistenza alla persona offesa nell’ambito dei suddetti programmi possono intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.

NOTE: riconoscimento della possibilità, per il centro che abbia assistito la vittima di violenza sessuale, maltrattamenti, tratta, stalking e altri delitti contro la personalità individuale o contro la famiglia o la libertà sessuale, di costituirsi nel giudizio penale.


CAPO IV  – Case e centri delle donne

Art. 12  – (Disposizioni in materia di case e centri delle donne)

1. Le case e i centri destinati all’accoglienza, all’ospitalità o alla residenza temporanea, i centri d’ascolto, di accoglienza, di consulenza legale e psicologica, di raccolta dati, di informazione e di ricerca, di seguito denominati «case e centri delle donne», che agiscono senza fini di lucro e sono autonomi nelle metodologie, nei progetti, nella gestione e nelle modalità di rapporto con le istituzioni pubbliche o private, assicurano sostegno e solidarietà ad ogni donna, cittadina italiana o straniera, quali siano la sua razza, etnia, religione o luogo di provenienza e di residenza.
2. Le case e i centri delle donne di cui al comma 1 si avvalgono di competenze appositamente acquisite e maturate nelle pratiche e nell’esperienza dell’accoglienza.

3. L’attività delle case e centri delle donne persegue i seguenti obiettivi:

a)    offrire solidarietà ed accoglienza ad ogni donna che a essi si rivolga e, su sua richiesta, ricorrendo le condizioni previste dalla legge, ai suoi figli minori;

b)    predisporre progetti di uscita dalla violenza mediante una relazione tra donne che renda ogni singola donna protagonista di un percorso autonomo;

c)    sperimentare, studiare ed affinare le pratiche e le competenze al fine di prevenire la violenza e superarne i danni, favorire un’educazione alla non violenza, formare consulenti d’accoglienza per le case e i centri delle donne nonché operatrici ed operatori sociali esterni;

d)    favorire e promuovere interventi di rete, sia con l’insieme delle istituzioni, associazioni, organizzazioni, enti pubblici e privati, sia con l’insieme delle competenze e delle figure professionali, al fine di offrire le differenti risposte, in merito alle diverse tipologie di violenza, ai danni inferti e a come essi agiscono sulle singole donne, siano esse cittadine italiane o straniere.

Art. 13.  – (Gestione delle case e dei centri delle donne)

1. La gestione delle case e dei centri delle donne è assicurata attraverso convenzioni tra gli enti locali e i loro consorzi ed una o più associazioni o cooperative di donne, che perseguono, esclusivamente o in prevalenza, le finalità di cui all’articolo 12. Nelle convenzioni può essere previsto l’apporto di idoneo soggetto bancario, anche già convenzionato con l’ente locale, al fine di garantire la regolarità delle erogazioni e la continuità del servizio.
2. Le associazioni e le cooperative di cui al comma 1 assicurano la gestione delle case e dei centri delle donne attraverso proprio personale opportunamente formato e redigono annualmente una relazione sull’attività svolta da presentare agli enti locali e ai loro consorzi.
3. Alle erogazioni liberali a favore delle case e dei centri delle donne si applicano le disposizioni di cui all’articolo 15, comma 1­bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
4. Per le finalità di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, nell’ambito dei settori rilevanti, e in particolare nel settore dell’assistenza alle categorie sociali deboli le case e i centri delle donne possono esercitare, con contabilità separate, imprese direttamente strumentali ai propri fini.

Art. 14.  – (Fondo nazionale di cofinanziamento)

1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un apposito fondo destinato al cofinanziamento degli interventi di cui alla presente legge, con le seguenti finalità:

a)    finanziamento della programmazione regionale a favore degli interventi di cui alla presente legge;

b)    finanziamento degli interventi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge;

c)    promozione di nuovi interventi.

2. Al fondo di cui al comma 1 affluiscono, secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il 5 per cento delle disponibilità del Fondo unico giustizia di cui all’articolo 61, comma 23, del decreto­legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

3. A favore delle regioni, anche a statuto speciale, e delle province autonome di Trento e di Bolzano che redigono entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge un programma triennale per favorire l’attività delle case e dei centri delle donne, che preveda finanziamenti o conferimenti di beni o di strutture, possono essere disposti trasferimenti a carico del fondo di cui al comma 1.

4. Alle province, ai comuni e ai loro consorzi che stipulano o hanno già stipulato alla data di entrata in vigore della presente legge le convenzioni di cui all’articolo 2, è riservato, a titolo di cofinanziamento dello Stato, almeno il 50 per cento delle disponibilità annuali del fondo di cui al comma 1. I presidenti delle province e i sindaci dei comuni destinatari dei cofinanziamenti sono tenuti ad iscrivere nei rispettivi bilanci triennali, con distinte specificazioni, lo stanziamento di spesa per il finanziamento delle convenzioni derivante dal trasferimento e quello di cofinanziamento provinciale o comunale.

5. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i presidenti delle province e i sindaci delle aree metropolitane e dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti presentano al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche ai fini del cofinanziamento, un programma per la promozione di nuove case e centri delle donne ai sensi della presente legge, con i relativi schemi di convenzione.
6. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e dell’Unione delle province d’Italia (UPI), il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, approva, con proprio decreto, la ripartizione del fondo di cui al comma 1 per il primo triennio di attuazione della presente legge, sulla base della popolazione delle regioni, della distribuzione territoriale del servizio come definito dalla presente legge, dei progetti di sviluppo delle case e dei centri delle donne su base territoriale. Sono escluse dalla ripartizione le regioni che non hanno provveduto agli adempimenti di cui al comma 3, nei termini ivi indicati. Le regioni possono disporre, con legge regionale, anche al fine di attivare il cofinanziamento del fondo di cui al comma 1, finanziamenti, incentivi ed agevolazioni nonché l’utilizzo di disponibilità per investimenti presso conti correnti di Tesoreria.

7. Al termine di ogni esercizio finanziario, le eventuali somme assegnate agli enti locali e territoriali e non utilizzate possono essere riassegnate, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, alla realizzazione di programmi regionali o di specifici progetti locali rientranti nelle finalità di cui alla presente legge.
8. Al termine del primo triennio di attuazione della presente legge, le eventuali somme assegnate e non utilizzate sono computate in aggiunta alle somme del fondo di cui al comma 1 disponibili nel successivo triennio di attuazione.

CAPO V  – Norme penali

Art. 15  – (Modifiche agli articoli 609­bis e 609­ter del codice penale in materia di circostanze).

1. All’articolo 609­bis del codice penale, il terzo comma è sostituito dal seguente: «Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Ai fini della concedibilità dell’attenuante il giudice valuta, oltre all’intensità del dolo e alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa».
2. All’articolo 609­ ter, primo comma, numero 2), del codice penale, dopo le parole: «stupefacenti o» sono inserite le seguenti: «comunque idonee a ridurne la capacità di determinarsi, o».
3. All’articolo 609 ­ter, primo comma, del codice penale, il numero 5) è sostituito dai seguenti:

«5) nei confronti di persona della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore;

5­bis) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza;

5­ter) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, quando il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza;

5­quater) nei confronti di donna in stato di gravidanza;

5­quinquies) all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa ».

4. All’articolo 609­quater del codice penale, il quarto comma è sostituito dal seguente: «Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Ai fini della concedibilità dell’attenuante il giudice valuta, oltre all’intensità del dolo e alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla persona offesa.”

Art. 16  – (Modifiche all’articolo 612­bis del codice penale)

1. All’articolo 612­bis del codice penale, al secondo comma, le parole: “legalmente separato o divorziato” sono sostituite dalle seguenti: “, anche separato o divorziato, ”

NOTE: estensione dell’aggravante prevista per il reato di stalking anche ai casi in cui l’autore del reato sia il coniuge o il coniuge separato solo di fatto (invece oggi tale aggravante si applica al solo coniuge divorziato o legalmente separato, per effetto di un emendamento PDL al testo)

Art. 17  – (Modifiche alla legge 13 ottobre 1975,n. 654, e al decreto­ legge 26 aprile 1993,n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205).

1. All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1:

1) la lettera a) è  sostituita dalle seguenti:

« a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico;

a­bis) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati su opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere »;

2) alla lettera b), le parole: « o religiosi » sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o fondati sulle opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere »; b) al comma 3, le parole: « o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: « , religiosi o fondati sulle opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere ».

2. La rubrica dell’articolo 1 del decreto ­legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituita dalla seguente: « Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sulle opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere ».
3. All’articolo 3, comma 1, del decreto ­legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: « o religioso » sono sostituite dalle seguenti: « , religioso o motivato dalle opinioni politiche, dalle condizioni personali o sociali ovvero dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere ».
4. All’articolo 6, comma 1, del decreto­ legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole: « comma 1, » sono inserite le seguenti: « ad eccezione di quelli previsti dagli articoli 609­bis e 612­bis del codice penale, ».
5. Il titolo del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituito dal seguente: « Misure urgenti in materia di discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o fondati su altre motivazioni ».

NOTE: estensione delle aggravanti per discriminazione previste, tra l’altro, dalla legge Mancino anche alle discriminazioni di genere

Art. 18  – (Previsioni di programmi di riabilitazione da parte dell’amministrazione penitenziaria)

1. L’Amministrazione penitenziaria realizza programmi specifici, tenuti da personale qualificato anche esterno al carcere, per i detenuti condannati per uno o più dei delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale e dagli articoli da 609­bis a 609 ­octies e 612­bis del medesimo codice, nonché dei reati di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, sulla base di quanto disposto dal Ministro della giustizia con proprio decreto da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 agosto 1988, n. 400.
2. A seguito dei primi tre mesi di trattamento, il magistrato può valutare la frequenza e l’applicazione del detenuto nell’ambito del programma ai fini della concessione dei permessi o della libertà condizionata

Art. 19 – (Priorità nell’esercizio dell’azione penale)

1. All’articolo 132­bis, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

“a­bis)ai delitti previsti dalla sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale e dagli articoli da 609­bis a 609­octies e 612­bis del medesimo codice, nonché ai reati di cui all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75;”

Art. 20  – (Copertura finanziaria)

1. Agli oneri derivanti dalla presente legge, pari a 85 milioni di euro, si provvede a decorrere del 2013 a valere sui maggiori risparmi di spesa di cui al comma 2.
2. In aggiunta a quanto previsto dall’articolo 1, comma 01, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, al fine di consentire alle amministrazioni centrali di pervenire ad una progressiva riduzione della spesa corrente primaria in rapporto al PIL, le spese di funzionamento relative alle missioni di spesa di ciascun Ministero sono ridotte in via permanente di un ammontare aggiuntivo pari a 55 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013. Le dotazioni finanziarie per le missioni di spesa per ciascun Ministero previste dalla legge di bilancio, relative agli oneri comuni di parte corrente sono ridotte in via permanente di un ammontare aggiuntivo di 30 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013.”

NOTA: Alcune parti dell’art. 18 potranno essere modificate dopo la promulgazione della legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote.


218 Commenti

Luigi Corvaglia 12:54 am - 5th Gennaio:

SE QUESTO E’ UN GIORNALISTA …..
Suo articolo del 2 luglio 2013: Una donna uccisa ogni tre giorni – I sei mesi di sangue dell’Italia
Il suo ultimo articolo:
……………………………………………
I femminicidi aumentano nonostante la nuova legge
Il monitoraggio de La Stampa: 103 vittime nel 2013 contro le 93 dell’anno prima
raphaël zanotti
TORINO
Il primo caso del 2013 è già un enigma. È il 5 gennaio quando Carolina Picchio, 14 anni appena, si getta dal balcone di casa a Novara. Suicidio. In seguito si scoprirà che la ragazza aveva visto in poche ore trasformare la sua vita in un incubo: dopo aver subito una violenza sessuale di gruppo, qualcuno l’aveva filmata e aveva postato le immagini su Facebook. È un suicidio, quindi non tecnicamente un omicidio. Sono indagate 8 persone, tra cui una compagna. Carolina Picchio è la prima vittima dell’anno di un femminicidio? La violenza che ha subito, può rientrare in quel concetto di dominanza, di sopruso, che colpisce le donne in quanto tali?
Rispondere è difficile. Com’è difficile combattere un fenomeno che però, ormai, conoscono tutti. Nel 2013 sono stati fatti grandi passi in avanti. È stata ratificata la convenzione di Istanbul, è stato promulgato un decreto ad hoc, poi trasformato in legge a ottobre. Le istituzioni, i media, gli eventi: tutti ne hanno parlato. Eppure, dato paradossale, il numero di femminicidi nel 2013 è stato superiore rispetto al 2012.
Da due anni La Stampa esegue un monitoraggio attraverso varie fonti aperte (giornali, siti web, lanci di agenzia) tentando di dare conto di una piaga che, più la si indaga, più mostra sfaccettature inedite. Non a caso il lavoro di monitoraggio distingue tra femminicidi «puri» e omicidi «generici», considerando questi ultimi come casi borderline, che potrebbero rientrare, ma di fatto non rientrano. È un lavoro discrezionale, è vero, ma per ora non ci sono statistiche ufficiali. E il trend che mostra, in ogni caso, corrisponde a quello di altre statistiche. Quest’anno i femminicidi avvenuti lungo lo stivale sono stati 103 contro i 93 del 2012. Tendenza confermata anche dalla Casa delle Donne di Bologna. «Seppur in lieve aumento, possiamo dire che i dati sono stabili da anni perché il fenomeno è endemico» spiega Angela Romanin, vicepresidente dell’associazione bolognese.
Che sia endemico è sempre più vero. La differenziazione geografica è più omogenea rispetto al 2012. Il Nord continua a essere il luogo dove si uccide di più (39 vittime) rispetto al Centro (30) e al Sud e Isole (34). Ma c’è stato un riequilibrio. Nel 2012 il Nord viaggiava su percentuali impressionanti (53 vittime rispetto alle 11 del Centro e alle 29 di Sud e Isole).
Interessante anche l’andamento mensile che mostra una curiosa coincidenza: a fronte di un picco basso, in entrambi gli anni, nel mese di agosto (una vittima nel 2012, sei nel 2013) corrisponde un picco nel mese immediatamente successivo (sette donne uccise nel 2012, dieci nel 2013).
Altra curiosità: il 2013 ha visto più vittime negli ultimi mesi dell’anno rispetto al 2012. Proprio i mesi in cui il decreto legge prima e la legge poi erano vigenti. Ma non c’è alcuna correlazione. «Le politiche di contrasto sono doverose, ma ci vuole tempo perché sortiscano i primi effetti – spiega ancora Angela Romanin -. È la cultura di un Paese che va cambiata, e non lo si fa per legge. Nei centri antiviolenza, però, abbiamo notato un maggior attivismo delle forze dell’ordine sugli arresti e sulle richieste di ordini di protezione. Siamo nella direzione giusta».
Parlare di numeri è limitativo. Possono aiutare ad analizzare un fenomeno, ma è evidente che dietro queste cifre ci sono drammi e vite scippate. Donne uccise per gelosia. Donne uccise perché avevano lasciato. Donne uccise perché maltrattate per anni. Donne uccise perché donne.
I numeri, però, possono aiutare a scoprire anche aspetti oscuri, che sfuggono quando ci si trova di fronte all’abisso e all’efferatezza dei delitti. Proprio inquadrando gli omicidi borderline che sfuggono a un’interpretazione letterale del femminicidio, si scopre che in molti casi i primi indiziati sono i figli maschi che vivono con loro (11 casi nel 2012, 18 nel 2013). È forse il segno di un rapporto di dominanza che si è creato fra le mura domestiche e che, pur sfuggendo alle definizioni ufficiali, mostra quanto il femminicidio affondi le radici in un terreno fertile, dove equilibri di potere malati e stravolti, gettano le basi della violenza di genere. Ci sarà ancora molto da lavorare. Il 2014 è appena iniziato. L’augurio è che sia l’anno della svolta, quello in cui il fenomeno endemico che mostrava dati stabili, cominci a vedere un declino delle statistiche.
……………………………………………
Zanotti, ma credi che si sia tutti con l’anello al naso?
Nel tuo articolo del 2 luglio 2013 affermi che “I primi sei mesi del 2013 indicano un calo di questi episodi: 66 rispetto ai 76 del 2012”.
Bene, ora ci stai dicendo che nel 2012 sono state “femmicidiate” in tutto (uccise è altra cosa non posso scriverlo) 93 donne.
93 (totale 2012 secondo Zanotti) – 76 (primi 6 mesi 2012 sempre secondo Zanotti) = 17
Diconsi 17…. Zanotti. 17.
Ora, come è mai possibile, anche all’interno della vostra folle non-logica per cui le cifre non sono tali ma sono chewingum (che ognuno allunga e accorcia come vuole), che un fenomeno che nella prima parte dell’anno provoca 76 morti, nella seconda parte dell’anno si sia quasi azzerato? E per di più che non se non se ne sia accorto nessuno. Si, perchè potrei linkarti tanti riferimenti quante sono le testate giornalistiche italiane e le associazioni femministe che danno numeri (parlo del 2012) sempre al di sopra di 120/130 “femminicidi”, quando non diventano 160/170. Solo per farti un esempio: Femminicidi/ C’è finalmente una lista completa: 124 donne uccise nel 2012 e 47 ferite
La verità, caro giornalista dei miei stivali, è che, anche con le vostre metodologie contabili da avvoltoi, le donne “femminicidiate” nel 2013 sono diminuite rispetto al 2012.
Ma questo “non è possibile” ed ecco allora che vengono compressi i dati, sbandierati fino al giorno prima, del 2012.
Perchè “l’emergenza” deve continuare.
Da vomito …..

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Mauro Recher 9:54 am - 5th Gennaio:

Io continuo a pensare che , se i numeri sono cosi “ballerini” siamo dinanzi ad una “faccenda” non ben definita, chi dice 93 ,chi dice 124 chi ha detto altri numeri ancora..se una cosa è precisa e , sopratutto , si sa di cosa si parla i numeri dovrebbero non variare o variare in maniera insignificante ,questa è propaganda allo stato puro

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Fabrizio Marchi 11:44 am - 5th Gennaio:

Rino DV,

Aveva ragione Adorno e non Hegel: il reale non è razionale, è piuttosto pervaso e dominato dalla irrazionalità, che oggi è quella capitalistica, declinata nelle forme che conosciamo.
La razionalità, come la verità, è rivoluzionaria…
.

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Rino DV 6:12 pm - 5th Gennaio:

“… e non Hegel…”
https://www.uominibeta.org/wp-content/plugins/wp-monalisa/icons/wpml_cool.gif
rdv

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Fabrizio Marchi 7:47 pm - 5th Gennaio:

Rino DV,

dal quale comunque prende le mosse (anche) il pensiero di Adorno…https://www.uominibeta.org/wp-content/plugins/wp-monalisa/icons/wpml_cool.gif
“Siamo nani seduti sulle spalle di giganti” diceva Bernardo di Chartres, caro Rino, come tu ben sai…” Ed è per questo – soggiungeva – che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.possiamo vedere”.

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Luigi Corvaglia 4:13 pm - 25th Febbraio:

Amnesty International – Italia: fermiamo la violenza contro le donne!
…..
Ogni anno, in Italia, oltre 100 donne vengono uccise per mano di un uomo. In circa la metà dei casi il responsabile è il partner o l’ex partner e solo in circostanze rare si tratta di una persona sconosciuta alla donna.

Fermare il femminicidio e la violenza contro le donne è una delle 10 richieste contenute nell’Agenda in 10 punti per i diritti umani che Amnesty International Italia ha presentato a tutti i candidati e leader di coalizione, nell’ambito della campagna “Ricordati che devi rispondere”, nel corso dell’ultima campagna elettorale. Tale richiesta è stata sottoscritta da 117 parlamentari.

Dopo aver ratificato,il 19 giugno 2013, la Convenzione di Istanbul, l’8 agosto il governo ha approvato un decreto legge contenente una serie di misure repressive nonché di tutela delle vittime della violenza avvenuta (poi convertito in legge conmodifiche dalla L. 119/2013 del 15 ottobre 2013), riconoscendo in questo modo l’esistenza di una situazione grave ma non ancora adeguatamente affrontata.

Se è vero che la nuova legge compie un innegabile passo in avanti in tema di lotta alla violenza contro le donne in Italia, si rileva tuttavia come alcuni standard richiesti sia dalla Convenzione di Istanbul, sia dalle raccomandazioni della Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e sia dal Comitato sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne non siano ancora stati raggiunti. In particolare, se è vero che la netta centralità degli strumenti di prevenzione e protezione rispetto a quelli repressivi appare molto chiara nel testo della Convenzione di Istanbul, questo non accade nel testo di legge italiano, dove l’attenzione viene data più a quell’aspetto punitivo caratteristico dei decreti legge, che appunto sono strumenti idonei ad arginare una situazione di crisi, ma poco adatti al concepimento di politiche a lungo termine di prevenzione e sensibilizzazione sociale, che richiederebbero invece un’ampia discussione parlamentare.

Forti dubbi risiedono inoltre sull’entità delle risorse economiche dedicate al piano d’azione straordinario previsto all’art. 5 della legge di conversione, con tutta probabilità non sufficienti a garantire gli obiettivi prefissati dal testo stesso.

Si noti poi come ancora manchi in Italia un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani con una sezione dedicata ai diritti delle donne in grado di vigilare sul fenomeno (sul punto si pronuncia espressamente la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Rashida Manjoo, al punto 94, lett. b) del rapporto 2011.

Inoltre, come sottolineato dalla Convenzione di Istanbul e dalla relatrice speciale, appare senz’altro di importanza cruciale la previsione di un sistema di raccolta di dati statistici (disaggregati), attraverso l’attuazione dell’art. 5, lett. h della legge di conversione che riescano a garantire raccolta e analisi standardizzate e periodiche che ancora mancano nel nostro paese.

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Mauro Recher 9:37 pm - 25th Febbraio:

Non proprio pertinente ,però penso che vada bene pure qui
http://femdominismo.wordpress.com/2014/02/25/il-parigino-e-l-ottentotto/

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cesare 9:43 pm - 25th Febbraio:

Amnesty ha fondato la sua credibilità quando negli anni in cui il Mondo si divideva nel regno del Male e nel regno del Bene su base classista e si impegnava nelle reciproche accuse ideologiche tra comunismo e Mondo Libero, non è mai caduta nell’errore di dimenticare il torturato, il discriminato, il perseguitato perché schierato dall’una parte o dall’altra della barricata ideologica: E ha sempre condotto la battaglia sul caso concreto, con tanto di nome e cognome. Una scelta di verità estranea ad ogni strumentalizzazione ideologica. Se oggi, riproponendosi una divisione analoga del Mondo ma su base sessista, si schiera con uno dei due campi, quello definito dalla ideologia femminista, ovvero le donne, automaticamente tace delle violenze che si abbattono sul genere maschile in quanto genere maschile. E nasce la domanda: se migliaia di persone muoiono sul lavoro in quanto maschi, non è anche questa una violenza subita da un genere esclusivamente per le sue caratteristiche di sesso. E perché Amnesty tace? Perché non riporta l’elenco dei nomi dei maschi suicidi per le condizioni sociali che colpiscono solo i maschi? Domande che lasciano spazio alle risposte più amare, fra cui quella che Amnesty ha perso la sua anima che l’ha resa Amnesty. Un’altra realtà pensando alla quale ci si sentiva partecipi ed orgogliosi conquistata e corrotta dall’ideologia e dalle lobby femministe. Da oggi le vittime di ogni violenza sono più sole, e tendenzialmente sotto accusa in quanto appartenenti al genere “che fa violenza alle donne”. Un’accusa non solo falsa nella sua ideologica genericità, ma davvero folle da far pensare al sintomo di un delirio di massa Un ulteriore conferma che tutto ciò che tocca il femminismo si snatura e corrompe. .

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Pappagallus sibiricus 2:56 am - 26th Febbraio:

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cesare 12:28 pm - 26th Febbraio:

Questa mattina come apro la tv alle 07.20, sul primo canale, mi assalgono le immagini di un uomo che brucia avvolto dalle fiamme: si tratta di un padre che il contesto economico sociale ha reso disoccupato. Lui come milioni di altri maschi non ce la fa più a stare in questa condizione che per un maschio è insopportabile.
Il soccorritore dice di averlo sentito dire: “perchè non m hai lasciato morire?”.

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cesare 3:51 pm - 26th Febbraio:

E già che, con questo episodio terribile del disoccupato suicida col fuoco, siamo in tema di distruzione del maschile e del paterno, mi sembra pertinente un riferimento alla festa che celebra la “grande politica” del “bastonare il cane che annega” a cui ogni persona di potere oggi si ispira: fratelli di genere che siete disoccupati, imprenditori in rovina, padri di famiglia allo stremo, sfruttati e oppressi in Italia e nel Mondo, preparatevi che si avvicina l’otto marzo, la giornata che da iniziale festa dedicata alle donne, si è trasformata nella giornata dedicata alla celebrazione della politica di aggressione morale e legislativa delle persone che appartengono al genere maschile. Attendiamo sereni che si alzi il coro dei male-dicenti e delle male-dicenti: si tratta della straordinaria e unica opera creativa di questo femminile in guerra con se stesso e di un maschile di potere pronto a tradire tutti.

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Mauro Recher 9:29 pm - 26th Febbraio:
Luigi Corvaglia 10:31 pm - 4th Agosto:

Violenza sulle donne: per attuare la Convenzione di Istanbul ci vuole un ministro
_____
ll mio commento:
.
Con riferimento alla Convenzione sono assai più radicale del Capitano. Convenzione peraltro che è il logico sbocco della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite (Vienna, 1993). In quella Conferenza infatti è stato messo nero su bianco, come nella Orwelliana Fattoria degli Animali, che tutti gli esseri umani sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.
Ovviamente, se qualcuno/a, sconcertato/a da queste mie, volesse delle delucidazioni non ha che da chiedere. Gli risponderò compatibilmente con i miei tempi.
Tuttavia, pur se vi ho specato un bel pò di parole non è la Convenzione l’oggetto del commento.
L’oggetto ha solo un nome: sconcerto.
Sconcerto per la rivendicazione di un ministero delle PO ad hoc. Ma la Iardino ha torto due volte: concettualmente e in pratica.
Concettualmente. Non si può rivendicare, ottenendo, pari rappresentanza di genere nelle varie assemblee legislative e consessi di governo ai vari livelli e contemporaneamente rivendicare uno strumento che se aveva una sua validità (secondo me no) in un ambito pubblico dominato da uomini appare evidente la sua inutilità giacchè dovrebbero essere le donne elette/nominate, secondo una visione che comunque non condivido, a portare avanti gli interessi, di qualsiasi tipo delle donne. A meno che la nascita del suddetto ministero sia strumentale. E’ così Iardino?
In pratica. Non occorre un ministero per spendere nel ramo “violenza sulle donne e sua prevenzione”. Lo si fa abbondantemente (se richiesto posso produrre corposi estratti, quantomeno della mia regione) ad ogni livello istituzionale: comunale, provinciale, regionale e statale. Non c’è consigliera di parità che non sia diventata centro specifico di spesa, piano sociale di zona che non contempli la nascita di strutture di contrasto alla violenza sulle donne, commissioni sulle PO (peraltro in larga parte illeggittime) a gogo, spettacoli teatrali finanziati dalle istituzioni sempre sul tema, etc. … etc…..
Quindi egregia Iardino: a che pro?
.

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Luigi Corvaglia 9:34 am - 5th Agosto:

Luigi Corvaglia: ll mio commento:

….
Edit: il mio commento che non è stato pubblicato. *diablo*

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Mauro Recher 9:53 am - 5th Agosto:

Ma che strano Luigi … quando gli si batte la verità in faccia *rtfm*

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