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10 Mag 2014  |  21 Commenti

Nessuno ci può giudicare

Un recente accadimento sta gettando nuova luce sulla natura magari non reale, ma certamente inconscia, dell’associazione Maschile Plurale, ritrovo ufficiale della NuovaMaschilitàConsapevolePenitente®.

Una lettera aperta del blog Ricciocorno Schiattoso, gestito da una lieta femminista con tutta l’allegra verve e la simpatia di una merda sul tappeto del soggiorno, fa intendere che uno degli associati di Maschile Plurale avrebbe commesso violenza su una sua fidanzata.

Che tipo di violenza? Femminicidio psicologico? Schiaffi? Parolacce? Il pervicace rifiuto di portare fuori l’immondizia? Una discussione troppo accesa sull’ultimo articolo della Dominijanni sul Manifesto?

Non è dato sapere.

Ma l’evento offre l’occasione al Ricciocorno di stimolare (se ancora ce n’era bisogno) il dibattito sulla ViolenzaDiGenere® e chiamare in causa Stefano Ciccone, lìder maximo dei maschiliplurali, affinché si assuma la responsabilità di “nominare la violenza”. Fra i mille distinguo e le sottigliezze tipiche della dialettica dalemiano-vendoliana, fumosa ma in compenso priva di idee, che caratterizza questi fini dicitori “dde sinistra”, diventa gradualmente chiaro cosa si intenda per “nominare la violenza”: consegnare l’ignoto Maschio Plurale Violento al tribunale del politicamente corretto per la pubblica gogna.

Ciccone abdica alle sue responsabilità di maschio evoluto e consapevole e definisce il tutto “una vicenda a nostro avviso troppo complicata e dolorosa per essere discussa a colpi di post su un social network”: segna così una inequivocabile e antifascista, antisessista, antirazzista, antispecista distinzione fra questa vicenda e tutte le altre che sono troppo complicate e dolorose per essere discusse a colpi di post su un social network, e vengono tranquillamente discusse a colpi di post su un social network da Maschile Plurale, il Ricciocorno e altri tricoteurstricoteuses del PoliticamenteCorrettoObbligatorio®. 

Cosa significhi “nominare la violenza” è ulteriormente specificato nell’avvincente (YAWN) sviluppo della vicenda, al momento incentrata sul fatto che Massimo Lizzi, noto maschio moooolto più evoluto e consapevole di Ciccone, cioè più femminista delle femministe, avrebbe (si dice, si mormora) chiesto a Ciccone di FARE I NOMI!!!!! SU FACEBOOK!!!! ARRGH!!! IMPIKKAGIONE PUBBLICA!!!!!! ORASUBITO!!!!!!!!!!

Ciccone tergiversa con melliflua dialettica, dimostrando il celebre assunto secondo cui la legge per i nemici si applica, ma per gli amici si interpreta:

«Credo si debba infatti avere, come scrivevo in un altro brano incriminato, il coraggio di misurarsi con la complessità delle relazioni ed evitare l’espressione “rassicurante e tranquillizzante di giudizi che confermino la nostra estraneità”. Al contrario di quanto mi pare faccia qui Massimo io credo sia poco utile un atteggiamento di uomini che si ergano a giudici degli altri senza riconoscere la propria internità a una cultura, a un immaginario condiviso, a un modello di relazione e a una idea di mascolinità e femminilità».

Lizzi smentisce CATEGORICAMENTE! e pretende le scuse di Ciccone facendo immantinente la spia: 

«È stata la Pizzi a dirlo».

(Nel nominare la Pizzi, l’infamone tiene una mano sul mouse e l’altra sotto il tavolo). Però poi rilancia insinuando che ci sia del marcio in Danimarca:  

«Si può essere anonimi per coprire un comportamento scorretto, ma anche per mettersi al riparo dai comportamenti scorretti. In genere, gli uomini sono anonimi per il primo motivo, le donne per il secondo.» 

Altri commenti sottolineano, in buona sostanza, che consegnare il PorcoViolento è preciso dovere morale:

«Non si tratta di “lavare in piazza i panni sporchi” ma assumersi l’impegno, la coerenza, l’onestà, la condotta etica che fanno parte della “mission” di MP.»

Ora, la tentazione della Schadenfreude è forte. Potremmo dire che l’insistenza di Maschile Plurale e dei suoi associati sulla violenza di genere, sullo stupro, sul femminicidio come retaggio comune dell’intero genere maschile (spiega Ciccone: “è comodo per noi uomini che siamo tentati di indicare altri uomini come colpevoli mostrando così la nostra estraneità”), altro non è che senso di colpa e proiezione per quello che si nasconde nel profondo del loro tanto invocato “vissuto” su cui vorrebbero basare il discorso politico e sociale.

Il fatto è che qui c’è di mezzo un’accusa di violenza, e su questo noi non scherziamo affatto. Una persona è innocente fino a prova contraria. Quindi, a differenza dei progressisti maschi consapevoli ed evoluti, noi ci auguriamo che la questione, se davvero si tratta di una questione seria e non semplicemente dei prodromi di una Nacht der langen Messer del femminismo italico ambosessi, si risolva strettamente in sede giudiziale, con la massima giustizia per tutti gli interessati. Giustizia nel senso di chiarire quanto è realmente successo, punire eventuali colpevoli e restituire serenità a eventuali vittime.

Ma il dibattito su questa vicenda appare molto simile a certi momenti di verità in cui il personaggio pubblico di turno viene colto in flagrante con le mani nella marmellata, oppure con le parti intime del trans a stretto contatto con le corrispettive mucose, e sotto la luce dell’impietoso riflettore piagnucola: «Facciamo tutti queste cose, nessuno può giudicare».

No caro, TU fai queste cose, e si può giudicare eccome.

Prosegue mellifluo Ciccone-dico-non-dico:

«Massimo ricorda che il confronto con la violenza è difficile anche per gli uomini che devono riconoscere di aver agito “un atto spropositato rispetto alle dinamiche relazionali”. Massimo continua affermando che “i conflitti e la violenza sono due cose profondamente diverse”. Giusto, condivido molto. Ma, dunque, esistono in natura i conflitti? Esiste la violenza? Esistono relazioni problematiche e dolorose? È possibile distinguerle? E se le distinguo sono reticente? Il problema è proprio, come afferma un altro post (di io sono Emily) di distinguere tra passione e violenza, tra chiaro scuri delle relazioni e violenza.»

YAWN!

La metà del pubblico dorme, l’altra metà sta pensando a come fargli le scarpe, l’altra metà sta ancora cercando di cuccare sfruttando le credenziali di maschietto femminista.

Finché il Nuovo Ordine non divorerà tutti i suoi entusiasti e volenterosi sostenitori.

HEIL VAGINA!


21 Commenti

fabriziaccio 8:05 pm - 10th Maggio:

“Si può essere anonimi per coprire un comportamento scorretto, ma anche per mettersi al riparo dai comportamenti scorretti. In genere, gli uomini sono anonimi per il primo motivo, le donne per il secondo”

parafrasando

“Si può essere femministi per lucrare nel losco, ma anche per mendicare sesso. In genere, le donne sono lo sono per il primo motivo, gli uomini per il secondo”

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cesare 10:13 am - 11th Maggio:

Quello che questi episodi mettono sul tavolo è a mio avviso la necessità che si rientri nella legalità dello Stato di diritto cosi come delineato nella Costituzione. Da anni è documentata la prassi illegale di tanti avvocati di ricorrere alla falsa denuncia per risolvere a favore della cliente femmina il contenzioso legato alle separazioni e ai divorzi: l’85% delle denunce di violenza sono false. Diventa poi una vera e propria uscita dal dettato costituzionale l’insieme di norme e di pratiche giurisprudenziali per cui è di fatto l’accusato a dover dimostrare la propria innocenza rovesciando il principio cardine del diritto. Non solo, a seguito dell’accusa scattano immediatamente misure che configurano non solo già un giudizio di colpa ma addirittura l’espiazione stessa della colpa senza che prima ci sia una sentenza definitiva. Si aggiungano le campagne di stampa e televisive che fanno a pezzi l’accusato. Questa uscita dallo Stato di diritto è il risultato dell’asserzione ideologica chiave del femminismo e di tutte le organizzazioni che ne traducono in pratica politica gli assunti, e cioè che la violenza è maschile. Maschile Plurale condivide questo assunto che è assunto criminale non solo per la distorsione in regime delle nostre istituzioni democratiche, ma per i gravissimi danni alle persone che ne conseguono, per il sostegno ad una concezione sessista offensiva per tutti i cittadini di sesso maschile, e per la copertura oggettiva dell’immensa area di violenze femminili che vengono agite contro minori e adulti, area di violenze che nonostante questa sistematica opera di mistificazioneiii, saltano fuori ogniqualvolta si affronta con onestà e serietà il problema. La responsabilità di Maschile Plurale è quella di assecondare le pulsioni antidemocratiche ed autoritarie che sono originariamente dentro l’ideologia femminista, di contribuire alla chiamata a raccolta che le organizzazioni femministe attuano da sempre, delle fazioni che tra gli organi dello Stato, sia quelli preposti all’ordine pubblico, sia quelli preposti ad esercitare la funzione giudicante, vivono con maggior fastidio i vincoli costituzionali posti al loro potere. Maschile Plurale ha accettato di far parte di questo kombinat sposandone gli assunti criminali nel senso di cui sopra. Da ciò trae visibilità, appoggi di ogni tipo, cosa che immediatamente perderebbe, se esercitasse quella vigilanza democratica che è dovere di ogni cittadino specialmente di chi svolge comunque un impegno pubblico.
Questo è il problema: tornare dentro i parametri dello Stato di diritto.

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Rita 1:03 pm - 11th Maggio:

Condivido Cesare e ci aggiungo che i parametri del diritto non prevedono il pregiudizio.
E questo:

“Si può essere anonimi per coprire un comportamento scorretto, ma anche per mettersi al riparo dai comportamenti scorretti. In genere, gli uomini sono anonimi per il primo motivo, le donne per il secondo”
è chiaramente un pregiudizio.

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Ethans 1:29 pm - 11th Maggio:

Che poi solitamente è il contrario se proprio vogliamo abbondare coi pregiudizi…

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Diana Corsinidiana 12:38 pm - 12th Maggio:

ahahahaha
non so chi sia la Pizzi, ma tanto di cappello alla cronaca umoristica di pensante.

Ormai, da un pezzo, è tutto un cadere in contraddizione, una via l’altra, per i vari femminismi e femministi/e. Dopo il posteriore della Bacchiddu, abbiamo visto praticamente tutto.
diana

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cesare 7:51 am - 13th Maggio:

Invece delle messe in scena teatrali e delle drammatiche mobilitazioni sulla prostituzione, utili solo a raccattare qualche poltrona politica da diecimila euro al mese, la Svizzera regolamenta l’attività. Per cui niente “schiave del sesso”, niente “clienti oppressori”, niente “se non ora senz’altro sempre”, niente “talkshow “verità””, niente di niente di tutto il polverone ideologico e mediatico italico: decine di migliaia di sfruttatori, a pagamento o gratis, del tema prostituzione costretti a cambiare attività.
I diecimila franchi al mese, tasse pagate, questa ex impiegata italiana, studi superiori, cui in famiglia non è mai mancato nulla, se li guadagna, senza rubarli dalle tasche dei contribuenti che anzi impingua col suo lavoro facendo la massaggiatrice/pendolare dall’Italia in Svizzera a quattrocento franchi a “massaggio. E si capisce anche come la gratuità possa costituire un problema non da poco.
(vedi in Dagospia,cronache,vado, smignotto e torno)

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Marco Pensante 7:18 pm - 5th Giugno:

Vi aggiorno sulla vicenda Violenza Maschile Plurale. Non perché sia interessante in sé, quanto per evidenziare cosa ne emerge.
La questione è finalmente più chiara, grazie a un comunicato ufficiale pubblicato sul sito di MP nel consueto stile angosciato-cacadubbioso (una perla: “Che modalità ci si può dare tra uomini e donne per vivere il conflitto in maniera rispettosa?”).
Nel comunicato rimangono deluse le aspettative dei tanti e delle tante che volevano il nome del criminale, ma si chiarisce finalmente la natura del crimine: “Un membro della nostra associazione […] è stato accusato dalla sua ex compagna di essersi reso responsabile di violenze psicologiche durante la relazione, cioè di aver avuto atteggiamenti arroganti, prevaricanti, umilianti e di continua svalutazione, generando in lei una situazione di profonda sofferenza.”
Secondo il metro adottato dagli stessi maschiliplurali e acclamato oggi come strumento necessario a riconoscere e fermare la violenza di genere, la violenza psicologica contro una donna è violenza tout court. Quindi, il maschileplurale incognito è un violento e va punito secondo la legge. Ma c’è un ma.
Spiega il comunicato: “L’accusato […] per parte sua considera ingiuste le accuse e interpreta l’accaduto alla luce di una conflittualità che si è esacerbata con la conclusione del loro rapporto.”
Ah ecco! Allora è tutto a posto, no?
Strano, perché questo discorso lo fanno praticamente tutti quelli che si trovano nella stessa situazione e non accettano la conclusione del rapporto. Ma per Maschile Plurale (e soprattutto per il carrozzone femminista al quale MP è agganciato e di cui va a traino) rimangono colpevoli. E per loro non ci sono comunicati di solidarietà, di sofferenza, di “presa in carico”, di “assunzione della cura e della relazione” e altre belle dichiarazioni caratterizzate dal compassionevole e ipocrita maternalismo contemporaneo del VogliamoCapire®.
D’altronde si sa che in queste cose, e con certi soggetti, non esiste logica né rapporto di causa-effetto, e 2+2 fa 3. Oppure 4. O 5. O tutti e tre i risultati insieme, a seconda dei casi e delle necessità. Non aspettiamoci quindi che traggano le conclusioni che sarebbe naturale trarre.
Non so bene perché, ma questa vicenda mi ricorda una vignetta del supremo Andrea Pazienza:

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Rino DV 9:47 pm - 5th Giugno:

Tragico, doloroso caso apicale esemplificativo di ciò che sta accadendo agli UU occidentali: finire ammanettati dagli stessi ferri che hanno contribuito a forgiare.
Imprigionati nelle stesse celle che con entusiasmo, generosità, spirito di dedizione, hanno contribuito a costruire.
Morire sotto le bombe che tu hai costruito, lanciate da un aereo che tu hai progettato, condotto sull’obiettivo – che sei tu – dalle tue stesse precisissime indicazioni: le coordinate esatte.
.
In quanto esemplare ed esemplificativo, questo fatto, reso palpabile dalla sua individualizzazione/personalizzazione, pur mille volte previsto, mi lascia stupefatto e basito.
.
E mi chiedo ancora una volta: “Come è possibile? Come è possibile?”
.
Poi mi sovviene questo, che è possibile far scavare al condannato la sua stessa fossa. Però bisogna puntargli una pistola alla testa.
Ed ecco allora la domanda chiave: di che materiale è fatta e chi la impugna la pistola invisibile oggi puntata alla tempia dei MM occidentali?
.
RDV

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cesare 7:08 am - 6th Giugno:

Prima o poi la domanda che pone Rino avrà una risposta e sarà chiara e inequivocabile. E la mano che la impugna sarà disarmata. .
Questo “avere un’arma puntata alla testa” è condizione psicologica ben descritta nel libro ” Se non ora quando” di Primo Levi, (titolo di cui si è appropriata la lobby femminista nell’astuto gioco del vestire tutti i panni della tradizione gloriosa maschile per poi sputtanarla).
Levi racconta le vicende di un gruppo ebrei russi, in assoluta prevalenza di genere maschile, che decidono di ribellarsi all’occupazione nazista. Precederanno l’armata rossa operando azioni di guerriglia contro le armate naziste e i collaborazionisti nei territori occupati.
Nel costituirsi del gruppo come unità di resistenza antinazista, Levi coglie nei suoi personaggi la prima difficoltà, quella da cui tutto dipende, ovvero la convinzione che il nemico è invincibile e che pertanto la loro è una decisione senza senso e destinata alla rovina: le armate naziste hanno la Storia dalla loro parte, anzi il Destino stesso. (Piccolo inciso: non è forse questa la convinzione che il femminismo come già il nazismo è riuscito a inculcare nella testa dei maschi di oggi? È questa l’arma puntata alla testa dei nostri fratelli?)
Eppure il gruppo supera questo blocco psicologico e mentale, decide per l’insorgenza ed ha il primo scontro con un commando di SS; ed hanno la meglio.
Levi evidenzia la maturazione di queste persone, dopo lo scontro vincente, nelle parole di uno di loro che esprime lo stupore e l’incredulità di tutti nello scoprire il dato di realtà: anche i militari dell’invincibile esercito nazista possono essere sconfitti.
Dunque non il Destino, non la Storia è dalla parte degli occupanti nazisti ma solo la convinzione altrui della loro invincibilità.
Da questa consapevolezza nasce una nuova percezione di sè, del proprio valore e del valore della libertà. In una parola gli insorgenti risorgono e si riappropriano della propria integrale umanità, realizzano la revoca della propria alienazione:non sono più degli alienati (essere persone estraniate dalla propria dignità e identità di genere non è forse la pestilenza psichica indotta nelle masse maschili dagli psicolaboratori del femminismo e del turbocapitalismo?)
Stesse dinamiche psicologiche a decidere della guerra sono descritte nella vittoriosa resistenza dei Russi a Stalingrado.
Ed oggi di nuovo armate costituite dal sistema eversivo di ogni “legge del cuore”, impannucciate dei simbolo di chi ha la Storia e il Destino dalla sua parte, sono schierate a battaglia decisiva davanti alle tante persone, alle realtà associative, ai popoli (come per esempio si spera il popolo russo), che tengono fede al tratti antropologici originari distintivi dell’umanità
Queste persone, questi gruppi associativi, queste popolazioni, sono altrettante luminose Stalingrado a difesa della vita umana contro la più nera barbarie che mai si è profilata nella Storia.
LA LORO RESISTENZA E’ LA NUOVA RESISTENZA.
Quando ci si accorge, combattendolo, che il nemico non è invincibile, allora lo si disarma dell’arma più forte a sua disposizione e ci si libera della “pistola puntata alla testa”.

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armando 2:24 pm - 6th Giugno:

Caro Cesare, temo che il problema non sia l’invincibilità del nemico. Sarebbe già qualcosa il riconoscerlo come tale. Credo invece che l’arma letale, quella che paralizza, sia la convinzione che il nemico abbia ragione, e quindi non sia un vero nemico ma un soggetto di cui è giusto e necessario essere amici, ossia dargli ragione sotto il profilo storico. I casi singoli che contraddicono l’assunto lasciano sempre il tempo che trovano e non lo inficiano minimamente.
armando

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Fabrizio Marchi 4:05 pm - 6th Giugno:

armando,

Sottoscrivo, Armando, è drammaticamente come dici tu…

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Rino DV 6:50 pm - 6th Giugno:

>>>
Armando:
. Credo invece che l’arma letale, quella che paralizza, sia la convinzione che il nemico abbia ragione
>>>
Perfetto.
.
RDV

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cesare 1:18 am - 7th Giugno:

Su Focus, il programma sul D Day si conclude con la sovrascritta:” dedicato agli uomini e alle donne del D Day”. Di donne allo sbarco in Normandia, (civilissima tutela), non ce n’era una e pertanto la dedica è una farsa offensiva della verità storica, per i maschi che vi parteciparono e per quelli che lasciarono la vita per la liberazione dal nazismo. Una farsa dell’ “ufficio riscrittura della Storia” di Orwelliana memoria. Del resto tale ufficio sta pensando di riscrivere i testi biblici, testi nientedimeno che direttamente rivelati da Dio, ma che danno fastidio alla vulgata femminista, figurarsi se si pone problemi nel reinventarsi la Storia del D Day.
Stavo pensando: se cosi grande è il desiderio di protagonismo della lobby femminista da vivere, ma nella fantasia, la Storia umana costruita dal sacrificio maschile, la prossima volta, e il Cielo voglia che non sia mai, lo sbarco lo facciano loro ma nella realtà.
Noi maschi invece di partecipare diremo:” il corpo è mio e lo gestisco io”.
.

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Tiziano 1:23 pm - 7th Giugno:

cesare
>>
Del resto tale ufficio sta pensando di riscrivere i testi biblici, testi nientedimeno che direttamente rivelati da Dio, ma che danno fastidio alla vulgata femminista, figurarsi se si pone problemi nel reinventarsi la Storia del D Day.
>>
Sì, danno fastidio alla vulgata femminista, ma gli uomini (quelli che contano, ovvio, mica gli operai delle acciaierie, l’idraulico o il muratore) dove sono? Che dicono?
Ovviamente nulla. Anzi, ogni occasione è buona per i medesimi per leccare il culo alle loro Padrone.

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cesare 8:40 pm - 8th Giugno:

Sul blog “24 esima ora” del Corriere della sera di oggi 8 giugno 2014 assistiamo alla riabilitazione di una donna che ha operato ai vertici del regime di Gheddafi. Riabilitata perché adesso veste i panni della eroina in lotta per i “diritti delle donne” (blob contenitore di tutto e il contrario di tutto) e adesso, ma solo adesso che le conviene e anzi ci fa carriera e titoli di plauso sui media, parla dei crimini del regime, delle violenze e delle torture che quel regime infliggeva agli oppositori e ai familiari delle amanti di Gheddafi , e dei membri del suo regime, se avessero protestato. Altissimo dirigente si diceva. Perché parla solo ora? Ma soprattutto, visto che non tutti sono eroi come quelli che lei contribuiva ad opprimere e torturare, perché ha condiviso per anni potere, agi e ricchezze con i torturatori?
Chiedo alle donne di “24 esima” ora se appartiene alla loro visione del mondo dimenticarsi delle responsabilità di una altissima dirigente di un regime che ha commesso gravissimi crimini contro uomini e donne e addirittura farne un profilo positivo perché ” difende i diritti delle donne”. Di quelli delle persone, maschi e femmine, invece no. Vizio che le è rimasto addosso, ma che condivide evidentemente con le donne di “24 esima ora” e con tutta l’area femminista. Per questo le donne che condividono questo modo di pensare fanno paura.
Di queste conversioni improvvise e riabilitanti, dopo l’ultima guerra mondiale, i responsabili del nazifascismo ce ne hanno ammannite a pioggia, come i vuoti di memoria del femminismo tedesco, e internazionale, circa le piazze di donne plaudenti a Hitler, i tre milioni di tedesche che diedero vita ad organizzazioni aderenti al partito nazista, le centinaia di migliaia che si “emanciparono” facendo carriera nel regime e furono il fulcro della macchina amministrativa dell’impero nazista. Tutte piombate da innocenti improvvisamente dentro il tempo storico, (PFN)post femminismus natus, quello definito tale dai media occidentali, come questa signora che tanto commuove le donne di “24 esima ora”.
Il vergognoso gioco si ripete anche oggi che siamo alla 24 esima ora di questa nostra civiltà che non ha altra figura esemplare per la futura superiore moralità che una “amazzone” quasipentita di un torturatore.

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cesare 11:00 pm - 10th Giugno:

Il testo nel link riportato da Recher presenta un linguaggio, uno stile e argomentazioni da interrogatorio di polizia anni trenta (ad ovest o est del muro di Berlino). Un testo che evoca lo stile violento dei funzionari exlege dei regimi totalitari.
Succede spesso che chi interpreta come una guerra la sua funzione di presidio e contrasto a comportamenti sociali negativi, attivi esso stesso i medesimi comportamenti che va combattendo. In tal caso la violenza verbale viene combattuta con la violenza verbale, la violenza psicologica con la violenza psicologica, la deroga alla legge con la deroga alla legge, l’inganno con l’inganno, la violenza fisica con la violenza fisica. E la verità diventa l’ultima cosa che interessa e si ottiene. Importante che vinca il proprio schieramento, quello del Bene. Una spirale pericolosa che si è riscontrata con frequenza nei casi simili a quello in questione al punto che dopo errori su errori i servizi sociali col tempo sono stati chiamati dalla vox populi con la sigla delle famigerate SS. E non stupisce perché In Germania i centri antiviolenza si sono specializzati nel costruire false accuse contro i mariti e i padri (dal libro:” L’eclisse del padre” di Juan Sorge), mentre in Italia due Piemme di importanti procure hanno denunciato che l’85% delle accuse di violenza sono costruite ad arte (e forse ha senso anche notare qui, che in USA milioni di americani, dichiarano di aver subito violenze dagli extraterrestri).
Come ho già detto in precedenza: i maschi di MP colgano l’occasione da questa vicenda per farsi promotori di una battaglia perché i centri antiviolenza e i servizi sociali maturino una cultura e comportamenti improntati non ad una eversiva perché illegittima e infondata guerra di genere, femmine contro maschi, con la pretesa violenta di rieducare i maschi, bensì una cultura moderna consapevole che la violenza è sia maschile che femminile ed ha da essere trattata secondo il più rigoroso rispetto delle garanzie costituzionali e poi come patologia, cosa che già ampiamente si fa per la violenza femminile.
Si diano dunque una mossa quelli di MP a difendere, e dico virilmente, per i tutti i cittadini italiani maschi e femmine, i principi e le garanzie costituzionali conquistate con inenarrabili sacrifici dai maschi padri dei loro padri. Non accettino la pratica dei processi sommari che esigono un colpevole a tutti i costi, fanno pubblico strazio della dignità di uomini e padri, di fatto compiendo un vero proprio omicidio morale e psicologico, rovinando intere famiglie e privando i figli spesso minorenni del loro padre e un padre dei suoi figli. Di questi massacri della legalità e dei maschi e dei padri in Italia se ne contano a decine di migliaia. Almeno quelli di MP abbiano il coraggio morale e civile di risparmiarne uno.

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Tarallo 6:33 pm - 15th Giugno:

Quelli che noi chiamiamo “maschi pentiti”, gli appartenenti al momas dei paesi anglofoni(Usa, Gb, australia, ecc) li suddividono in 3 categorie:

1) “White Knigts”: Sarebbero quelli che noi chiamiamo con disprezzo “cavalier serventi”, cioè quegli uomini che considerano le donne esseri sempre e perennemente innocenti,deboli e preziosi che come tali vanno sempre difese e protette a prescindere, anche a costo di massacrare altri uomini. Un ‘pò come il ministro Alfano, ad esempio. Politicamente sono tendenzialmente di destra.

2) “Manginas”: sarebbero quelli come Ciccone, Gasparrini e Lizzi,cioè quegli uomini indottrinati e addomesticati dall’ ideologia femminista e che si occupano di indottrinare e addomesticare tutti gli altri uomini. Politicamente sono tendenzialmente di sinistra,

3) “Simps”: Rappresentano la maggioranza, cioè quegli uomini schiavi della figa e del fascino femminile al punto che considerano e riguardano la donna come una sorta di “divinità” e quindi stare sempre dalla parte delle donne sottostando sempre ad esse, collocandosi in “friend zone”, come zerbini, con la vana speranza di ottenere un pel di figa.

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ARMANDO 12:59 pm - 16th Giugno:

Tarallo,

davvero buone le tre descrizioni.
armando

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Marco Pensante 7:48 pm - 4th Luglio:

“Se Maschile Plurale fosse coerente, questo signore colpevole di gravissimi reati dovrebbe costituirsi ai carabinieri, confessare e consegnarsi alla giustizia; in caso contrario, dovrebbero essere gli altri aderenti a denunciarlo.”
Secondo voi questo commento è di un uomo o di una donna?

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cesare 9:12 pm - 4th Luglio:

Penso che se è uno degli 85% casi di false denunce, sia la signora il colpevole. In tale ipotesi, Lei si’ colpevole e di un reato gravissimo, la cui fattispecie dovrebbe essere assimilata al tentato omicidio o istigazione al suicidio. Invece le false denuncianti se la cavano comunque benissimo, manco avessero non rovinato un uomo, ma portato a spasso il cagnetto. In effetti a ben pensarci quasi ci siamo come similitudine quanto al rispetto per esempio dei diritti maschili di riproduzione.
Davvero di maschi, e probabilmente fra loro anche l’autore di queste righe, ne hanno “ammazzati” moralmente e psicologicamente a centinaia di migliaia le “nostre signore” della “liberazione” femminista. Il nuovo culto di Stato con le madonne di Stato autoofferte in adorazione di se stesse.
Faccio riferimento anche alle folle di maschi aspiranti alla “redenzione” conseguita tramite questurini, manette, inquisitori, menzogne, delazioni e autoaccuse come già ai tempi delle purghe ideologiche di ogni tempo.
Questi maschi sono figure tragiche, forse le persone più povere di tutto, talmente svuotati di ogni senso che l’unico senso che sono in grado di attribuirsi è il tacco dodici in bocca (una pubblicità inglese anni duemila faceva riferimento ad un maschio sdraiato di schiena, una donna, un tacco e ad altro luogo di inserimento del tacco e invitava la donna in piedi:” push in”): l’autoaccusa o l’accusa inventata di inventati reati gravissimi contro le donne. Reati definiti tali via telefono su committenza femminista pagata all’ISTAT, tra una passata di Rimmel e ardite riflessioni sui consigli militanti di Grazia o simili testi sacri delle “”sciure” povere donne”.
Questi maschi sono il modello del maschio “liberato”, partorito dalla “grandezza di cuore” e dall’ “intelligenza umana” espressa dal “nuovo umanesimo” femminista: il “maschiopentito”.
Il “maschiopentito”: la testimonianza più tragica e autentica, dei nuovi “valori” e “significati” portati dal femminismo, il volto della sua identità Questo volto “maschiopentito”, questo si un’accusa da far crollare tutta la baracca.

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